ITALO CALVINO: LA VITA
Calvino, Italo (Santiago de Las Vegas, Cuba 1923-Siena 1985), scrittore italiano. Percorse le esperienze intellettuali del secondo Novecento con lucida libertà intellettuale e con una disponibilità sperimentale che gli veniva dal quotidiano rapporto con la scrittura. Partecipò alla lotta partigiana e le dedicò nel 1947 il suo romanzo d’esordio, Il sentiero dei nidi di ragno, in cui la Resistenza è vista attraverso gli occhi di un bambino. Lavorò a Torino dal 1950 per la casa editrice Einaudi. Negli anni Cinquanta dispiegò una vasta produzione narrativa con la trilogia dei Nostri antenati, parabole filosofico-morali di taglio illuministico (Il visconte dimezzato, 1952; Il barone rampante, 1957; Il cavaliere inesistente, 1959), e con la raccolta dei Racconti (1958). Nel 1956 era uscita la raccolta delle Fiabe italiane, riscrittura del patrimonio favolistico italiano. Partecipò intensamente al dibattito politico-culturale (fu iscritto al Partito comunista fino al 1956, anno dei fatti d’Ungheria) e diresse con Elio Vittorini “Il Menabò” (1959-1967). Nel 1963, l’anno della neoavanguardia, pubblicò La giornata di uno scrutatore, importante testo di impianto tradizionale, e La speculazione edilizia. Del 1963 è anche Marcovaldo, uno straordinario libro per ragazzi.
Nel 1964 Calvino si trasferì a Parigi, dove stabilì rapporti col gruppo dell’OuLipo (Ouvroir de Littérature Potentielle, “Laboratorio di letteratura potenziale”), che aveva tra i membri più importanti Raymond Queneau. Pubblicò nel 1965 Le cosmicomiche e nel 1967 Ti con zero, in cui emergono nuove curiosità culturali tra la fantascienza (sono situazioni “comiche” a confronto con le ipotesi scientifiche sull’origine del nostro universo) e l’indagine sulle possibilità combinatorie della narrativa: Calvino costruisce abili e intellettualistici meccanismi narrativi capaci di esemplificare il carattere combinatorio della scrittura, che peraltro appare un modo per comprendere una realtà (quella dell’origine dell’evoluzione e del destino dell’universo) difficilmente immaginabile e afferrabile con gli strumenti linguistici tradizionali. In Ti con zero il gioco combinatorio si applica a una realtà terrena, quella della nostra civiltà, in cui alla comunicazione tra gli esseri viventi si è sostituita una combinazione di segnali vuoti e insensati. In tutte queste diverse esperienze narrative e in quelle seguenti, Calvino esibisce una delle scritture più limpide e controllate, ma insieme semplici e fluenti, della prosa del Novecento.
Sul versante della ricerca di una realtà potenziale o ipotetica si collocano Le città invisibili (1972), mentre il gioco combinatorio si radicalizza nel romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), in cui il lettore ha un ruolo centrale nella costruzione narrativa, frutto di scelte combinatorie esterne all’autore. Si tratta di un “romanzo semiotico” o di un “romanzo della teoria del romanzo” (nella definizione di Cesare Segre), che sembra fare il verso alla narrativa neoavanguardistica degli anni Sessanta. In Palomar (1983), una serie di episodi marginali di vita comune raccontati dal personaggio, autobiografico, di un filosofo saggio e malinconico, l’autore sembra indicare, nell’assenza di ordine del mondo contemporaneo, che le possibilità conoscitive sono riservate a chi si apparta, si fa marginale ed esercita così una disillusa forma di razionalità. Calvino raccolse poi in volume i suoi interventi nel dibattito contemporaneo: Una pietra sopra (1980) e Collezione di sabbia (1984). Sono uscite postume le raccolte di racconti Sotto il sole giaguaro (1986), La strada di San Giovanni (1990) e Prima che tu dica pronto (1993). Postume sono anche le Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio (1988), incompiute, che Calvino avrebbe dovuto presentare in un ciclo di conferenze alla Harvard University.
