Le tematiche psicanalitiche trattate da Jacques Lacan (1901-1981), mettendo in primo piano la nozione di inconscio, procedono verso l’abbandono della centralità del soggetto come chiave d’interpretazione del modo d’essere dell’uomo e della sua storia. Laureatosi in psichiatria, Lacan frequentò i surrealisti, interessati alla scrittura automatica attraverso libere associazioni e alle modalità creative del linguaggio onirico, ed entrò a far parte della “Sociètè psychanalytique de Paris”, fondata nel 1926, ma nel 1953 operò una secessione e fondò la “Sociètè franà§aise de psychanalyse”, che non fu riconosciuta dall'”Associazione psicoanalitica internazionale”. Nel 1963 ebbe luogo un’altra scissione in seguito alla quale Lacan costituì l’ “Ecole freudienne de Paris”, che però si dissolse nel 1980. Le sue tesi, elaborate soprattutto nel corso dei seminari del mercoledì tenuti a partire dal 1953 nell’ospedale di Sainte Anne, sono raccolte negli ” Scritti ” (1966), di assai difficile lettura. Lacan intende tornare all’insegnamento originario di Freud, che a suo avviso ò stato travisato negli sviluppi successivi della psicoanalisi. La rivoluzione freudiana ò consistita nel detronizzare l’Io, riconoscendo nell’ inconscio, la vera voce dell’individuo: chi parla nell’individuo non ò propriamente l’Io, ma l’inconscio. Come aveva mostrato Freud, soprattutto nell’ “Interpretazione dei sogni”, l’inconscio ò ” strutturato come un linguaggio “, ò ” desiderio che diviene linguaggio ” e l’analisi dell’inconscio ò dunque fondamentalmente la decifrazione di tale linguaggio. Anche Lacan riprende da Saussure la concezione secondo cui la lingua e i segni sono autonomi rispetto alle prestazioni linguistiche individuali; in questo senso, il linguaggio dell’inconscio ò il discorso dell’Altro rispetto al soggetto conscio. Alle due modalità della condensazione e dello spostamento, individuate da Freud nell’analisi dei sogni, corrispondono la metafora e la metonimia, che secondo Jakobson sono gli assi portanti di ogni lingua. In particolare, la metafora ò la condensazione in una singola parola o immagine, mentre la metonimia, ossia il denominare una cosa con il nome di un’altra, con la quale essa ò in relazione di dipendenza o di continuità , ò analoga allo spostamento, cioò alla sostituzione di un’idea o immagine con altre associate ad essa. L’analisi e la terapia psicoanalitica non devono mirare a potenziare l’Io, cioò la dimensione conscia, ma consentire l’accesso alla verità dell’inconscio. La verità , infatti, risiedendo nell’inconscio, ò anonima, non ò oggetto di un sapere posseduto dall’Io; anzi, il sapere, in quanto dominio di un oggetto, si oppone, secondo Lacan, alla verità . Solo la psicoanalisi, operando una riduzione dell’Io, può lasciare che la verità parli, anche se mai nella sua interezza. Il soggetto o Io, secondo Lacan, non ò il dato originario della vita psichica dell’individuo, ma il risultato di una costruzione. La prima tappa ò costituita dallo stadio dello specchio, studiato da Lacan già prima della guerra. Tra i sei e i diciotto mesi, il bambino arriva a riconoscere la propria immagine riflessa nello specchio e elabora un primo abbozzo dell’Io, ma all’interno dell’immaginario, ovvero entro una relazione duale di confusione tra sè e l’altro. Tale identificazione ò primaria, matrice di tutte le altre, per esempio con la madre. Rispetto alla specularità dei desideri della madre e del bambino viene a interporsi la figura paterna e con essa l’interdizione dell’incesto (l’Edipo), su cui si fondano l’ ordine simbolico e la civiltà . Il padre, infatti, rappresenta ” la figura della legge “: la sua parola produce la rimozione del desiderio della madre. Ciò vuol dire, secondo Lacan, che l’ordine simbolico, ovvero il linguaggio, si fonda sulla rimozione dell’immaginario, ossia su una scissione fra psichismo inconscio e conscio. Con l’accesso all’ordine simbolico si accede, al tempo stesso, alla società e alla cultura, necessarie al sorgere della soggettività . Il simbolico ò il luogo dell’inconscio impersonale, dove sono depositati i simboli linguistici e sociali, privi di significazione, finchò non s’incarnano in un individuo. Il soggetto conferisce significato a questi simboli, accentrandosi intorno a un’unità immaginaria, il Me, ossia facendo perno sull’immagine di sè, che estrania l’Io in un’alterità idealizzata e conferisce al mondo un carattere antropomorfico. L’inconscio, infatti, non ha un centro e quindi anche l’uomo ò eccentrico e perde la propria unità nel momento in cui si riconosce nell’alterità della sua immagine esteriore, nella quale vengono a stratificarsi le sue identificazioni ideali. Secondo Lacan, ò impossibile la ricomposizione dell’Io col Me: tra essi si colloca l’immaginario della pulsione di morte. Analogmente resta inattingibile il reale in sè, perchè in mezzo c’ò sempre il simbolico: il divieto paterno, spostando la pienezza del legame con la madre, ha fatto sì che si desidera ciò che non si ha, cosicchò il reale diventa lo scopo irraggiungibile, che perpetua eternamente il desiderio.
- 1900
- Filosofia - 1900