Vita e opere La vita di Jacques Maritain (nato a Parigi nel 1882, morto a Tolosa nel 1973) ò suddivisibile in quattro periodi. Nel periodo giovanile, tra il 1900 e il 1906, si collocano alcuni incontri fondamentali: oltre che con Raissa Oumancà§off (Rostov, 1883 – Parigi, 1960), che divenne sua moglie, con Pèguy, Bergson, Bloy, che influì sulla conversione dei Maritain avvenuta nel 1905. Nel secondo periodo, che va dal 1905 al 1930, Maritain visse in Francia (salvo il biennio degli studi di biologia a Heidelberg presso H. Dreisch) e contribuì alla rinascita del tomismo, pubblicando nel 1914 la sua prima opera su “La filosofia bergsoniana” e nel 1922 il volume intitolato “Antimoderno”, e creando, nello stesso anno, i cosiddetti Circoli tomistici. Dal 1914 ò professore di storia della filosofia moderna all’Institut Catholique di Parigi. Dal 1923 a Meudon la casa dei Maritain diventa luogo di incontri culturali di filosofi, teologi, scrittori, poeti, artisti. Prosegue la sua attività di professore (dal 1928 insegna logica e cosmologia) e di conferenziere in Francia e in vari paesi europei e americani. Nel 1926 avviene il distacco dall’ “Action Franà§aise”, movimento di destra, per il quale aveva simpatizzato prima della condanna di Pio XI. Dal 1930 al 1960 si colloca un nuovo periodo, che ò avviato dallo scritto “Religione e cultura”. Nel 1932 pubblica il suo capolavoro, “Distinguere per unire (o i gradi del sapere)”, e nel 1936 l’opera sua più famosa, “Umanesimo integrale”, che susciterà intorno a Maritain vivaci polemiche. Tra il ’35 e il ’37 prende posizione contro l’invasione dell’Etiopia, il bombardamento di Guernica, la guerra di Spagna. A causa del nazismo i Maritain si trasferiscono negli Stati Uniti (1940-44) e a New York Jacques insegna nelle università di Princeton e della Columbia, e tiene conferenze in numerose città americane. à anche tra gli animatori della resistenza francese. Nel 1942 pubblica ” I diritti dell’uomo e la legge naturale”, l’anno successivo “L’educazione al bivio”, e nel 1944 il volume di metafìsica e morale significativamente intitolato “Da Bergson a Tommaso d’Aquino”. Dal 1944 al 1948 ò a Roma quale ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. In questo periodo pubblica due sintetiche ma importanti opere: il “Breve trattato dell’esistenza e dell’esistente” e “La persona e il bene Comune” (1947). Dal 1948 al I960 i Maritain risiedono nuovamente negli USA, e a Princeton Jacques insegna filosofia morale. Importante anche il suo contributo in tema di diritti umani e di pace. Nel 1951 pubblica il suo capolavoro di filosofia politica, “L’uomo e lo stato”; nel 1953 il suo testo base di estetica, “L’intuizione creativa nell’arte e nella poesia”; nel 1957 le lezioni “Per una filosofia della storia”; nel 1959 la sua opera pedagogica completa, “Per una filosofia dell’educazione”, e nel 1960 l’esame storico di “Filosofia morale”. Nel 1960, durante uno dei periodici rientri in Francia, Raissa muore a Parigi. L’ultimo periodo va dal 1960 al 1973, quando Maritain vive presso la comunità di Tolosa dei Piccoli Fratelli di Gesù. Nel 1961 riceve dall’Accademia francese il Gran Premio della Letteratura, e nel 1963 riceve il Gran premio nazionale delle Lettere. Durante il Concilio ecumenico Vaticano II ò da Paolo VI più volte interpellato su alcune questioni dibattute. Nel 1965 Papa Montini gli consegna il Messaggio dei Padri conciliari agli intellettuali. Nel 1966 pubblica “Il contadino della Garonna” sul concilio e sul dopo-concilio, e il libro pone Maritain al centro di rinnovate polemiche. Nel 1970 entra a far parte dei Piccoli Fratelli di Gesù. La sua ultima opera, “Approches sans entraves”, esce postuma qualche mese dopo la sua morte. Le differenze nel pensiero di Maritain Sono essenzialmente due le peculiarità che contraddistinguono la filosofìa maritainiana: essa risulta caratterizzata per un verso da unitarietà di ispirazione e per altro verso da articolazione di percorso. Infatti, nell’itinerario speculativo di Maritain possono essere individuati trè periodi diversi e, insieme, può essere rintracciato un filo conduttore che li accomuna. Con ciò si intende dire