Jacques-Louis David: la vita
Jacques-Louis David (1748 – 1825), grande interprete della pittura neoclassica, diviene il portavoce dei nuovi contenuti sociali e politici che stavano nascendo nella Francia rivoluzionaria e napoleonica. Fa da ponte tra la pittura accademica della seconda metà del Settecento e quella romantica che si svilupperà dopo la stagione napoleonica a opera soprattutto di Géricault e di Delacroix; lo rivela un capolavoro come L’assassinio di Marat, dove non prevale l’eccessiva enfasi declamatoria, bensì dominano l’atmosfera vibrante e la calda partecipazione al dramma del patriota ucciso, fissate in una immobilità solenne e tuttavia priva di retorica.
La svolta nella formazione dello stile del pittore francese avviene in Italia, a contatto con la pittura del Cinquecento e del seicento e con i reperti archeologici. Nel 1774, dopo diversi tentativi, David vince il Prix de Rome, premio istituito da Luigi XIV a vantaggio degli artisti: una specie di viaggio di studio in Italia. Il soggiorno italiano (1775 – 1781), è un evento di portata elevata nella carriera di David. Copia i modelli antichi visti ad Ercolano e Pompei, ma allo stesso tempo si mostra interessato ai grandi maestri del Seicento, primi tra tutti Poussin e Caravaggio, e al più classico dei pittori del Rinascimento italiano Raffaello.
Jacques-Louis David: le opere
Il primo risultato di questa ammirazione per l’Italia è il Belisario mendicante del 1781, con il quale ottiene l’ammissione all’Accadémie Royale di Parigi. Dopo quest’opera molte commissioni prestigiose piovono sul pittore, prima fra tutte quella della Corona francese per il Giuramento degli Orazi, ritenuto a ragione l’emblema della pittura neoclassica per l’estremo rigore che lo pervade. Il Giuramento degli Orazi è stato giudicato forse troppo affrettatamente come il manifesto delle idee repubblicane del pittore. È significativo infatti che un’opera come questa sia stata commissionata proprio dalla Corona francese; ciò induce a pensare che, sebbene David sia stato al centro di eventi politici e traumatici, il legame tra la sua arte e la politica non sia poi così stretto.
I capolavori eseguiti nel periodo rivoluzionario divengono altrettanti manifesti delle idee portate dalla rivoluzione, grazie alla capacità che hanno di concentrare l’attenzione sul momento culminante, così da risultare concisamente illustrativi.
Gli episodi cui lo stesso pittore dovette assistere durante i tumulti parigini e il riacquistato senso di partecipazione corale alla vita della nazione lasciano nell’opera di David un segno che riguarda non soltanto l’evolversi stilistico o tematico, ma, più profondamente, l’enfasi delle scene alla vigilia del periodo napoleonico.
Del 1799 è il famosissimo quadro Le Sabine, commissionato dal Direttorio. David riempie la scena di una immensa moltitudine di comparse. Dal punto di vista stilistico il quadro segna una svolta. Tornando ai grandi soggetti storico – mitologici, con questa tela David inaugura un modo di organizzare la rappresentazione per masse corali: il gran numero di personaggi costringe a un procedimento d’indagine ottica, secondo il quale lo sguardo si sofferma sul particolare per poi trasferirsi al globale aumentando la grandiosità dell’effetto d’insieme. Il dipinto manifesta l’attenzione del pittore verso la scultura greca di cui riprende l’incisività del segno. I colori smorzati rendono la composizione sempre più simile a un bassorilievo antico.
David successivamente entra nell’orbita di Napoleone e ne diviene, nel 1804, il pittore ufficiale. La sua arte, ideologicamente incline alla celebrazione dei miti antichi resuscitati nella contemporaneità, trova in Napoleone il nuovo eroe capace di risolvere le sorti della patria in pericolo. Nei ritratti l’Imperatore è inteso come un personaggio della classicità e la celebrazione dei suoi fasti diventa l’occasione per una grandiosa evocazione dell’epoca intera.
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