Introduzione alla filosofia umanista - Studentville

Introduzione alla filosofia umanista

Introduzione alla filosofia umanista.

Umanesimo e Rinascimento sono i due termini che vengono usati a volte indifferentemente per segnare una periodizzazione interna alla storia europea che coincide con il passaggio dall’ età  medioevale a quella moderna. A volte invece i due termini sono usati addirittura per indicare periodi distinti. Entrambi sono termini coniati piuttosto di recente, nel 1800, quando alcuni storici hanno cominciato a ravvisare una piena coscienza degli autori del 1400 e del 1500 di vivere un periodo di autentica rinascita. Il concetto di Rinascimento implica sì l’ idea di un rinnovamento, ma di un rinnovamento che si riaggancia a radici, a quelle classiche: è un tornare radicalmente alla cultura classica latina e greca, cercando di dimenticare la ” tragica ” parentesi del Medioevo; anche in campo religioso si vuole tornare alle origini del cristianesimo, al Vangelo, alle fonti antiche: Lutero stesso, il padre della Riforma, è quindi assolutamente coerente alle teorie rinascimentali. Certo noi parlando di riforma abbiamo in mente l’ idea di ” rinnovamento “, ma all’ epoca significava tornare alle origini, dare di nuovo al cristianesimo la sua forma primordiale ( da qui il termine Riforma ). Ma tornare alle origini non significa riagganciarsi alla cultura classica e basta, bensì vuol dire riprendere quella cultura per poter dare nuovi frutti: Giordano Bruno, filosofo dell’ epoca, descriverà  il Rinascimento servendosi dell’ immagine di una pianta amputata, ma non ancora morta; il tronco è ancora vivo e dopo secoli bui ( il Medioevo ) ricomincia a germogliare. Per la prima volta, si ha coscienza che c’è stata una rottura con il mondo classico, che va ripreso, pur nella consapevolezza che esso sia ben diverso: per gli uomini medioevali, invece, non c’era stata alcuna frattura e non coglievano differenze tra il loro mondo e quello dell’ età  classica: Dante stesso non era consapevole della rottura e nella Commedia fa un ” calderone ” di personaggi di ogni epoca: per dirne una, Didone e Paolo e Francesca si trovano a tu per tu nell’ Inferno. Il giudizio che si dà  al Rinascimento è di solito fortemente positivo, ma è interressante notare che ci furono anche aspetti negativi: nella sua prima fase di sviluppo, il Rinascimento è un periodo di chiusura politica e sociale, a differenza del Medioevo ( ricordiamoci che Dante condannava l’ eccessiva dinamicità  di Firenze ). Questa chiusura è presente anche nella cultura, che è fortemente aristocratica: l’ Umanesimo del ‘400 è latino ( il latino già  a fine Medioevo stava prendendo sempre più piede ), mentre il Medioevo aveva invece visto nascere il volgare e la Commedia stessa di Dante non è in latino. Nel Medioevo, infatti, la borghesia stava affermandosi sempre più e non era certo a conoscenza del latino. Le Signorie e i Principati sono, per esempio, simboli della chiusura politica e sociale del Rinascimento. Nel ‘500, anche se non si parlerà  più in latino, l’ italiano sarà  volutamente aulico e latinizzante, espressione di un’ aristocrazia volutamente conservatrice. Altro aspetto negativo del Rinascimento è senz’ altro la concezione che si ha e che è arrivata fino a noi del Medioevo, visto come un’ epoca di decadenza e di ignoranza: i Rinascimentali volevano segnare il più possibile il distacco dal Medioevo, sebbene vi fossero stati periodi d’ oro per la cultura, come il XII secolo, anche perchò la fase del Medioevo che essi meglio conoscevano era il 1300, il secolo a loro più vicino, caratterizzato dalla peste e dalla carestia. Il concetto di Umanesimo, anch’ esso coniato in epoca recente, è diverso rispetto a quello di Rinascimento e tra i due risulta piuttosto difficile trovare analogie; il modo più semplice di intenderli, evitando di dire che essi si riferiscono a