che, sostanzialmente, il programma di Maritain ò rimasto sempre lo stesso, pur se specificato in diversi modi, anche in relazione alla contingenza storico-culturale. Riguardo alla costante, si può dire che il pensiero di Maritain si caratterizza (per usare il titolo di una delle sue prime opere) come antimoderno, nel senso che Maritain sviluppa una decisa critica alla modernità , di cui, peraltro, sa apprezzare certi aspetti; in altre parole, Maritain si caratterizza per un atteggiamento che, seppur critico nei confronti della modernità , non gli impedisce di coglierne gli aspetti positivi, di operare cioò una valutazione che ne mette in luce non solo le ” verità impazzite “, ma anche i ” guadagni storici “. Questi ultimi si possono adeguatamente valorizzare, a condizione di abbandonare l’orizzonte della modernità , vale a dire l’immanentismo, che non permette alla pur valida esigenza di umanesimo di essere effettivamente umanistica. Infatti, non l’umanesimo, ma il suo carattere antropocentrico ò ciò che Maritain critica. Pertanto, il suo programma può essere sintetizzato con il titolo di un’altra sua opera, “Umanesimo integrale” (1936): si tratta di un umanesimo antimoderno che attraversa la modernità pervenendo alla ultra-modernità , operando così una serie di acquisizioni oltre che di rifiuti. Quest’opera di discernimento ò effettuata grazie al tomismo, inteso come una filosofia cristiana che, ispirandosi a Tommaso, ò capace di accogliere e assimilare le anime di verità che si trovano nella cultura moderna e che, liberate dalla loro caratterizzazione immanentistica (o antropocentrica), sono conciliate con altre acquisizioni classiche, producendo un’inedita sintesi che va al di là del premoderno e del moderno, e caratterizza la posizione maritainiana come ultra-moderna (una filosofia per i tempi nuovi). Tale ò l’ umanesimo integrale, che ò umanesimo (cioò valorizzazione dell’uomo) in termini di integralità antropologica e integrazione assiologica; si tratta infatti di un umanesimo che vuole valorizzare tutto l’uomo, e dunque essere rispettoso della integralità della persona umana, e che vuole valorizzare quanto di positivo c’ò nelle diverse concezioni dell’uomo, realizzando una loro feconda integrazione. à, questo, il duplice significato dell’aggettivo “integrale” con cui Maritain qualifica il suo umanesimo, connotato come un ” ideale storico concreto ” da individuare attraverso una pars destruens (la critica all’antropocentrismo) e una pars costruens (la proposta di un nuovo umanesimo). La continuità del pensiero maritainiano non deve far dimenticare la diversità di momenti in cui si articola. Trè sono quelli fondamentali: il primo si colloca negli anni Dieci e Venti del Novecento; il secondo va dagli anni Trenta agli anni Cinquanta; il terzo comprende gli anni Sessanta e Settanta. Queste trè fasi, pur accomunate dal programma di nuovo umanesimo, si differenziano per il diverso modo in cui vengono configurate la parte destruens e quella costruens della riflessione maritainiana. Nel primo periodo la critica ò svolta soprattutto nei confronti del positivismo e dell’idealismo, e la proposta si connota come rinascita del tomismo. Nel secondo periodo la critica riguarda per un verso l’individualismo (borghese) e per altro verso il collettivismo (marxista), e la proposta ò quella di una nuova cristianità . Nel terzo periodo la critica concerne il relativismo e il nichilismo e la proposta va in direzione della liberazione dell’intelligenza e di una nuova spiritualità . Lungo questo percorso, Maritain svolge in chiave tomista una riflessione che può definirsi personalista, in quanto l’idea di persona ò alla base della critica e della proposta di Maritain in ciascuna fase del suo itinerario speculativo. Le diverse fasi del pensiero di Maritain Nella prima fase del suo pensiero, la posizione di Maritain si caratterizza come reazione alle culture della separazione e dell’identità . La separazione ò imputata a quelli che Maritain chiama i ” trè riformatori ” – Lutero, Cartesio e Rousseau (i quali hanno, rispettivamente, opposto natura e grazia, ragione e fede, natura e ragione) – e all’identità operata in diverso