Jean Piaget nacque il 9 agosto 1896, a Neuchà¢tel, Svizzera. Suo padre, uno storico dedito alla letteratura medievale, ò descritto da Piaget come “un uomo con una mente molto coscenziosa e critica, che disdegna fortemente le generalizzazioni improvvisate e che non teme di dare avvio a una battaglia quando scopre che una verità storica ò rigirata per adattarsi a tradizioni rispettabili” [Piaget 1952, 237]. Piaget ricorda sua madre come una persona intelligente, energica e dolce, ma con un temperamento nevrotico che lo ha portato sia a imitare il padre, sia a rifugiarsi in quello che Piaget ha chiamato un “mondo privato e non fittizio”, un mondo di lavoro serio. Piaget riconosce che la situazione turbolenta della sua famiglia ha creato in lui l’interesse per la teoria psicoanalitica. Sarebbe più facile elencare ciò che non interessava Piaget da bambino piuttosto che ciò che lo interessava. Un campìone dei suoi interessi comprendeva la meccanica, le conchiglie di mare, gli uccelli e i fossili. Uno dei suoi primi scritti ò stato un opuscolo (scritto in matita, perchè non gli era ancora permesso di scrivere con l’inchiostro) in cui descriveva un “autovap”, un’interessante unione fra un carro e una locomotiva. La prima pubblicazione di Piaget fu un articolo di una pagina, su un passero albino che egli aveva osservato nel parco. Questo risultato fu raggiunto all’età di 10 anni, molto prima che venisse a conoscenza del detto “pubblica o muori! “. L’interesse di Piaget per le raccolte esibite al museo di storia naturale locale, gli valsero l’invito del direttore ad assisterlo nella sua collezione di molluschi di mare. Così Piaget entrò nel campo della malacologia, lo studio dei molluschi, che catturò la sua attenzione per anni. Le pubblicazioni di Piaget sui molluschi attrassero in qualche misura l’attenzione degli studiosi di storia naturale. Senza che fosse conosciuto di persona, gli fu offerta la cura della sezione mulluschi al museo di storia naturale di Ginevra. Egli dovette però declinare l’offerta in quanto non aveva ancora completato la scuola secondaria! Piaget non si sottrasse alle crisi sociali e filosofiche tipiche dell’adolescenza. I conflitti fra l’insegnamento religioso e quello scientifico lo stimolarono a leggere avidamente Bergson, Kant, Spencer, Comte, Durkheim e William James, fra gli altri. Questa inquietudine filosofica viene espressa in un romanzo filosofico, pubblicato nel 1917. Che questo romanzo non divenne un best-seller lo si può capire leggendo frasi come queste: “Ora non ci può essere consapevolezza alcuna di queste qualità , perciò queste qualità non possono esistere, se non c’ò relazione fra di esse, se cioò non sono mescolate in una qualità globale che le contiene pur mantenendole distinte”, e “una teoria positiva della qualità che prenda in considerazione solo le relazioni di equilibrio e disequilibrio fra le nostre qualità ” [Piaget 1952, 241]. Piaget osservò che “nessuno parlò di quello scrhto, ad eccezione di due filosofi indignati” [ibidem, 243]. Piaget continuò a scrivere intorno a una quantità di questioni. filosofiche. Egli annota: “Scrissi anche se lo facevo solo per me stesso, poichè non potevo pensare senza scrivere, ma doveva essere fatto in modo sistematico, come se si trattasse di un articolo da pubblicare” [ibidem, 241]. In questi scritti si possono ritrovare temi che sono fondamentali nei successivi scritti di Piaget, quali l’organizzazione logica delle azioni e la relazione fra le parti e il tutto. Piaget completò i suoi studi formali in scienze naturali e prese la laurea con una tesi sui molluschi all’Università di Neuchà¢tel, nel 1918 all’età di 21 anni. Nonostante fino a quel momento egli avesse già pubblicato più di venti lavori, egli non era per niente ansioso di dedicare la sua vita alla malacologia. Dopo aver visitato i laboratori di psicologia a Zurigo e aver brevemente esplorato la teoria psicoanalitica, Piaget passò due anni alla Sorbonne. Lì studiò psicologia e