due periodi distinti, è sostenere che essi si riferiscano a due aspetti diversi della stessa cosa. Con il termine Rinascimento ci riferiamo in generale alla rinascita avuta dopo il Medioevo e al riagganciarsi alla cultura classica, con il termine Umanesimo invece ci riferiamo a determinati aspetti di questo rinascere, e più precisamente alle humanae litterae: nel 1400 rinasce l’ interesse per la letteratura latina che era andato perduto nel Medioevo: comincia una vera e propria caccia delle opere latine nei monasteri, vengono realizzate edizioni critiche e si riscopre il latino classico, quello di Cicerone, ben diverso da quello medioevale, rozzo e pieno di errori, dove, per dirne una, l’ uscita del genitivo della prima declinazione era diventata -e al posto di -ae. A questo proposito va senz’ altro ricordato il lavoro di Poggio Bracciolini, che rinvenne, tra le varie opere, le Istituzioni oratorie di Quintiliano e La natura delle cose di Lucrezio. Nasce la filologia, ossia si hanno gli strumenti linguistici per recuperare le origini del testo: accanto al latino troverà  ampio sviluppo anche il greco, che si affermerà  soprattutto dopo il crollo dell’ Impero bizantino ( 1453 ) con l’ avvento in Italia di dotti greci che portavano con sò manoscritti in greco. Nel Medioevo, ancora più che con il latino, c’ era stata un’ autentica rottura con il greco: quasi nessuno lo conosceva più e Dante stesso, nella Commedia, farà  citazioni greche scorrette ! Umanesimo significa anche humanitas, la paideia greca, già  presente ai tempi dei Romani: l’ humanitas non è nient’ altro che l’ insieme degli spetti che contribuiscono a formare l’ uomo e può quindi essere tradotta con ” formazione dell’ uomo “. Nel Rinascimento si cerca di riprendere l’ humanitas romana ” in toto “: il che presenta senz’ altro aspetti positivi, come il recupero di testi antichi e la diffusione del greco, ma non dobbiamo dimenticarci che ebbe anche aspetti negativi, in primis la tendenza formalistica, ossia il tenere in maggior considerazione la forma rispetto al contenuto, tendenza che è arrivata fino a noi. Non a caso gli Umanisti polemizzarono aspramente contro i Medioevali solo perchò esponevano le loro teorie in un latino poco gradevole, senza però neanche badare a ciò che essi dicevano: Pico della Mirandola sottolineerà  particolarmente questo ” cattiva abitudine ” degli Umanisti nella lettera in cui critica Ermolao Barbaro per il suo disprezzare i Medioevali esclusivamente per via del loro parlare. Se la mettiamo in questi termini, anche Platone scriveva meglio di Aristotele, ma non per questo Aristotele non va apprezzato ! Anche Montaigne si accorse di questa tendenza alla formalità  e alla retorica e disse a riguardo della cultura umanistica: “noi sappiamo declinare la virtù, ma non amarla “. Se prendiamo Giordano Bruno, per esempio, ci accorgiamo che egli scrive in modo molto elegante, ma senza rigore filosofico. L’ humanitas implica più di ogni altra cosa la centralità  dell’ uomo in ogni campo; ciò non significa che egli sia al vertice della realtà  ( dove invece ci sarà  sempre Dio ), bensì vuol dire che è al centro di tutto quanto. Come accade per tutte le grandi correnti culturali, anche per quel che riguarda l’ Umanesimo esso fu usato per denominare ” umanisti ” certe persone effettivamente del ‘400-‘500, ma anche per altre persone di altri periodi; i sofisti, ad esempio, verranno chiamati ” illuministi ” e sempre i sofisti verranno chiamati ” umanisti ” perchò abbandonano la ricerca del principio per concentrarsi esclusivamente sull’ uomo; in poche parole, come dice Cicerone, essi riportano la filosofia ” dal cielo alla terra ” e quindi possono essere classificati, giustamente, come umanisti. Tuttavia l’ Umanesimo del ‘400 è cristiano e vede sì l’ uomo al centro, ma Dio resta pur sempre il vertice della realtà ; è una prospettiva ben differente da