La trattazione del rapporto tra intelligenza e intuizione è contenuta sia nell’ Introduzione alla metafisica sia nell’ Evoluzione creatrice. Però mentre nella prima opera le due facoltà sono essenzialmente contrapposte, nella seconda ne viene ravvisata, al di là della loro contrapposizione, la radice comune. A questo punto Bergson distingue tra istinto e intelligenza. L’una e l’altra sono facoltà dirette a determinare l’azione pratica degli esseri viventi in risposta alle sollecitazioni dell’ambiente: ma si differenziano in quanto l’istinto è la capacità di avvalersi di strumenti già organizzati, mentre l’intelligenza comporta la capacità di costruzione di strumenti artificiali che facciano fronte alla mancanza di quelli naturali. L’istinto si realizza negli animali, l’intelligenza negli uomini. L’istinto opera in maniera inconscia, l’intelligenza è invece sempre consapevole di sò e nasce anzi proprio dalla presa di coscienza di un problema da risolvere o di una difficoltà da affrontare. Sebbene segua tendenze diverse, istinto e intelligenza non sono comunque mai completamente separabili: anche nel comportamento più intelligente resta sempre un residuo di reazione istintiva. Questo rende possibile un ritorno consapevole dell’intelligenza all’istinto, il che avviene quando l’istinto diventa consapevole di sò, perde il suo carattere interessato e si trasforma in immediata capacità di cogliere il proprio oggetto. Allora l’istinto ottiene la coscienza propria dell’intelligenza, conservando insieme l’immediatezza che l’intelligenza ha perduto: esso diventa intuizione. La possibilità di questo ritorno dell’intelligenza all’istinto o, il che è la stessa cosa, del conseguimento della coscienza da parte dell’istinto è dimostrata dall’ intuizione estetica: in essa viene infatti immediatamente colta quell’individualità delle cose che va perduta quando l’intelligenza, in vista dei suoi fini pratici, le spazializza e le rende omogenee.
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- Filosofia - 1900