modo dall’idealismo e dal positivismo. A tutto ciò Maritain risponde rivendicando il valore del tomismo come filosofia dell’essere incentrato sulla persona, che ò da difendere nella sua universalità di contro agli individualismi e nella sua concretezza di contro ai trascendentalismi. In questa prima fase la concezione maritainiana ò essenzialmente anti-individualista (contro i trè riformatori) per un verso e anti-monista (contro l’idealismo e il positivismo) per l’altro. La seconda fase vede Maritain impegnato contro gli imperialismi culturali antichi e moderni e contro i totalitarismi ideologici di destra e di sinistra; ò così che Maritain si fa assertore di una epistemologia e di una metafisica esistenziali, caratterizzate dal pluralismo noetico e realistico in alternativa all’ontologismo classico e allo scientismo moderno, non meno che all’idealismo e al positivismo, e si fa anche assertore di un personalismo in termini di difesa della dimensione individuale in alternativa al collettivismo, e della dimensione comunitaria in alternativa all’individualismo. Al liberalismo e al socialismo, che approdano, nei loro esiti estremi, al totalitarismo nazista e a quello sovietico, Maritain oppone il personalismo caratterizzato in senso pluralistico e solidaristico. Sono emblematiche di queste vedute opere come “I gradi del sapere” e “Umanesimo integrale”, che, dal punto di vista della filosofia dell’essere e del sapere per un verso e della filosofia della cultura e della politica per l’altro, sono alternative al neopositivismo, all’esistenzialismo, al marxismo. Quello di Maritain ò un umanesimo che s’ispira al Vangelo; ma tale richiamo ha carattere non specificamente confessionale ma etico, non propriamente religioso ma valoriale, mettendo in luce ciò che nella sua radice ò motivato cristianamente ma nella sua espressione ò aperto universalmente. Da “Lettera sull’indipendenza” del 1935 a “La persona e il bene comune” del 1947, il personalismo maritainiano viene presentato come una terza via; in realtà ò una vera e propria via alternativa, che non ha nulla di mediano. Infatti, per quanto conservi il richiamo a certi valori liberali e socialisti (che poi, secondo Maritain, sono valori cristiani secolarizzati), va oltre l’individualismo borghese e il collettivismo marxista, e rifiuta con decisione il loro esito immanentistico e le varie forme di totalitarismo ideologico in cui sboccano, così come il realismo maritainiano dal punto di vista metafisico e noetico si caratterizza per un organico pluralismo, in base al quale si rispettano le articolazioni della realtà e i gradi del sapere, superando gli imperialismi di tipo ontologico e quelli di tipo empiriologico. Nella terza fase, il filosofo nella società (come suona il titolo di un’opera del 1960) si trova impegnato a far valere le ragioni della filosofia dell’essere e della persona in un contesto storico profondamente mutato, per cui deve misurarsi con nuove sfide culturali, sociali, religiose ed educative. Sotto questo profilo opere come i due discorsi sulla pace, “L’uomo e lo stato”, “Il contadino della Garonna” e “Per una filosofia dell’educazione” offrono interessanti indicazioni in direzione di una rinnovata ispirazione personalista capace di far fronte al nichilismo veritativo, al machiavellismo politico, al secolarismo antireligioso e al totalitarismo tecnocratico. In particolare, “L’uomo e lo stato” condivide con le opere precedenti l’ispirazione personalista (evidente fin dal titolo con la priorità data all’uomo, di cui l’opera rivendica il primato quale persona rispetto allo Stato quale strumento), ma diversamente da opere precedenti insiste su un concetto più laico di democrazia come razionalizzazione etica della vita sociale: il suo fondamento ò la persona (da qui il richiamo ai diritti, come espressione della sua dignità ); il suo metodo ò il pluralismo di tipo collaborativo e non disgregante, e il suo fine ò la pace non come assenza di conflitti ma come capacita di risolverli in modo non violento anche attraverso organismi internazionali. La nuova sfida ò, dunque, quella della società complessa, caratterizzata dalla tentazione del relativismo. Da