LUDOVICO ARIOSTO: LA VITA
Ariosto, Ludovico (Reggio Emilia 1474 – Ferrara 1533), poeta italiano, uno dei più importanti dell’epoca rinascimentale. Figlio di un capitano di guarnigione al servizio degli Estensi e di una nobile reggiana, nel 1484 si trasferì con la famiglia a Ferrara, dove assunse le prime cariche amministrative. Gli studi giuridici gli diedero una qualifica ulteriore, preziosa per il suo futuro di cortigiano. Nella prima metà degli anni Novanta partecipò alla vita di corte di Ercole I d’Este, quindi cominciò a scrivere poesie in latino. Nel 1497 fu accolto fra i cortigiani stipendiati, mentre intensificava il lavoro intorno alle Rime, poesie, stampate postume nel 1546 (Ariosto non pubblicò, oltre al suo celebre poema, nessun’altra opera), nelle quali la lezione di Francesco Petrarca veniva rivisitata in chiave più scopertamente personale e realistica.
Ben presto gli impegni divennero anche militari: nel 1501 fu capitano della rocca di Canossa, mentre nel 1503 passò al servizio di Ippolito d’Este, ottenendo incarichi amministrativi e diplomatici. L’opera alla quale intanto stava lavorando con maggiore impegno era il poema cavalleresco Orlando furioso, la cui prima edizione, composta di quaranta canti, uscì nel 1516. Sempre meno disposto a sacrificare il lavoro letterario a quello politico e amministrativo, nel 1517 si rifiutò di seguire il cardinale Ippolito in Ungheria, e perciò ruppe ogni rapporto con lui; nel 1518 passò al servizio del duca Alfonso, ma questi non gli risparmiò numerose missioni in varie corti italiane.
Le sette Satire, vera e propria autobiografia in versi, furono composte fra il 1517 e il 1525. Opere indirizzate ad amici e parenti, trattano temi di attualità non di rado in chiave allusiva e in forma di apologo; vi si parla del lavoro dello scrittore e dell’amore per lo studio, della corruzione del clero, della vita in famiglia, sempre con versi comunicativi (grazie alla struttura dialogica dell’opera) ed eleganti, con intonazione leggera e a volte fiabesca.
Nel 1521 comparve la seconda edizione del Furioso, una prova dell’assiduità con cui Ariosto continuò a lavorare al poema, sottoposto a correzioni anche dopo la terza edizione, quella definitiva. Tra il 1522 e il 1525 ebbe l’oneroso incarico di commissario ducale della Garfagnana, regione montuosa della Toscana settentrionale resa quanto mai inospitale da animali feroci e da briganti, come lo stesso Ariosto sottolineò nelle sue lettere, lamentandosene. Mantenendo contatti sia con il papa sia con l’imperatore, dedicò quindi al lavoro letterario le migliori energie: l’edizione definitiva dell’Orlando furioso uscì nel 1532, preceduta dalla composizione di alcune commedie (la nuova versione della Cassaria è del 1531). In realtà Ariosto intrattenne un rapporto intenso con il teatro, non solo come autore (scrisse tra l’altro I Suppositi nel 1509, Il Negromante nel 1520 e La Lena nel 1528) ma anche come organizzatore di spettacoli, regista e persino attore, tutti ruoli funzionali al compito di colto intrattenitore del raffinato pubblico costituito dalla corte estense.
L’ultima edizione del poema conta 46 canti. La revisione fu soprattutto linguistica: Ariosto si sforzò di applicare i suggerimenti proposti da Pietro Bembo nelle sue fortunate Prose della volgar lingua (1525), in cui si suggeriva un modello letterario di carattere classicistico, ispirato alla lingua degli autori toscani delle origini, in particolare a quella di Petrarca e di Boccaccio. Le modifiche al poema riguardarono però anche la struttura narrativa: nuovi episodi vennero inseriti in vari punti del testo, modificandone l’andamento generale.
TEMI: alla varietà dei personaggi corrisponde un’altrettanta pluralità di motivi di cui nessuno può definirsi preminente. Neppure l’amore, che tuttavia costituisce il tema più frequente del poema. Prima di tutto perché l’amore del Furioso si manifesta in modi diversi e talvolta addirittura contrastanti (da quelli puri a quelli passionali, da quelli tragici a quelli comici e realistici), così tutte queste sfaccettature dello stesso tema sembrano prevalere allo stesso modo; in secondo luogo perché accanto all’amore ci sono, nel poema, molti altri sentimenti espressi con altrettanta intensità e sincera adesione da parte del poeta: i temi dell’amicizia, della fedeltà, della devozione, della gentilezza, della cortesia, dello spirito d’avventura. E accanto ai temi “virtuosi”, non mancano quelli opposti: quelli dell’infedeltà, dell’inganno, del tradimento, della superbia, della violenza, della crudeltà. Come la vita dei personaggi, anche quella dei sentimenti è , nell’opera ariostesca, una vita così strettamente correlata che i vari temi dell’opera s’intrecciano tra loro condizionandosi a vicenda e richiamandosi l’uno con l’altro per affinità o per contrasto.
