Si è visto che le categorie devono essere impiegate soltanto in presenza di dati dell’ intuizione: il loro unico uso legittimo ò quello empirico. Le intuizioni della sensibilità a cui esse si applicano si riferiscono sempre a porzioni determinate di esperienza, cioò a un numero di fenomeni limitato numericamente e condizionato da precisi rapporti spazio-temporali. In fisica, ad esempio, le leggi che l’ intelletto impone alla natura sono valide in quanto si riferiscono sempre ad ambiti fenomenici effettivamente esperibili dall’ uomo. Nella ragione umana – osserva Kant – esiste tuttavia la naturale tendenza a fare uso trascendentale delle categorie, ossia un uso che travalica (trascende) i confini dell’ esperienza. In questo caso, infatti, il soggetto, avvalendosi del fatto che le categorie sono strutture puramente formali del pensiero, di per sò prive di connessioni estrinseche con il materiale dell ‘ esperienza, ne fa un uso extra-empirico e quindi illegittimo. Più precisamente le categorie, anzichò essere applicate a una quantità condizionata di fenomeni effettivamente esperibili, sono utilizzate per operare sintesi puramente logiche, in modo da produrre concetti di totalità incondizionate di fenomeni che, in quanto illimitae, non possono essere date da alcuna esperienza reale. Kant ritiene anzi che nell’ uomo esista una facoltà specificamente preposta a questa erronea quanto naturale tendenza: la ragione in senso stretto: I concetti di totalità assolute che la ragione produce con un uso trascendente delle categorie sono le idee trscendentali. Poichò si danno tre tipi possibili di totalità assolute, anche le idee saranno riconducibili a tre concetti fondamentali della ragione: 1) l’ idea dell’ anima ò l’ unità (o totalità ) incondizionata del soggetto pensante (ovvero di tutti i fenomeni interni); 2) l’ idea del mondo ò il concetto dell’ unità incondizionata di tutti i fenomeni esterni; 3) L’ idea di Dio ò il concetto dell’ unità incondizionata di tutti gli oggetti del pensiero in generale, ossia il fondamento ultimo di ogni realtà pensabile. Ma l’ anima, il mondo e Dio sono i temi fondamentali della metafisica tradizionale: secondo la distinzione wolffiana, l’ anima ò l’ oggetto della psicologia razionale, il mondo l’ oggetto della cosmologia razionale e Dio l’ oggetto della teologia razionale. La critica Kantiana all’ uso trascendente delle idee coincide dunque con la critica della metafisica, la cui pretesa di conoscere l’ essenza dell’ anima e del mondo, nonchò gli attributi di Dio, nasce appunto dall’ illusione di poter estendere l’ uso delle strutture formali del pensiero umano al di là dei limiti dell’ esperienza. La critica della metafisica è demandata alla Dialettica trascendentale: tuttavia Kant è ben consapevole che le argomentazioni della Dialettica non potranno mai eliminare dall’ uomo la tendenza metafisica, radicata nella sua natura e inerente alla particolare costituzione delle sue facoltà conoscitive, ma dovranno limitarsi a svelare i meccanismi logici dai quali scaturisce quell’ illusorio sapere. Le idee presentano infatti tre diverse e specifiche ragioni di infondatezza, anche se la causa generale del loro carattere illusorio – il mancato riferimento all’ esperienza possibile – è comune a tutte. L’ idea dell’ anima si fonda sul paralogismo, cioò su un falso sillogismo, nel quale, giocando sull’ ambivalenza semantica dei termini, si assegna un significato diverso all’ espressione ” soggetto ” che compare come termine medio tanto nella prima quanto nella seconda premessa: in questo modo si pretende di passare dall’ affermazione del carattere unitario del soggetto pensante alla definizione di quest’ ultimo in termini di sostanza spirituale ( o anima ). In altre parole, la categoria di sostanza viene qui erroneamente applicata all’ Io penso, cioò a quella funzione unificante dell’ intelletto che, se è sempre soggetto della sintesi categoriale, non può però mai esserne oggetto, poichò non può mai essere percepita sensibilmente e quindi conosciuta intellettualmente. Se l’ idea di anima si fonda su un ragionamento scorretto, quella di mondo mette capo a una serie di antinomie, cioò a quattro coppie di affermazioni