qui l’attenzione riservata al problema del rapporto tra verità e libertà e al significato della tolleranza. Questa non va intesa come sopportazione (che nasconde l’integralismo) nò come indifferenza (che approda allo scetticismo), ma come dialogo che si realizza nell’amicizia, cioò nel confronto e nella collaborazione. Dunque nelle trè fasi dell’itinerario maritainiano troviamo prima un’impostazione prevalentemente anti-individualistica, poi anti-ideologica e infine anti-relativistica: di volta in volta si ò configurato un bivio, di cui una delle due possibilità ò quella umanistica in opposizione rispettivamente all’individualismo, all’ideologismo e al nichilismo. Trè espressioni, queste, che a ben vedere hanno qualcosa in comune: l’incapacità di tenere insieme elementi che, invece, sono coessenziali: la verità e la libertà , senza le quali l’idea stessa di persona ò compromessa. Da parte di Maritain c’ò dunque il rifiuto dell’enfatizzazione dell’individuo (come nei trè riformatori), dello Stato (come nei totalitarismi) e, della massa (come nella società dei consumi): la persona ò più che l’individuo egocentrico, ò più che lo Stato totalitario, ò più che la società massificata. La persona ò soggetto, che ” ha fame e sete dell’essere ” ed ò impegnato nella ” conquista della libertà “. Da quanto detto, dovrebbe risultare che Maritain dagli anni Venti agli anni Trenta agli anni Sessanta ò stato impegnato in un’inedita riproposta del tomismo, finalizzata a rendere possibile una conciliazione di pre-modemo e moderno (in quello che l’uno e l’altro hanno di positivo) per una concreta difesa della persona umana nei diversi campi del conoscere, dell’agire e del fare. Esaminiamo dunque più da vicino questi diversi settori – epistemologico, politico, pedagogico ed estetico – in cui Maritain ha dato il suo contributo di impegno speculativo e pratico. I temi principali In Maritain l’idea di epistemologia si configura come teoria del sapere, in quanto secondo lui il sapere non ò solo quello sapienziale (del pensiero classico) nò solo quello scientifico (del pensiero moderno), ma ò sia sapienziale che scientifico, e pertanto una teoria del sapere deve occuparsi dell’uno e dell’altro. Le scienze si distinguono in scienze empiriche e scienze formali. Le scienze empiriche (che Maritain chiama “empiriologiche”) si distinguono in “scienze empiriometriche” (matematizzate) e “empirioschematiche” (non matematizzate): le prime si subordinano in senso forte alla matematica, cioò non si costituiscono senza di essa, invece le seconde si subordinano in senso debole alla filosofia, cioò si costituiscono senza di essa, seppure ad essa si colleghino per essere complete. Mentre le scienze sperimentali si collocano al primo grado di astrazione, le scienze matematiche si collocano al secondo grado. Mentre quelle sono induttive, queste sono deduttive. Ma, pur nella differenza, le une e le altre si configurano come sapere di tipo scientifico. Invece, hanno una caratterizzazione ontologica la filosofia della natura, che si colloca al primo grado di astrazione, e la metafìsica, che si colloca al terzo grado di astrazione formale. Bisogna peraltro ricordare che ” tutti e trè i gradi della visualizzazione astrattiva sono, a diverso modo, impegnati con l’essere (non solo la conoscenza metafìsica) “. Per Maritain si tratta insomma di tenere ferma la verità di Aristotele (il sapere ontologico della natura) e la verità di Galilei e di Kant (il sapere empiriologico della natura); il problema contemporaneo ò quello di sviluppare la filosofia della natura tenendo conto dei progressi della scienza della natura. Lo sviluppo della filosofia della natura ò positivo in relazione non solo alle scienze, ma anche alla metafìsica. Con l’ ontologia entriamo nel dominio della sapienza, che ò filosofica, ma non solo filosofica; oltre alla metafisica, che ” ò una sapienza della ragione ” ed ” ò naturale per sua essenza “, ò bene riconoscere il sapere teologico, che si distingue in teologia dogmatica, che ” ò una sapienza di fede e di ragione, una sapienza di fede che usa la ragione “, e teologia mistica, che ” ò una sapienza di amore e di unione “. Dunque, al culmine dei gradi del sapere si trova la mistica, la cui specificità ò innegabile, ma ò altrettanto innegabile che pure si tratta di un sapere, da tenere distinto e unito agli altri gradi del sapere. Bisogna subito rilevare che il problema politico ò stato tra i problemi privilegiati da Maritain, anzi, si può senz’altro affermare che ad esso l’autore ha dedicato il maggior numero di opere. La cosa non deve stupire, perchè, in una qualche maniera, nella politica trova il banco di prova la filosofìa maritainiana, che mostra come le impostazioni di carattere ontologico ed epistemologico, lungi dall’essere astratte questioni, costituiscano invece il fondamento dell’agire e del fare: la morale e la politica per un verso, la pedagogia e l’estetica per l’altro risultano i terreni privilegiati per tradurre i princìpi metafìsici nella concretezza dell’essere persona. Detto questo, bisogna aggiungere che, tra i tanti problemi politici affrontati da Maritain, quello principale ò il problema della rifondazione della democrazia, un problema che si colloca nell’orizzonte del significato che deve essere attribuito alla politica. Due le concezioni che si scontrano al riguardo: quella tecnica o antiumanistica e quella etica o umanistica: l’opzione maritainiana ò stata sempre per quest’ultima, chiarita compiutamente lungo un itinerario che si può suddividere in trè fasi. Nel decennio che va da “Antimoderno” (1922) a “Strutture politiche e libertà ” (1933) si ha un periodo di preparazione, in cui prevale un atteggiamento di critica della democrazia, così come si era andata configurando: non si tratta di un Maritain antidemocratico, bensì di un Maritain critico delle contraddizioni che rinviene in certa democrazia reale. Proprio dalla denuncia delle fragilità della democrazia si fa strada in Maritain l’esigenza di operare una sua rifondazione: dunque, prima ancora che in presenza dei totalitarismi ideologici, ò in presenza della pseudo-democrazia (fattore favorente di questi stessi totalitarismi) che Maritain avvia la sua riflessione di filosofo della politica. Una riflessione che viene sviluppata nel decennio che va dal 1933 al 1943: in questo periodo – che comprende opere come “Umanesimo integrale” e “Cristianesimo e democrazia” – Maritain ò impegnato nella lotta ai totalitarismi ideologici (frutto del machiavellismo) e nella legittimazione della democrazia in termini religiosi, evidenziando il nesso tra democrazia e cristianesimo sul piano valoriale. Contemporaneamente, non manca di denunciare ancora una volta i pericoli di una pseudo-democrazia che prepara il totalitarismo tecnologico. Le varie forme di totalitarismo nascono da una politica che, in modi diversi, non riesce ad essere autenticamente democratica. Il problema allora – e siamo al periodo che va dal 1943 al 1969 cioò da “L’educazione al bivio” alla seconda edizione di “Per una filosofia dell’educazione”- è quello di evidenziare la connotazione umanistica della politica, il che significa per un verso denunciare la tentazione della tecnocrazia e per altro richiamare ancora una volta alla dimensione etica della democrazia. Nella rifondazione che della democrazia Maritain opera in termini etico-religiosi, prima, ed etico-laici, poi, rimane costante l’individuazione dei caratteri distintivi della democrazia, mentre variano le motivazioni legate prima all’idea di “nuova cristianità ” (“Umanesimo integrale”) e poi all’idea di società pluralistica (“L’uomo e lo stato”). Ma al di là di queste diverse ispirazioni, ò costante l’indicazione di una democrazia come politica personatistica, pluralistica, comunitaria e antiperfettistica, cioò fondata: sul primato della persona come valore in sè; sul rispetto del pluralismo come valorizzazione delle diversità individuali istituzionali, culturali ecc, sul raggiungimento del bene comune, che non ò la somma dei beni individuali o della maggioranza, ma ò il bene della società in quanto composta di persone; sulla consapevolezza che nulla di mondano può essere assolutizzato, per cui riconoscere l’assoluto come trascendente può immunizzare dalla tentazione del perfettismo politico. Per tutti questi caratteri, la