Fondamentale nell’Ariosto è anche il tema del meraviglioso, sparso in innumerevoli particolari dell’Orlando: si concentra negli episodi di più nobile spiritualità ma è anche l’atmosfera stessa in mezzo alla quale si svolge l’intera vicenda.
“Nel perpetuo incontrarsi e divagar degli eventi del Furioso ci sembra di sentire il ritmo della nostra fantasia: nella favola di Alcina ci sembra di vedere lo specchio delle sensazioni che li (eventi) incatenano e li addormentano; in quella di Atlante il mito dei suoi vagabondaggi alterni dalla realtà al sogno; in quella della Luna il significato ultimo di questa nostra facoltà che toglie alla Terra linee e peso e disperde in un sorriso indefinito le sue necessità, le sue leggi, la sua apparente sapienza”.
Lanfranco Caretti
Il meraviglioso emerge dall’analisi allegorica di immagini presenti nel poema. L’ippogrifo, fantasioso incrocio di una cavalla con un uccello, è l’emblema dell’intersezione tra il mondo naturale e quello magico e meraviglioso che regna nell’opera. E ancora il castello del mago Atlante coniuga nella sua magica parvenza una fantastica illusoria consistenza e una realtà prodigiosa benché effimera: sembra quasi possibile entrare nell’edificio ad ammirarne i marmi e la porta d’oro. A questo tema si aggiunge un altro motivo dominante: l’ironia. Ariosto mostra di accettare la varietà composita ed irrazionale dell’esistenza umana in cui si alternano sapienza e pazzia, dubbi, angosce e certezze. Astolfo è il simbolo di questa commistione sulla quale si esercita l’ironia ariostesca. Proprio a lui è affidato il compito di recuperare il senno di Orlando. Risulta evidente l’ironia sull’effettiva possibilità che esista un luogo dove si trovi ciò che gli uomini smarriscono. Visitando quel luogo ci si renderebbe conto di come realmente stanno le cose e si scoprirebbe che molti ritenuti savi sono invece dei mentecatti.
In diverse occasioni l’Ariosto ha manifestato il proprio scetticismo nei confronti della dottrina religiosa. Egli mostra incredulità di fronte alle ostentazioni di santità degli eremiti, che si diverte invece a raffigurare come attratti dalle tentazioni terrene: “Comincia l’eremita a confortarla/con alquante ragion belle e devote; /e pon l’audaci man, mentre che parla,/or per lo seno, or per l’umide gote:/poi più sicuro va per abbracciarla”.
Riguardo alle donne l’Ariosto mostra spesso una sorta di pessimismo che assume connotazioni tipiche del moderno maschilismo. Per esempio Astolfo, discendendo negli inferi, s’imbatte soltanto in “femine ingrate”, quelle donne che non corrisposero ai loro amanti.
Uno degli elementi che mantengono in continuo movimento l’azione è rappresentato dagli ostacoli che si oppongono al realizzarsi dei desideri e delle aspettative. In un contesto basato sulla tensione e l’equilibrio delle varie spinte narrative, questi elementi che mantengono costante il livello di dinamismo, devono necessariamente fermarsi alla fine del racconto, tutti insieme. Proprio per questo, nel momento in cui Bradamante riesce a liberare Ruggiero, questi le sfugge di mano, quasi di dovere.
CONTESTO: Ariosto mostra una perfetta adesione allo spirito e alla cultura del suo tempo. È per questo motivo che egli già intuisce le ragioni storiche e politiche che porteranno al declino dell’età rinascimentale. Ne coglie i sintomi nelle lotte per il predominio in Italia, di cui le rivalità fra i signori locali finiranno per rendere protagonisti gli Spagnoli e i Francesi. Egli intravede questo radicale cambiamento e critica alcuni suoi aspetti. Ad esempio l’archibugio di Cimoso, strumento di morte da condannare perché va contro agli ideali dell’epoca: l’offesa a distanza rende vile l’uomo che non vive più il confronto diretto con l’avversario, senza lasciargli la possibilità di difendersi, ma si nasconde dietro la malizia che è nemica della virtù.
