Introduzione alla filosofia dell'età cristiana - Studentville

Introduzione alla filosofia dell'età cristiana

Introduzione alla filosofia dell'età cristiana.

Per cristiana intendiamo quella filosofia sviluppatasi in epoca cristiana, ossia nel periodo tardo-antico e mediovale, e la si suole suddividere in due diversi tipi di filosofia, quella patristica e quella scolastica. Spesso tendiamo ad avere in mente una concezione erronea di filosofia cristiana e ad immaginarci che essa sia esclusivamente ciò che è nei vangeli, ma non è affatto così: la vita stessa di Gesù è carica di valori simbolici e filosofici. La parola Logos, con cui inizia il vangelo di Giovanni ( ” in principio era il Logos ” ), è un intreccio evidentissimo con la filosofia, pensiamo solo ad Eraclito e agli Stoici: la parola di Dio è creatrice, vale a dire che bastano le parole di Dio a creare la realtà ; noi possiamo solo dire le verità , Dio invece le crea proprio. Peculiarità  del cristianesimo è quella di non essere una setta, come le varie scuola filosofiche, ed è destinata a superare l’ ebraismo per aprirsi totalmente, pur con un nettissimo riallacciamento alle filosofie greche. La patristica è una filosofia apologetica, ossia un tentativo dei cristiani di giustificarsi nell’ ambito di un impero in cui sono una minoranza malvista; successivamente si affermerà  e diventerà  la religione di stato e così i cristiani non dovranno più giustificarsi e passeranno così a ragionare sui veri e propri concetti, dando così vita alla scolastica, così denominata perchò si svilupperà  nelle università . Problema fondamentale per i cristiani è come comportarsi di fronte al mondo classico greco; le possibilità  sono due: 1) un netto rifiuto di un mondo che non ha nulla a che fare con quello cristiano 2) lo sfruttamento di questa cultura. La prima delle due soluzioni però non era certo conveniente per i cristiani: si sarebbe rifiutato l’ impero sul piano politico e il cristianesimo si sarebbe ridotto ad una setta, come tutte le altre filosofie greche, destinato ben presto a sparire e non avrebbe certo avuto il seguito che invece ebbe. La seconda era invece migliore perchò con l’ intrecciamento con le altre filosofie, il cristianesimo si sarebbe potuto diffondere universalmente. Si scelse dunque la seconda e cristianesimo e impero si sfruttarono a vicenda: il cristianesimo si diffuse facilmente e l’ impero ebbe un valido strumento di sopravvivenza; quando, infatti, l’ impero romano si sfascia, tutto ciò che ne resta è la Chiesa. Questa seconda scelta, però, implicò la perdita della purezza cristiana, che con la prima scelta si sarebbe mantenuta, ma guadagnò in capacità  di diffusione e in capacità  di permeazione tra società  e stato: se avessero preferito trasmettere il loro messaggio in forma pura, avrebbero potuto trasmetterlo solo a poche persone e in forma di setta, ma loro scelsero di trasmetterlo in forma ” impura “, ma a tutta Europa. Lo stesso vale per la cultura classica: ci furono anche qui due correnti di pensiero: vi era chi sosteneva che la cultura classica andasse rifiutata, e in questa direzione vanno le Lettere di San Paolo, in una delle quali la Croce di Cristo viene definita ” scandalo per gli ebrei e follia per i pagani “; follia per i pagani, perchò essi erano molto colti e avevano una concezione trascendente di dio, sulla scia di Plotino, e quando gli si parlava di un dio crocifisso, essi proprio non riuscivano a capire e prendevano i cristiani per pazzi. Si tratta di un qualcosa di più che indimostrato e indimostrabile: è un qualcosa addirittura di pazzo e assurdo. Il culmine di questo atteggiamento lo si trova in Tertulliano, la cui filosofia è sintetizzata in un’ espressione latina, ” credo quia absurdum ” ( credo proprio perchò è assurdo ): la Croce diventa proprio la prova del cristianesimo: la ragione umana fino a un certo punto può farcela ad arrivare, ma oltre no, occorre avere fede: parrà  quindi una cosa senza senso e indimostrabile con la ragione quella della Croce, ma tuttavia qui non ci vuole ragione, ma fede. La ragione non può arrivare a scoprire le verità  più profonde perchò è vincolata dal peccato originale: se si è particolarmente pessimisti, come nel caso di Lutero, si arriva a dire che solo chi ha fede sarà  salvato da Dio, mentre tutti quelli che non la hanno saranno dannati. Se invece si è meno radicali, si apprezza anche chi usa la ragione: certo la fede è meglio ancora, ma tuttavia la ragione qualcosa può fare e se unita alla fede è il massimo. Il ” credo quia absurdum ” diventa sensato solo se si ammette che la ragione umana è corrotta al massimo dal peccato originale. Per i cristiani meno radicali e più aperti, comunque, la filosofia greca è fortemente positiva, sebbene incompleta: è proprio il cristianesimo che si propone di completarla e la stessa costruzione dell’ impero può essere vista come in funzione del cristianesimo, come fa Dante. E’ risaputo che l’ impero romano fosse diviso in due parti, l’ Occidente, di lingua latina, e l’ Oriente, di lingua greca: la patristica che si sviluppò nell’ Oriente fu più ottimistica e aperta, in quanto reduce della tradizione greca e quindi più propensa ad accettare di buon grado la filosofia e la cultura greca; è naturale che nell’ Oriente prevalse alla grande la seconda opzione, quella di accettare il mondo greco, e di riservare per l’ uomo maggiori possibilità  di salvezza: pensiamo a Origene, che arrivò a dire che alla fine sarebbe stato salvato perfino il diavolo.

  • Antica, Romana, Età Cristiana
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