democrazia configura la politica come razionalizzazione etica, e non come mera razionalizzazione tecnica. La pedagogia Anche se la produzione pedagogica di Maritain non ò quantitativamente rilevante (al problema dell’educazione ha, infatti, dedicato uno solo dei sessanta volumi che compongono la sua opera omnia ), ò da dire che rilevante ò l’importanza di “L’educazione al bivio” ( primo nucleo di “Per una filosofia dell’educazione”) sia in sè, come si può vedere esaminando le diverse edizioni dell’opera; sia in collegamento ai capolavori di filosofia politica come “Umanesimo integrale” (per realizzare un umanesimo integrale ci vuole un’educazione integrale) e “L’uomo e lo stato” (per attuare la democrazia ci vuole anche l’insegnamento del valore della democrazia); sia nel contesto dell’itinerario speculativo maritainiano, di cui condivide la duplice connotazione di continuità e differenziazione (per cui l’educazione ò sempre un processo di umanizzazione da realizzare in modo aderente alle divise situazioni culturali e storiche); sia, infine, nell’ambito del dibattito pedagogico novecentesco, con particolare riguardo al rapporto tra pedagogia e filosofia e tra pedagogia e politica. Maritain, senza misconoscere il contributo delle scienze dell’educazione e delle tecnologie nell’insegnamento, richiama con decisione la connotazione filosofica della pedagogia, e insieme il suo stretto nesso con la politica, nel senso che c’ò tra educazione e democrazia un circolo virtuoso, per cui una implica l’altra vicendevolmente essendo entrambe finalizzate a rendere possibile all’uomo la conquista della libertà . E’ beneinsistere sul nesso educazione-democrazia, rilevando che i trè momenti corrispondenti alle trè edizioni dell’opera pedagogica di Maritain (nel 1943 esce “L’educazione al bivio”, che costituirà la prima parte di “Per una filosofia dell’educazione”, pubblicata nel 1959 e poi ripubblicata, con modifiche, nel 1969), rappresentano altrettanti momento di quella rifondazione della democrazia a cui Maritain era tanto legato. Negli anni ’40, la democrazia viene vista come l’alternativa politica al totalitarismo ideologico, cioò al nazifascismo, alla cui cultura della morte viene contrapposta la cultura della vita così come al primato dello stato e della razza viene contro il primato della persona e dei valori: su tutto ciò deve insistere l’educazione. Negli anni Cinquanta l’ accento viene posto sul pluralismo (peraltro già richiamato precedentemente) come condizione per valorizzare concretamente la persona e permettere il perseguimento del bene comune, e ancora una volta l’educazione si fa carico di tali istanze. Infine, negli anni Sessanta il valore della democrazia viene affermato in contrapposizione al nuovo totalitarismo, quello tecnologico, che tende per un verso all’individualismo e per altro verso alla massificazione. Le ragioni della democrazia contro lo statalismo, il prassismo e la tecnocrazia sono le ragioni stesse dell’educazione, che può aiutare a tenere vive le motivazioni etiche, ossia umanistiche, della democrazia, richiamando la necessità che la politica sia incentrata sulla persona umana e finalizzata al bene comune nel rispetto del pluralismo. Ad una tale impostazione, l’educazione deve aspirare secondo la sua specificità , per cui muove dall’antropologia e, attraverso la metodologia, mira alla teleologia. Questo, tradotto maritainianamente, significa muovere dall’educando concepito come persona in crescita (ma persona a pieno titolo), di cui l’educazione costituisce il ” risveglio umano “; significa, poi, puntare alla sua formazione integrale e armonica, che superi cioò le unilateralità e le scissioni, che Maritain denuncia nei cosiddetti sette errori dell’educazione contemporanea, per cui l’educazione si trova al bivio, nel senso che ò chiamata a scegliere tra un’impostazione umanistica e posizioni pseudo-umanistiche o addirittura anti-umanistiche; significa, infine, adottare una metodologia nò permissiva nò autoritaria ma all’insegna della libertà come conquista che trova nell’educazione liberale (umanistica) per tutti la condizione per evitare il vuoto metafìsico ed etico, nemico