DIVISIONE INTERNA e METRICA: l’opera è suddivisa in XXII capitoli, accompagnati da titoli, che preannunciano il tema trattato. In ognuno di loro si alternano i versi della poesia ariostesca a brani di parafrasi e commento di Calvino. L’Orlando Furioso è composto in ottave, strofe di otto endecasillbi, i primi sei a rima alterna e gli ultimi due a rima baciata: metro utilizzato sin dal XIII secolo nei poemi cavallereschi franco-italiani e nella poesia narrativa, della quale divenne caratteristico. L’Ariosto dà un contributo decisivo all’ottava rendendola innovativa e particolare. Egli elimina i toni popolareschi e la inserisce su un’articolazione più agile del verso, mentre ne conserva il tono essenzialmente descrittivo. La melodia dell’ottava compenetra perfettamente con la misura del verso, cui sembra aderire in modo spontaneo. Da una parte l’Ariosto tende ad eliminare le forme del dialetto, o meglio quelle più volgari, tenendo però in considerazione il toscano, dall’altra dà la caccia agli inutili latinismi, utilizzati per fini puramente decorativi e artificiosi.
TIPOLOGIA TESTUALE: Calvino mette a nudo i meccanismi e le convenzioni su cui si basa il racconto di Ariosto, creando così un metaromanzo. Troviamo anche caratteristiche del romanzo d’inchiesta; infatti, in questo tipo di racconto narrativo, tutti i personaggi sono mossi dal desiderio di ricercare o ritrovare qualcuno o qualcosa, primo fra tutti il protagonista Orlando, alla continua e frenetica ricerca della bella e desiderata da tutti Angelica. La materia dell’Ariosto è anche e soprattutto un racconto d’avventura. L’autore parte da una pluralità di filoni narrativi e li segue poi separatamente, finché di tanto in tanto un certo numero di filoni converge in un unico punto, per dividersi ancora subito dopo.
NARRATORE: si tratta di Italo Calvino che si cimenta nella critica di uno dei suoi più grandi modelli letterari: Ariosto, col quale condivide la passione per la creatività fantastica. Da questa sintonia nasce un’opera sull’opera, ma anche un testo autonomo. Calvino mette a disposizione le sue doti oggettive per evidenziare come anche nel racconto ariostesco queste siano presenti. Condivide l’ironia di Ariosto affiancandone una propria, quando si concede delle pause da narratore di primo grado per introdurre momenti di riflessione da “racconto filosofico”. Se da un lato Calvino si mantiene aderente all’opera originale, dall’altro apporta delle modifiche in chiave moderna per facilitarne la comprensione anche ai lettori più giovani. La fedeltà al testo ha come obiettivo quello di sottolineare la problematicità di un’opera che pare voler ricordare che le domande, nella vita degli uomini, sono di gran lunga più numerose delle certezze.
FOCALIZZAZIONE: si tratta di una focalizzazione esterna. Il narratore, Italo Calvino, è esterno ai personaggi ed è onnisciente. Egli esplicita la propria presenza esprimendo giudizi personali riguardo all’opera e ne mette in luce le modalità narrative: « Occorre osservare che se ora, per comodità d’esposizione, abbiamo raccontato l’arrivo del liberatore Astolfo come immediatamente susseguente all’intrappolamento degli altri paladini, il poema in realtà segue un altro ritmo, ci arriva lentamente dopo un intervallo che dura ben dieci canti ». E lo stesso narratore a mettere in luce le correlazioni tra Ariosto e i suoi personaggi : « Mai che ci riveli nulla di sé, di cosa pensa e cosa sente, eppure l’anima ariostesca é riconoscibile soprattutto in lui (Astolfo), esploratore lunare che non si meraviglia mai di nulla, che vive circondato dal meraviglioso e si vale di oggetti fatati, libri magici, metamorfosi e cavalli alati con la leggerezza di una farfalla, ma sempre per raggiungere fini di pratica utilità e del tutto razionali ».