quella teocentrica del Medioevo, dove si arrivava addirittura a vedere la vita come preparazione alla morte ( Dante dice: ” il vivere che è un correre alla morte ” ); l’ uomo è quindi per gli Umanisti al centro della realtà  e lo si può notare anche dai quadri che lo vedono in modo assai diverso rispetto al Medioevo. L’ uomo assume un significato importantissimo: gli viene riconosciuta medietà ; egli sta cioò a cavallo tra mondo razionale e mondo celeste, tra mondo spirituale e mondo non spirituale, tra angeli e cose. Già  Platone aveva sottolineato questa medietà  dell’ uomo e per questo per tutto il Rinascimento sarà  apprezzato molto più di Aristotele ( lo si preferirà  anche per il suo stile oratorio, più raffinato e ricco di metafore ): l’ uomo è copula mundi, ossia è l’ elemento di medietà  tra Dio e tutto il creato, quell’ elemento in grado di tenere insieme mondo materiale e Dio: è solo grazie all’ uomo e alla sua attività  che c’ è unitarietà  dell’ Universo. La centralità  dell’ uomo, poi, si manifesta nel cosiddetto ” Umaneimo civile “, dove l’ uomo adempie funzioni politiche e sociali. Ma recupero del mondo classico non significa solo recupero del latino e del greco: vengono riportate in auge la matematica di Euclide, la medicina di Galeno e anche i filosofi venuti prima di Platone e Aristotele, così come quelli venuti dopo. Nascerà  una vera e propria disputa tra sostenitori di Platone e sostenitori di Aristotele; tuttavia tutti, anche i suoi più accaniti sostenitori, rifiuteranno l’ Aristotele ” medioevale “, quello che veniva chiamato il ” philosophus ” per eccellenza: l’ Aristotele medioevale va assolutamente scartato e quindi si preferisce, paradossalmente, l’ aristotelismo di Averroò o di Sigieri di Brabante. Ma, come detto, vengono ripresi anche i filosofi più antichi e quelli più moderni: il naturalismo dei primissimi come l’ epicureismo, che era stato condannato nel Medioevo. Soprattutto quest’ ultimo, ovvero l’ epicureismo, si confaceva particolarmente alla prospettiva umanistica: infatti chi più di Epicuro proclamava la centralità  dell’ uomo nel mondo? Anche l’ idea di cercare la felicità  più di ogni altra cosa, tipicamente epicurea, verrà  apprezzata e messa in pratica soprattutto nella Firenze del ‘400, contro la quale tuonerà  il Savonarola. Il filo conduttore della filosofia, in fin dei conti, sarà  l’ acceso anti-aristotelismo, dove si combatterà  non tanto contro Aristotele in sò, quanto piuttosto contro l’ Aristotele ” philosophus ” della Scolastica. Particolarmente interessante risulta l’ atteggiamento generale del Rinascimento nei confronti della magia, nella quale crederanno perfino gli intellettuali e i filosofi, come Pico della Mirandola; va subito precisato che questo rapporto con il magico ( e con l’ astrologia ) è espressione di un atteggiamento culturale vivace e dinamico. Già  negli ultimi secoli del Medioevo era nata l’ alchimia, ossia quella che al giorno d’ oggi definiamo ” chimica “, orientata alla trasformazione materiale della realtà  tramite riti e formule magiche. Nasce la concezione del sapere come potere, ossia del sapere che può diventare strumento di trasformazione della realtà . Viene quindi meno, in fin dei conti, l’ idea aristotelica del sapere per il sapere e prevale quella che il vero sapere è quello utile, che può trovare applicazioni nella realtà . La magia se è vero che va contro le concezioni aristoteliche è altrettanto vero che si fonda su presupposti neoplatonici: alla base della magia sta infatti l’ idea della realtà  vista come vari livelli legati tra loro in modi complessi dove basta toccare la corda giusta in uno di questi livelli per avere risultati su altre ” zone ” della realtà ; è evidente la derivazione neoplatonica di questa concezione della realtà  basata su livelli, segreti e corrispondenze.

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