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Italia post unificazione

I problemi dell'Italia dopo l'unificazione.

Italia post unificazione: squilibri interni

Subito dopo l’unificazione, l'Italia si presentava come un paese con forti squilibri, sia dal punto di vista economico che sociale. La classe politica del nuovo Stato doveva affrontare grandi problemi, come quello di rendere culture, tradizioni sociali consolidate ed economie diverse una sola entità nazionale, ma con delle basi tutt’altro che solide. 
La società italiana a questo punto si trova ad affrontare importanti conflitti. Infatti nel corso degli anni ’80 e ’90, si assiste ad una forte intensificazione dei conflitti sociali, portati anche dal cambiamento del movimento operaio e contadino, che iniziava a prendere le sembianze di una vera lotta di classe.

Italia post unificazione: la politica

Nell'Italia post unificazione il potere passò ai governi di Destra. Essi miravano a rafforzare lo Stato attraverso una sorta di politica centralistica. Nel 1876 la situazione iniziò a cambiare con l’avvento al potere della Sinistra storica di Agostino Depretis, che al contrario della Destra cominciò a promuovere una serie di aperture sociali, con le quali credeva di portare l’Italia ad una vera unione.

Una delle grandi riforme di questa Sinistra storica fu la riforma del 1882, che ampliava la riforma elettorale, cioè allargava il diritto di voto (ovviamente ancora alle donne non era permesso votare).

Italia post unitaria: economia

Anche le condizioni economiche erano difficili da affrontare. Il debito statale era gravissimo anche perché non fu solo il Piemonte ad indebitarsi per intraprendere la guerra del 1859. In seguito all’unificazione lo Stato italiano dovette accollarsi i debiti di tutti i piccoli Staterelli che aveva assorbito. E con questi debiti già esistenti ne nascevano di nuovi: questo perché la nuova Italia aveva bisogno di creare strade e scuole, fare bonifiche e canali d’irrigazione, costruire la rete ferroviaria e quella stradale.

Per far si che queste spese e i debiti già esistenti pareggiassero, furono imposte delle pesanti tasse. Tra tutte le tasse che vennero introdotte la più odiata fu quella sul macinato: si doveva pagare allo stato una tassa per ogni chilo di frumento che veniva portato a macinare nei mulini. Questa tassa ovviamente gravava soprattutto sulla povera gente, perché faceva aumentare il prezzo di pane e pasta, che erano gli unici alimenti che la povera gente poteva permettersi di mangiare ogni giorno.

Il brigantaggio

Le condizioni di vita erano disperate, cosi di fronte a tutti questi problemi alcuni contadini del Sud si ribellarono, organizzandosi in bande e andando a nascondersi nei boschi. Nascevano cosi i briganti: vivevano saccheggiando i villaggi, derubando i viaggiatori. A questa nuova organizzazione di contadini si unirono gli ex garibaldini ed ex soldati borbonici i cui eserciti erano stati disciolti. 

Sia i Borboni sia il Papa aiutarono in un primo tempo queste bande. In questo modo essi speravano di riuscire a disperdere questo nuovo Stato italiano e riprendersi i loro vecchi possedimenti. Il brigantaggio era il segnale di una rivolta popolare e del malessere profondo che il Sud viveva da tempo. Per risolvere questa situazione la mossa giusta da fare era quella di attuare una serie di riforme che mettessero tutti nelle condizioni di vivere in modo adeguato. Ma la soluzione scelta fu diversa. Il governo italiano, invece di cercare di migliorare le condizioni di vita, incitò i briganti a combattere contro l'esercito. L’Italia meridionale venne occupata militarmente, e ci furono molti spargimenti di sangue. Alla fine del 1864 il brigantaggio era stato in parte eliminato, ma il problema non era stato risolto.

Oltre tutti questi problemi causati dai Briganti e da uno Stato poco presente, l’Italia doveva affrontare anche il grave problema igienico- sanitaria. Si lottava spesso contro le epidemie di tifo e di colera che ogni tanto scoppiavano causate dalla mancanza di acqua potabile e di fognature inefficienti. 

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