« L’Orlando Furioso è un’immensa partita di scacchi che si gioca sulla carta geografica del mondo, una partita smisurata, che si dirama in tante partite simultanee. La carta del mondo è ben più vasta d’una scacchiera, ma su di essa le mosse d’ogni personaggio si susseguono secondo regole fisse come per i pezzi degli scacchi. »
SPAZIO: i luoghi nel Furioso rappresentano tutti i luoghi conosciuti all’epoca; si spazia dall’Occidente all’Oriente, dalla Terra alla Luna, dai castelli alle selve … I personaggi, infatti, sono in continuo viaggio, sempre alla ricerca di qualcuno o di qualcosa. Le vicende si svolgono principalmente all’aperto che implica un prevalere di paesaggi naturali, che però non sono descritti. L’attenzione dell’autore non è infatti concentrata tanto sulle sensazioni scaturite dai luoghi, quanto più dall’intreccio delle vicende. Passo ora all’analisi dei luoghi emblematici e allegorici. Il labirinto, primo fra tutti, rappresenta l’immagine stessa del racconto: “…un palazzo che è un vortice di nulla, nel quale si infrangono tutte le immagini del poema” e, ancora, “il palazzo è deserto di quel che si cerca, e popolato solo di cercatori…ragnatela di sogni e desideri e invidie”. La realtà è, in fondo, un labirinto: può essere conosciuta secondo una pluralità di percorsi; il nostro mondo interiore di sentimenti e di emozioni è forse un labirinto ancora più complesso all’interno del quale è ancora più difficile orientarsi. Un altro luogo molto importante per la letteratura in generale è la selva, presente in molti autori tra i quali Dante, rappresenta un luogo intricato, ricco di sentieri che si aggrovigliano e dove la possibilità di far incontrare i personaggi è data dall’intervento della Fortuna, come nel capitolo primo. La selva rappresenta un microcosmo all’interno del quale varie realtà si mescolano. Introduco ora un altro luogo : “ Se la pazzia manca sulla Luna perché sembra tenacemente attaccata alla Terra, non altrettanto si può dire del senno. A noi pare di possederne sempre nella massima quantità, tanto che non preghiamo mai Dio per riottenere il senno perduto, ma lì sulla Luna ce n’era una montagna vera e propria e da solo occupava più spazio di tutte le altre cose messe insieme”. Il viaggio che Astolfo compie sulla Luna ha principalmente lo scopo pratico di recuperare il senno di Orlando. Questo viaggio non lo colpisce più di tanto perché il fine non lo riguarda personalmente. La Luna di questo racconto conta quanto la Terra, la Luna è il luogo delle cose che sono andate perdute sulla Terra, ed è per questo motivo che sono così legate tra loro.
TEMPO: il tempo in cui si svolgono le vicende è un concentrato di tutte le epoche e di tutti i conflitti, in particolar modo di quelle della sfida tra Islam ed Europa cristiana, da Carlo Martello a Luigi IX il Santo. Le Crociate, che al tempo di Ariosto non fanno più parte dell’attualità, sono scelte da lui come emblema di ogni contesa e diventano una pura materia narrativa. In quest’opera coesistono personaggi, oggetti e fatti che nella realtà o non sono mai esistiti, o sono esistiti in epoche molto distanti fra loro. Questa storia, oltre a non essere realmente accaduta, prende spunto da un corpo di leggende che si è andato costituendo a partire dalla Chanson de Roland e che ha tutte le caratteristiche del mito. Nel tempo del mito Carlo Magno, i suoi paladini e l’archibugio possono coesistere benissimo in un presente che non ha epoca. Dunque le vicende non hanno nemmeno una durata prestabilita, anzi si viene a creare una durata narrativa che sembra non avere mai fine e andare contro e oltre la morte stessa, come il perenne fluire della vita.
TEMPO DELLA STORIA & TEMPO DEL RACCONTO: non coincidono. L’opera è un susseguirsi di passi in cui il ritmo è accelerato per la presenza di fughe e inseguimenti, tipici di un romanzo d’avventura, e pause dedicate alla parafrasi e alla riflessione sulle tecniche adottate dall’Ariosto, come si vuole in un metaromanzo.
FABULA & INTRECCIO: la fabula e l’intreccio non coincidono perché si tratta di una rielaborazione. Calvino ha estrapolato alcune lasse dall’opera dell’Ariosto e le ha ordinate secondo criteri tematici, non sempre aderenti ad un ordine cronologico.