dell’educazione non meno che della democrazia. Nei quarant’anni lungo i quali ha sviluppato la sua concezione estetica, Maritain ha dedicato all’argomento molteplici scritti: quello estetico ò, infatti, uno dei problemi su cui il filosofo si ò più arrovellato, e anche in questo caso il suo itinerario mostra una sostanziale continuità e, insieme, una non minore esigenza di specificazione. Così, costante ò l’esigenza – espressa fin dalla prima opera, “Arte e scolastica” – di evitare l’intellettualismo e l’irrazionalismo estetici: l’arte si distingue per un duplice carattere: ò intellettuale (ò virtù dell’intelletto pratico) e autonoma (nel suo dominio ò sovrana). Detto questo, bisogna aggiungere che l’arte trova nella poesia la sua espressione più elevata, e che la caratteristica peculiare della poesia ò l’intuizione (o emozione) creatrice, che nasce da quel preconscio spirituale che ò stato trascurato dalla psicoanalisi, la quale ha insistito solo sull’inconscio materiale. In tal modo, sulla concezione tomistica dell’arte come recta ratio factibilium s’innesta una moderna concezione (espressa in opere come “Frontiere della poesia” e “L’intuizione creatrice nell’arte e nella poesia”) della poesia come creatività , che ” nasce nell’anima alle misteriose fonti dell’essere “, per cui la poesia risponde all’esigenza di creare e manifestare in bellezza. Si può dunque affermare che per Maritain la poesia ò per un verso naturalmente collegata all’arte, e per altro verso essa trascende l’arte: sia perchè la poesia ò attuazione della libera creatività dello spirito (nell’arte invece l’attività creativa non ò libera, ma finalizzata alla produzione e fruizione dell’opera), sia perchè la poesia ò conoscenza, cioò a modo suo comunione spirituale con l’essere (mentre l’arte appartiene alla sfera operativa). Con la conseguenza che la poesia si estende oltre il piano dell’arte, nel senso che una speciale espressione poetica può rientrare in qualsiasi attività , quando l’animo dell’uomo abbia però raggiunto certe grandezze; in tal caso, però, la poesia ò come imprigionata; pertanto si può affermare che la poesia trascende l’arte, e questa tuttavia rimane il suo vero dominio. Chiarito il rapporto dell’arte con la conoscenza, ò opportuno fare ora riferimento a quella che Maritain chiama “La responsabilità dell’artista” e che dà il titolo alla sua ultima opera di estetica, dove Maritain rivendica l’ autonomia dell’arte e della morale (in quanto la prima riguarda l’opera e la seconda l’uomo), ma insieme ne evidenzia il collegamento, giacchè l’uomo appartiene all’una e all’altra come produttore intellettuale e agente morale. Ancora una volta si tratta di distinguere per unire, cosa diversa dal separare o dall’identificare. Sulla base della sua impostazione, Maritain rifiuta la concezione anarchica (secondo cui ” non ha importanza ciò che si scrive “) e quella totalitaria (secondo cui ” ciò che si scrive deve essere controllato dallo stato “), così come rifiuta l’estetismo (secondo cui l’arte ò per l’arte) e il populismo (secondo cui l’arte ò per il popolo). Anche il rapporto dell’artista con la società va visto all’insegna ” di un vero senso del bene comune e del rispetto dell’intelligenza e della coscienza, che il bene comune richiede come base “. In questa prospettiva si deve collocare la libertà dell’arte, che pertanto non ha carattere assoluto, in quanto la società umana legittimamente può voler proteggersi da certe conseguenze prodotte da opere artistiche: in tal caso, però, ” ò compito della comunità sociale più che dello stato ” e occorre far leva sull’opera educativa, sull’ ethos nazionale, sull’esercizio di vantazione, sull’autoregolamentazione responsabile, sulla libera discussione e sulla critica. Si devono soprattutto richiamare la prima e l’ultima di queste funzioni: quella dell’educazione, che ” fornisce alla mente i poteri vitali di resistenza, criticità e discriminazione “, e quella della critica, che ha ” un compito di purificazione e illuminazione incessante, prima riguardo all’attività creativa stessa dell’artista, in secondo luogo riguardo alla consapevolezza comune delle persone “.
- 1900
- Filosofia - 1900