filosofia. Fortunatamente (per la psicologia dello sviluppo), Piaget incontrò Thèodore Simon, un pioniere nello sviluppo dei test di intelligenza. Simon, che aveva a disposizione il laboratorio di Alfred Binet in una scuola di Parigi, suggerì a Piaget di standardizzare i test di ragionamento di Binet sui bambini di Parigi. Piaget cominciò il lavoro con scarso entusiasmo, ma il suo interesse aumentò quando comincio a chiedere ai bambini le giustificazioni alle risposte corrette e scorrette da loro date. Cominciò ad essere affascinato dai processi di pensiero che apparivano guidare le risposte. In queste “conversazioni” egli faceva uso di tecniche psichiatriche che aveva appreso quando intervistava malati mentali per il corso che seguiva alla Sorbonne. All’insaputa di Simon, Piaget continuò questo studio per due anni. La successiva pubblicazione di tre articoli basati sulla ricerca condotta nel laboratorio di Binet gli procurò nel 1921 l’offerta di diventare direttore degli studi all’Istituto J. J. Rousseau a Ginevra. Piaget progettava di passare solo cinque anni a studiare la psicologia del bambino (un piano che, fortunatamente, non riuscì). La libertà e le facilitazioni per la ricerca che Piaget ha avuto in questa posizione nutrirono le sue tendenze produttive e lo condussero a pubblicare cinque libri: Il linguaggio e il pensiero del fanciullo (1923), Giudizio e ragionamento nel bambino (1924), La rappresentazione del mondo nel fanciullo (1926), La causalità fisica nel bambino (1927), Il giudizio morale nel fanciullo (1932). Con sua grande sorpresa, i libri vennero letti e discussi diffusamente. Egli divenne noto come psicologo dello sviluppo, anche se non aveva la laurea in psicologia. Era molto richiesto per conferenze e in Europa la sua fama crebbe rapidamente. Questa attenzione del pubblico in qualche modo disturbava Piaget, anche perchè pensava che le idee espresse nei suoi libri fossero preliminari e poco solide, piuttosto che affermazioni definitive come molta gente riteneva. Negli anni immediatamente seguenti, Piaget continuò le sue ricerche all’Istituto, insegnò filosofia all’Università di Neuchà¢tel, imparò la teoria della Gestalt, osservò i suoi figli e persino condusse qualche ricerca sui molluschi nel suo tempo libero! Dal 1929 al 1945, egli occupò diverse posizioni accademiche e amministrative all’Università di Ginevra, come pure posti internazionali, come la presidenza della commissione svizzera dell’Unesco. Intrattenne collaborazioni produttive con Mina Szeminska, Barbei Inhelder e Marcel Lambercier su temi come la manipolazione di oggetti, le nozioni di numero, di quantità fisica, di spazio e lo sviluppo della percezione. Venuto a conoscenza del lavoro di Piaget, Albert Einstein lo incoraggiò ad occuparsi dei concetti di tempo, velocità e movimento. In seguito a questo suggerimento, Piaget scrisse due libri stimolanti: Le dèveloppement de la notion du temps chez l’enfant (1946) e Les notions du mouvement et de la vitesse chez l’enfant (1946). Gli anni Quaranta e Cinquanta furono segnati da ricerche su una straordinaria varietà di temi: vari aspetti dello sviluppo mentale, filosofia della conoscenza (la sua vecchia passione), educazione, storia del pensiero e logica. Fra i suoi titoli c’era quello di Professore di Psicologia all’Università ‘ di Ginevra e della Sorbonne, Direttore dell’Istituto di Scienze dell’Educazione e Direttore dell’Ufficio Internazionale dell’Educazione. Inoltre, fondò il Centro di Epistemologia Genetica, un punto d’incontro per filosofi e per psicologi. Nel 1969, la American Association assegnò a Piaget il Distinguished Scientific Contribution Award “per la sua prospettiva rivoluzionaria sulla natura della conoscenza dell’uomo e dell’intelligenza biologica” [Evans 1973, 143]. Fu il primo europeo a ricevere tale riconoscimento. Piaget continuò a studiare il pensiero del bambino fino alla sua morte che avvenne il 16 settembre 1980, all’età dì 84 anni. Anche durante i suoi ultimi