PERSONAGGI: è Italo Calvino stesso a proporci una possibile classificazione dei personaggi: « Una fondamentale disuguaglianza divide gli eroi d’Ariosto. Ci sono quelli costruiti di pasta fatata, che più gli fioccano addosso i colpi di lancia e di spada più si temprano… e ci sono quelli, non meno nobili e non meno valorosi, che essendo costruiti di pasta umana, ricevono ferite che sono ferite vere, e ne possono morire. Questa genia di eroi umani si dimostra particolarmente vulnerabile non solo all’offesa delle armi, ma anche a quella delle sventure; brevi sono i momenti i felicità e di pace che toccano a loro e alle loro trepidanti innamorate”. Ariosto descrive i suoi personaggi focalizzando l’attenzione più sulla fluida dinamicità dell’azione che sulla creazione di complesse psicologie di forte rilievo. Ciò che gli preme non è creare personaggi a tutto tondo, con caratteri veri e propri, come figure autonome, ma stabilire un’intensa relazione tra ogni personaggio e gli altri, in modo da essere sempre elementi attivi o passivi, essendo ambivalenti e non rigidamente fissati in una caratterizzazione. Agisce nei confronti dei personaggi in modo riduttivo, senza delineare un carattere psicologico individuale, così come non esiste un personaggio che riassuma lo spirito dell’opera: in ognuno di loro, di volta in volta, per influenza di questo o di quell’elemento, sono presenti varie sfaccettature, con volubili trapassi che evitano l’immobilismo dato altrimenti.
I PERSONAGGI CHE COMPAIONO SONO:
Orlando: “Continua ad essere un personaggio allo stesso tempo centrale e distante; come era fuori della misura umana nella virtù, immune dalle passioni secondo i cantari popolari, innamorato che reprime ogni tentazione secondo il Boiardo, qui esce dalla misura umana per entrare nella bestialità più cieca. Orlando diventa, se non un vero e proprio personaggio, certo un’immagine poetica vivente, quale non era mai stato nella lunga serie di poemi che lo rappresentavano con elmo ed armatura.”
Angelica: figlia di Calabrone re del Catai. Le sue caratteristiche principali sono la bellezza e l’evanescenza: sfugge a tutti i suoi corteggiatori. Già nell’Innamorato accende di sé molti cavalieri cristiani tra cui Orlando e Rinaldo. Le vicende dei due paladini che seguono Angelica fino in Oriente costituiscono la materia del poema boiardesco. “ Angelica che fugge al galoppo per il bosco (è una) figurina di profilo disegnata sullo sfondo finito d’un arazzo. Intorno a lei vorticano tre cavalieri che si chiamano Rinaldo, Ferraù, Sacripante, ma che potrebbero avere anche nomi diversi, dato che qui la loro funzione è solo quella d’eseguire giravolte e schermaglie come in un balletto. Del resto, nessuno dei tre cavalieri che compaiono nel primo canto sarà nel seguito del poema un personaggio di rilievo, neppure Rinaldo, le cui imprese e il cui valore daranno materia a molti episodi del Furioso, ma restando sempre una figura accessoria. Essi sono innanzi tutto personaggi dell’Orlando innamorato che, sulla soglia del nuovo poema, vengono quasi a chiedere il permesso di ritirarsi in seconda fila per lasciare il passo a una costellazione di protagonisti disposta in un diverso ordine di importanza”.
Ferraù: figlio di Falsirone e nipote di Marsiglio, nell’Innamorato Ferraguto è preso da passione amorosa per Angelica e ne ferisce a morte il fratello Aralia; promette a quest’ultimo di gettarne in un fiume insieme con il corpo anche le armi ma chiede di potere almeno trattenere l’elmo per alcuni giorni; non mantiene la promessa in quanto serba l’elmo oltre il tempo stabilito. Queste vicende (innamoramento, duello con Argalia, patto e mancata fede) costituiscono l’antefatto boiardesco dell’episodio del Furioso.
Rinaldo: figlio di Amone di Chiaramente che era fratello di Milone, padre di Orlando e di Beatrice di Baviera. Fa parte dei paladini di Carlo Magno; è fratello di Bradamante.
Ruggiero: figlio di Ruggiero II di Risa e di Galaciella figlia del re Agolante, convertitosi per amore al cristianesimo. Discendente da Astianatte, figlio di Ettore. È presentato dal Boiardo e dall’Ariosto come capostipite degli Estensi. È di fede musulmana nonostante le sue origini, perché, rimasto orfano, venne allevato dal mago Atlante. Nell’opera si nota che molte mosse di Ruggiero dipendono, più che dalla propria volontà, dall’azione di forze esterne a lui, dal destino che lo governa e lo guida. Eppure egli è forse il personaggio intimamente più complesso, con i suoi continui conflitti interiori. “Duro destino è l’avere un destino. L’uomo predestinato avanza e i suoi passi non possono portarlo che là…nel caso che gli astri abbiano decretato, come a Ruggiero, un matrimonio d’amore, una discendenza gloriosa, e pure ahimè una fine prematura… Sappiamo bene che tutti gli ostacoli saranno vani…ma ci resta il dubbio se ciò che veramente conta sia il lontano punto d’arrivo,…oppure siano il labirinto interminabile, gli ostacoli, gli errori, le peripezie che danno forma all’esistenza.”.
