La distinzione fondamentale tra fenomeni e noumeni, fra conoscenza e pensiero, pone un problema delicato per quanto concerne la conoscenza di sò, la cui soluzione crea numerose difficoltà al kantismo. Nell’ Estetica trascendentale vengono esposte in modo assolutamente parallelo due forme pure a priori della sensibilità : Kant non fa altro, apparentemente, che ripetere a proposito del tempo quello che aveva già detto a proposito dello spazio. Tuttavia non è così semplice ed è ora il senso interno ora quello esterno ad avere la meglio. Il primato del tempo consiste nel fatto che, dal momento che tutte le operazioni sono in definitiva operazioni dell’ anima, il tempo è la condizione a priori di tutti i fenomeni in generale: ogni oggetto deve essere conosciuto internamente. Nulla sfugge al senso interno. Ma da un altro punto di vista vi è un primato essenziale e notevole del senso esterno. La confutazione dell’ idealismo fa sì che gli stati interiori della nostra coscienza empirica, che si producono sotto la forma del tempo, siano tuttavia incapaci di realizzare da soli questa determinazione oggettiva del tempo che è la permanenza; hanno bisogno di appoggiarsi a qualche cosa che fuori di loro sia suscettibile a rimanere, e questo qualche cosa non può essere l’ io, dal momento che la rappresentazione è senza contenuto. Per Kant il tempo ha sempre bisogno di una simbolizzazione tramite lo spazio. Egli dimostra che abbiamo bisogno dello spazio per assumere e conoscere la nostra esistenza. La rappresentazione spaziale del tempo è quindi una necessità assoluta senza la quale il tempo non potrebbe essere conosciuto. E dato che per svelare il tempo siamo obbligati a tracciare una linea mentale, deve intervenire necessariamente la motricità del corpo, ma una motricità interna vissuta dal di dentro e che possiamo chiamare trascendentale. Così Kant distingue il movimento nello spazio e il movimento generatore dello spazio, il movimento come determinazione di un oggetto e il movimento come atto del soggetto ( Analitica trascendentale, 24 ). In questo modo Kant annuncia l’ importanza che la filosofia moderna attribuirà al corpo e alla motricità intenzionale, necessaria non solo alla costruzione dell’ oggetto geometrico, ma per svelare il tempo stesso. Non possiamo pensare una linea senza tracciarla con il pensiero, un cerchio senza descriverlo… e nemmeno il tempo senza tracciare una linea retta ( che deve essere la rappresentazione esterna figurata del tempo ) ( Critica della ragion pura ). Ne consegue che l’ esistenza stessa dell’ io è certa soltanto riferita all’ esistenza del permanente al di fuori di noi. Non vi è coincidenza fra sò e sò: il soggetto diventa storia tramite l’ esterno. Lasciato a se stesso nella successione temporale l’ io non sarà altro che successione, senza nulla che leghi gli istanti gli uni agli altri e li unisca. Lo spazio è la condizione necessaria della nostra permanenza e della nostra stabilità . Nel periodo precritico Kant era partito da una concezione leibniziana dello spazio ( il quale peraltro in quegli scritti occupava una posizione prioritaria rispetto al tempo ), inteso come rapporto tra i luoghi, cioò tra le posizioni di due oggetti: lo spazio era pertanto qualcosa di relativo, essendo definito non già da un termine di riferimento assoluto e unitario, ma semplicemente dalle distanze e dalle relazioni reciproche delle cose. Ciò impediva tuttavia di spiegare la differenza di quelli che Kant chiama gli ” omologhi incongruenti “, ad esempio la mano destra e la mano sinistra: in entrambe le mani, infatti, le relazioni spaziali tra le singole parti ( per esempio tra il pollice e il mignolo ) sono identiche e quindi, secondo la teoria relativa dello spazio, dovrebbero poter occupare lo stesso luogo, mentre è ovvio che in nessun modo la mano destra può riempire il volume occupato dalla mano sinistra ( basta provare a infilare la sinistra nel guanto proprio della destra per capire ). Occorreva dunque far riferimento a uno spazio assoluto, nel quale esistessero come determinazioni univoche la destra e la sinistra, il sotto e il sopra. Il modello di questo spazio era quello newtoniano, inteso come un contenitore metafisico nel quale le singole cose trovavano un posto definito in maniera univoca dall’ incontro di due coordinate. Tuttavia Kant era consapevole della difficoltà di dimostrare in base all’ esperienza la realtà di questo spazio, senza fare alcuna concessione alla metafisica speculativa. La soluzione giunse con la Dissertazione del ’70, nella quale Kant pervenne all’ idea che lo spazio e il tempo ( d’ ora in poi accomunati nelle sue