Nel 1781 Kant arriva ad una conclusione di estrema importanza: la conoscenza delle cose diventa vera condizione per la conoscenza di sò. E’ proprio questa la radicale differenza fra il cogito kantiano e il cogito cartesiano. Io mi conosco soltanto conoscendo le cose e la mia durata è garantita dallo spazio e sostenuta dal mondo. L’ io penso accompagna indubbiamente tutte le nostre rappresentazioni, ma, a differenza del cogito cartesiano, non può staccarsene e diventare esso stesso il proprio soggetto. Secondo Cartesio se dubito di ogni cosa ( compresi gli oggetti del pensiero ) rimane soltanto il soggetto che diventa il proprio predicato, il proprio oggetto: dubitando di tutto si arriva all’ intuizione immediata di esistere come soggetto pensante ( res cogitans ). Secondo Kant, invece, non c’ è intuizione possibile del cogito senza contenuto del pensiero: non conosco la mia esistenza se non grazie alla rappresentazione dell’ oggetto. L’ io, se può dubitare di tutti gli oggetti, non può dubitare della totalità del mondo. Lo spazio è quanto garantisce l’ oggettività della conoscenza, anche della conoscenza di sò. Bisogna poi chiarire che non possediamo solo l’ immaginazione, ma pure l’ esperienza diretta delle cose esteriori e che anche la nostra esperienza interna, indubitabile per Cartesio, è possibile solo presupponendo l’ esperienza esterna: l’ anima è meno favorita a conoscere rispetto al corpo. Questa concezione sfocia nel celebre teorema: La conoscenza semplice, ma empiricamente determinata, della mia esistenza personale prova l’ esistenza degli oggetti nello spazio e fuori di me ( Critica della ragion pura ). La coscienza della mia esistenza personale richiede qualche cosa di permanente nelle mie percezioni che sia distinto dalle mie rappresentazioni, e cioò l’ esistenza delle cose fuori di me. Nell’ Antropologia e nelle lettere Kant fornisce due spiegazioni psicologiche, che si riferiscono al modo in cui l’ io forma l’ esperienza. E’ ciò che spiega in primis l’ amnesia infantile. Il bambino può ricordare ciò che ha fatto anche parecchio tempo addietro; ma non esiste ancora un’ esperienza unificata che possa venire riferita alla forma di un io già costituito. Ecco perchò non abbiamo ricordi dei nostri primi anni di vita: la memoria è fondamentalmente legata all’ esperienza e non può esistere prima che l’ esperienza si costituisca. In questo senso, ed è il secondo esempio, la vita psicologica di ogni bambino ha delle analogie con quella degli animali: una successione di rappresentazioni non unificate dall’ io penso e che quindi non può costituire conoscenza. Non saprei nemmeno di averle; di conseguenza non esisterebbero assolutamente per me, come essere conoscente; in questa situazione, in cui divento animale del pensiero, continuerebbero a svolgere la propria azione in me con regolarità in quanto rappresentazioni legate ad una legge empirica di associazioni ed eserciterebbero anche un’ azione sul sentimento e sul desiderio; ma io sarei incosciente della mia esistenza… e questo loro comportamento non mi farebbe conoscere nulla, neppure lo stato che dovrebbe essere mio ( Lettera a Marcus Herz ). La posizione di Kant rappresenta una sorta di mediazione fra Cartesio e Comte. A differenza di Comte ammette l’ esistenza di un cogito, ma a differenza di Cartesio gli attribuisce un significato puramente formale e non più sostanziale. Il processo è grosso modo questo: Kant sdoppia l’ Io penso, io sono e, attribuendo a Cartesio anche un ragionamento che egli tuttavia ha sempre negato, si rifà direttamente all’ ergo del Cogito, ergo sum ( penso, dunque esisto ). Mentre con il Cogito Cartesio inserisce il pensiero nell’ essere ( sono una cosa pensante ), Kant sdoppia in qualche maniera il pensiero e l’ essere, dà all’ Io penso una valore trascendentale, ma puramente formale, all’ Io sono un valore esistenziale, ma puramente fenomenico. In quanto io penso a cui attribuiamo la spontaneità del pensiero, il Cogito è una rappresentazione intellettuale; in quanto io sono che rappresenta un’ esistenza, si pone comne proposizione empirica. Non esiste una conquista immediata di sò, nò tramite una pretesa evidenza psicologica nò tramite un’ impossibile intuizione intellettuale nò tramite qualche illuminismo mistico.
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