Bradamante: amazzone, guerriera. È la sorella di Rinaldo, scaltra e simile alle donne moderne: indipendente e che non ha paura ad usare le proprie qualità in tutti i campi.
Brunello: ladro al servizio dell’armata dei saraceni. È incaricato di recuperare Ruggiero perché torni a combattere tra le proprie fila, ma per ottenere questo si scontra con Bradamante, che vuole salvare Ruggiero perché lo ama. Alla fine tra i due è lei ad avere la meglio, ma Ruggiero le sfugge un’altra volta.
Atlante: il mago Atlante inizialmente sembra fortissimo e invincibile, ma successivamente ci appare con tutte le sue debolezze: il suo potere è limitato dai poteri dell’anello magico in possesso di Bradamante, è impotente di fronte alla forza delle braccia della guerriera e, dietro le prime apparenze, nasconde la fragilità di un vecchio debole e disperato.
Astolfo: personaggio già presente nell’epopea carolingia e nell’Innamorato del Boiardo. Figlio di Ottone, re d’Inghilterra, cugino di Orlando e di Rinaldo. L’incontro con l’essere umano trasformato in pianta, in questo caso un mirto, aveva illustri precedenti nella letteratura: Enea e Polidoro, Dante e Pier della Vigna. In questi due casi, però, si trattava di incontri con defunti, Astolfo, invece, è vivo e la sua trasformazione in pianta è una forma di momentanea prigionia. È stato trasformato dalla maga Alcina, ma viene poi liberato.
Olimpia: contessa d’Olanda, appare per la prima volta nel capitolo IV, dove viene soccorsa dal paladino Orlando mentre rischiava di finire in pasto a un mostro marino, come cibo sacrificale sull’isola di Ebuda. Tratta in salvo gli raccontata la sua storia: “Cimoso re di Frisia, avendo Olimpia rifiutato la mano di suo figlio Arbante, ha invaso l’Olanda e l’ha messa a ferro e fuoco…”. Olimpia è entrata in gioco come una bella donna perseguitata da malvagità e sventure e continuerà ad esserlo per tutto il resto del poema, come accade anche per gli altri personaggi, che seguono regole ben precise e fisse. Infatti appena salvata da Orlando e, sbarazzatasi del suo nemico, si ricongiungerà al suo amato, Bireno, che poi l’abbandonerà.
Sacripante: spasimante di Angelica, re di Circassia, è convinto che, mentre lui era in Oriente in missione militare, Orlando l’abbia fatta sua. Assieme ad Angelica è un personaggio che calcola freddamente le proprie mosse.
Mandricardo e Doralice: Mandricardo, re di Tartaria, insegue il sogno di riunire nelle proprie mani le armi che erano state di Ettore troiano. Doralice è la fidanzata di Rodomonte che è stata poi rapita da Mandricardo.
Carlo Magno: non è presente in modo attivo nelle vicende. Prevale la caratterizzazione di uomo politico in quanto l’autore non è interessato al suo aspetto prettamente umano. Calvino adotta un tono piuttosto ironico e licenzioso nel descrivere i suoi atteggiamenti: “ Re Carlo prega il Signore; anzi, più che pregarlo, da quell’incallito uomo politico ch’egli è, cerca di far leva su argomenti di prestigio…impostazione teologicamente discutibile della preghiera imperiale…”.
Rodomonte: figlio di Alieno e re di Sargel nell’Algeria. Il nome di questo personaggio significa giramondo. Rodomonte possiede doti fisiche sovrumane, è un personaggio iperbolico, e iperbolici sono i suoi gesti, le sue azioni, le sue imprese. Eppure le sue imprese vengono presentate con una certa ironia di sfondo: “Dalla cima del muro spicca un salto, e con tutto il peso che ha addosso d’armi e armatura supera d’un balzo i trenta piedi o giù di lì che separano il muro dall’argine… atterrando leggero come sul tappeto di una palestra, e lasciandosi alle spalle fiamme e scoppi”. Morgana, Alcina e Logistilla: tre sorelle streghe, le prime due cattive, mentre la terza è una maga buona. Governano un’isola al di là delle colonne d’Ercole.