analisi ) sono sì assoluti e universali, ma non nel senso di essere realtà esistenti fuori dal nostro pensiero, bensì nel senso di essere le forme a priori della nostra sensibilità , cioò le condizioni pure in base alle quali tutti gli uomini devono necessariamente, e quindi universalmente, percepire gli oggetti. La Critica della ragion pura, con i passi dell’ Estetica trascendentale che ora seguono, non farà che sancire, undici anni dopo, questa soluzione. Lo spazio è reale sul piano empirico, poichò ha la stessa realtà degli oggetti esterni così come noi li percepiamo in quanto fenomeni: infatti, senza lo spazio non possiamo avere alcuna esperienza del mondo esterno. Ma nello stesso tempo lo spazio è ideale sul piano trascendentale, poichò esiste solo come forma a priori della sensibilità : se pretendiamo di conferirgli una realtà indipendente dal soggetto, diversa da quella che gli compete appunto in quanto trascendentale, esso non è più nulla. Lo spazio non rappresenta affatto una proprietà di qualche cosa in sò, o le cose nel loro mutuo rapporto; ossia non è una determinazione di esse, che appartenga agli oggetti stessi, e che rimanga anche se si faccia astrazione da tutte le condizioni soggettive dell’ intuizione. Infatti nò le determinazioni assolute, nò quelle relative possono esser intuite prima dell’ esistenza delle cose alle quali appartengono, e quindi a priori. Lo spazio non è altro se non la forma di tutti i fenomeni dei sensi esterni, cioò la condizione soggettiva della sensibilità , condizione alla quale soltanto ci è possibile un’ intuizione esterna. [… ] Poichò le condizioni particolari della sensibilità non possiamo renderle condizioni della possibilità delle cose, ma solo dei loro fenomeni, così possiamo dire, che lo spazio abbraccia tutte le cose che possono apparirci esternamente, ma non tutte le cose in se stesse, siano esse intuite o no, e da qualsivoglia soggetto. ( Estetica Trascendentale ) Gli oggetti del senso interno ( i diversi stati successivi che il soggetto intuisce di se stesso ) sono dati sempre soltanto nel tempo, poichò è impossibile una loro rappresentazione nello spazio. Gli oggetti del senso esterno, viceversa, vengono dati originariamente nello spazio, che è appunto la forma a priori del senso esterno; ma in quanto nell’ atto dell’ intuizione producono una modificazione del soggetto, essi determinano un particolare stato interno che, in quanto tale, viene percepito nel tempo. Dunque, se lo spazio è l’ intuizione pura dei soli fenomeni esterni, il tempo è l’ intuizione pura sia dei fenomeni interni ( dati immediatamente in esso ) sia dei fenomeni esterni ( dati immediatamente nello spazio e mediatamente nel tempo ), e quindi di tutti i fenomeni in generale. Questo ” primato ” del tempo sullo spazio si rivelerà decisivo più avanti, nell’ Analitica dei princìpi, per la definizione degli schemi trascendentali ( indispensabili termini medi tra l’ intuizione e la categoria ) i quali consistono appunto in ” determinazioni del tempo mediante regole “. Il tempo non è qualcosa che sussista per se stesso o aderisca alle cose, come determinazione oggettiva, e che perciò resti, anche astrazion fatta da tutte le condizioni soggettive delle intuizioni di quelle: perchò nel primo caso sarebbe qualcosa che, senza un oggetto reale, sarebbe tuttavia reale. Per quanto riguarda il secondo caso, come determinazione o ordine inerente alle cose stesse, non potrebbe precedere gli oggetti come loro condizione, ed esser conosciuto e intuito a priori per mezzo di proposizioni sintetiche. Cosa che invece ha luogo, se il tempo non è altro che la condizione soggettiva per cui tutte le intuizioni possono accadere in noi. Infatti allora questa forma delle intuizioni interne può essere rappresentata a priori, cioò prima degli oggetti. Il tempo non è altro che la forma del senso interno, cioò dell’ intuizione di noi stessi e del nostro stato interno. Infatti, il tempo non può essere una determinazione di fenomeni esterni: non appartiene nò alla figura, nò al luogo, ecc. ; determina, al contrario, il rapporto delle rappresentazioni del nostro stato interno. [… ] Il tempo è la condizione formale a priori di tutti i fenomeni in generale. [… ] Se posso dire a priori: tutti i fenomeni esterni sono determinati a priori nello spazio e secondo relazioni spaziali; posso anche, movendo dal principio del senso interno, dire universalmente: tutti i fenomeni in generale, cioò tutti gli oggetti dei sensi, sono nel tempo, e stanno fra di loro necessariamente in rapporti di tempo ( Estetica Trascendentale ).
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