anni, libri e articoli continuarono a uscire dalla sua casa, il Centro di Epistemologia Genetica. I suoi ondeggianti capelli bianchi, la pipa, il berretto e la bicicletta erano una vista familiare a Ginevra. Abbiamo la seguente descrizione di Piaget a 70 anni: “Si muove in modo deliberato, ma i suoi occhi azzurri brillano di giovinezza, buon umore ed entusiasmo. Era benevolo ma non così pesante da assomigliare a Babbo Natale; piuttosto, richiamava vagamente delle immagini di Franz Liszt che fossero scese fra di noi” [Tuddenham 1966, 208]. Non si può fare a meno di essere colpiti dalla straordinaria produttività di Piaget. Una stima conservativa dei suoi scritti parla di un numero di libri superiore a quaranta e più di 100 articoli solo di psicologia del bambino. Se si aggiungono le pubblicazioni di filosofia e di educazione, le cifre si gonfiano ancora di più. Il pensiero Lo studioso che ha maggiormente contribuito a modificare l’immagine del fanciullo e dell’educazione nel XX secolo ò Jean Piaget, benchè non sia un pedagogista, ma uno psicologo. Il suo apporto alla psicologia dell’età evolutiva consiste nell’aver dato una consistenza concreta e scientifica all’idea della pedagogia moderna (da Rousseau all’attivismo) circa la specificità della natura infantile che nei suoi modi di pensare, agire, amare, fare, parlare ò profondamente diversa da quella dell’adulto. Per quanto attiene alla pedagogia, Piaget ha sempre sostenuto la necessità di un suo passaggio ad una fase scientifica con precisi punti di riferimento nella psicologia sperimentale, nella sociologia e nei raccordi interdisciplinari, anche se non la concepisce come una disciplina puramente applicativa. L’educatore, infatti, deve avere una preparazione psicologica e deve conoscere quanto gli viene offerto dalla psicologia, ma tocca poi a lui vedere come potrà utilizzare questo bagaglio conoscitivo ideando un insieme di tecniche da sperimentare e adattare personalmente. Certo Piaget ritiene che i tempi e la successione delle fasi di sviluppo psicologico siano immodificabili, togliendo in tal modo rilevanza ed efficacia all’intervento dell’adulto che non può nè cambiare nè accelerare questi aspetti. L’educazione dunque può solo preparare l’ambiente alla loro comparsa o al loro rinforzo. Poichè il motore dell’intelligenza ò la sua azione, l’educatore deve predisporre le condizioni idonee all’esercizio di questo fare, adeguando le sue richieste al livello di sviluppo dell’allievo e costruendo situazioni perchè questo adeguamento si produca. Questa centralità del fare (che si traduce in un “far fare”) costituisce il punto di vicinanza di Piaget con l’attivismo. Perciò lo scienziato svizzero, se ha sempre insistito sulla necessità di un adeguamento della scuola alle scoperte della psicologia, ha caldeggiato anche un nuovo profilo professionale degli insegnanti che conciliasse la padronanza dei contenuti disciplinari con una solida preparazione psicologica e un’adeguata capacità di gestione dei metodi e della scuola secondo valenze interdisciplinari. In questo senso la didattica deve essere psicologica e l’insegnante un ricercatore in grado di trovare le condizioni migliori per l’apprendimento e le sottostanti dinamiche psicologiche. Si spiega così anche lo sforzo di Piaget di indagare e chiarire le strutture logiche, linguistiche metodologiche delle discipline in quanto, insieme con la delineazione dei momenti di costruzione, formazione e mutamento delle strutture logiche, psicologiche, cognitive, linguistiche, etiche ecc. dovrebbe essere così possibile dare un’impostazione nuova e funzionale ai metodi, ai curricoli e alla programmazione scolastica. In un contesto storico contrassegnato da profondi cambiamenti sociali, economici e tecnologici, Piaget reca in tal modo il suo contributo ad un adeguamento della scuola e dell’educazione nel delicato momento del passaggio da una scuola d’èlite a una scuola di massa e a una formazione permanente.
- 1900
- Filosofia - 1900