Compaiono molti altri personaggi in qualità di comparse o con ruoli non primari : Cloridano e Medoro, Zerbino e Isabella, Marfisa®guerriera saracena, regina dell’India, l’oste, l’Arcangelo Gabriele, Brandimarte, Agramante e Bireno.
Morgana, Alcina e Logistilla: tre sorelle streghe, le prime due cattive, mentre la terza è una maga buona. Governano un’isola al di là delle colonne d’Ercole.
STILE: l’autore utilizza numerosi espedienti narrativi e figure retoriche. Fioriscono le similitudini e le metafore: «… come toro salvatico…salta di qua e di là, così…l’orca…segue la fune, e scior non se puote », e ancora « quale trota o scaglion va giù nel fiume c’ha con calcina il montanar turbato, tal si vedea ne le marine schiume il mostro orribilmente riversciato » ; una metafora ricorrente è quella del mondo-carta geografica e del mondo-arcipelago. Troviamo piuttosto spesso tra i versi di Ariosto delle personificazioni : il Silenzio, la Discordia, la Dea Luna, la Superbia, l’Amore, la Fortuna, Noto, il dio del vento e il Destino.
TRAMA: “ Tema principale del poema è come Orlando divenne, da innamorato sfortunato d’Angelica, matto furioso, e come le armate cristiane, per l’assenza del loro primo campione, rischiò di perdere la Francia, e come la ragione smarrita dal folle (il recipiente che conteneva il suo senno) fu ritrovata da Astolfo sulla Luna e ricacciata in corpo al legittimo proprietario permettendogli di riprendere il suo posto nei ranghi. Tema parallelo è quello degli ostacoli che si sovrappongono al compiersi del destino nuziale di Ruggiero e Bradamante, finché il primo non riesce a passare dal campo saraceno a quello franco, a ricevere il battesimo e sposare la seconda. I due motivi principali si intrecciano alla guerra tra Carlo e Agramante in Francia e in Africa, alle stragi di Rodomonte in Parigi assediata dai Mori, alle discordie in campo d’Agramante, fino alla resa dei conti tra il fior fiore dei campioni dell’uno e dell’altro campo”.
Riprendendo l’azione dove il Boiardo la termina, l’Ariosto, nel suo poema, narra come Angelica, affidata da Carlo Magno al duca di Baviera, per evitare contese tra Orlando e Rinaldo, è promessa a quello di loro che si mostrerà più valoroso in battaglia. Approfittando della rotta dei Cristiani, Angelica fugge. Sono infiniti i casi che si intrecciano poi con la sua fuga, perché la bella pagana, superba e disdegnosa, usa dei cavalieri che la inseguono solo quando ne ha bisogno; poi svanisce, impassibile e tranquilla. Ma , infine, anche il suo cuore s’intenerisce e si piega: un giovane ferito, Medoro, diviene suo sposo. È questa la causa per cui Orlando impazzisce; egli, infatti, per ritrovare la donna amata, lascia Parigi e i Cristiani, andando incontro a tante avventure; ma, disgraziatamente, giunge proprio nel luogo che testimonia l’amore di Angelica e Medoro e apprende da un pastore la triste verità. Ormai per lui non c’è più speranza. Il paladino diviene pazzo furioso e va errando per la Francia e la Spagna, spargendo dappertutto terrore. Il cugino Astolfo lo fa poi rinsavire salendo sulla Luna a prendere il senno di lui, che lassù è evaporato, e facendoglielo annusare. Questo è l’episodio fondamentale del poema. Ma non meno importante è la storia delle contrastate mosse tra Bradamante cristiana, sorella di Rinaldo, e Ruggiero, pagano, cavaliere forte e gentile. Il mago Atlante che l’ha nutrito e l’ha allevato teme la sua conversione al cristianesimo, perciò opera incantesimi per sottrarlo a Bradamante; ma infine, dopo le più strane e avvincenti vicende, i due innamorati si possono unire in matrimonio. Lo scenario su cui si svolgono queste e altre mirabili imprese è la guerra tra Saraceni e Cristiani, cioè di Agramante, re d’Africa, e Marsilio, re di Spagna, con i loro alleati, contro Carlo Magno e i suoi paladini. La guerra termina in un duello terribile a Lipadusa, dove i Cristiani escono vincitori.
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