opposte, nelle quali tanto la tesi quanto l’ antitesi sono logicamente inconfutabili: 1) che il mondo sia finito oppure infinito nello spazio e nel tempo; 2) che esso consti di elementi ultimi oppure sia divisibile all’ infinito; 3) che vi sia in esso una causalità libera oppure che tutto sia determinato in base a leggi naturali; 4) che esso dipenda da un essere necessario o che in esso tutto sia contingente. In favore di ciascuna delle due alternative contenute nelle quattro antinomie ò possibile addurre argomenti logicamente cogenti, cioò privi di contraddizione interna: ma ciò dipende esclusivamente dal fatto che il concetto di mondo, cui si applicano le diverse argomentazioni e contro argomentazioni, cade al di fuori di ogni esperienza possibile: L’ applicazione delle categorie a un simile concetto, che di conseguenza non ò mai dato nell’ intuizione, ò pertanto completamente arbitraria e conduce a mere costruzioni logiche. Ciononostante Kant introduce una differenza di valore, di grande importanza per gli aspetti etici del suo pensiero, tra le prime due antinomie (matematiche) e le ultime due (dinamiche). Nelle antinomie dinamiche, invece tesi e antitesi possono essere entrambe vere, purchò riferite a due ordini diversi di realtà : le tesi (libertà , esistenza di un essere necessario) alle cose in sè, le antitesi (necessità causale, contingenza universale) ai fenomeni. Può dirsi infatti, che al di fuori del mondo fenomenico siano possibili la libertà e una causa ultima e necessaria del tutto, escluse dalla sfera dei fenomeni: tuttavia sul piano teoretico tali affermazioni non hanno alcun valore conoscitivo, ma esprimono soltanto una possibilità che la ragione non esclude. L’ idea di Dio, infine, riposa storicamente su tre tipi di prove dell’ esistenza dell’ essere necessario: ontologica, cosmologica, fisico-teologica. Compito della dialettica sarà quindi mostrare l’ inconsistenza teoretica di queste dimostrazioni. La prova ontologica, che risale ad Anselmo d’ Aosta, ò del tutto a priori: nel concetto stesso di Dio come essere perfetto ò inclusa l’ esistenza, poichò, se ciò che ò perfetto non esistesse, sarebbe privo di un attributo essenziale e, quindi, non sarebbe perfetto. Kant osserva però – in consonanza con quanto aveva già fatto nell’ Unico argomento possibile per una dimostrazione dell’ esistenza di Dio – che l’ esistenza non entra nella determinazione del concetto, e quindi la sua assenza o presenza nulla tolgono o aggiungono alla perfezione di quest’ ultimo. Sul piano logico, il concetto di cento talleri ò perfetto sia che essi esistano sia che non esistano, anche se ovviamente sul piano reale sussiste una grande differenza tra le due ipotesi. La prova cosmologica invece, nella definizione datane da Kant, induce l’ esistenza di Dio a posteriori, in base al fatto che, se nel mondo si danno esseri contingenti, deve esistere anche un essere necessario come loro causa. Sempre a posteriori, la prova fisico-teologica intende risalire dall’ ordine e dalla finalità constatabile nel mondo a Dio come suprema causa ordinatrice. Tanto il concetto di un essere necessario quanto quello di una causa ordinatrice del mondo, tuttavia, si possono riferire a Dio solo in quanto ad essi si aggiunga a priori il concetto dell’ essere perfettissimo: la prova cosmologica e la prova fisico-teologica rimandano quindi necessariamente a quella ontologica. Ma, dimostrata l’ incongruenza di quest’ ultima, anche le altre due prove perdono la loro cogenza. Esaurita la critica alle tre idee della ragione, Kant precisa tuttavia che ciò non comporta la completa destituzione di senso delle idee stesse. Al contrario, esse svolgono un’ importante funzione nell’ organizzazione della conoscenza. Il concetto della totalità incondizionata, a cui sono riconducibili tutte le idee, ò infatti indispensabile per promuovere l’ unità sistematica del sapere: soltanto mediante il riferimento al tutto ò possibile determinare una collocazione specifica delle singole conoscenze, esattamente come soltanto avendo un’ idea complessiva dell’ immagine da costruire si possono collocare al giusto posto le tessere di un mosaico. Anche le idee trascendentali ricevono quindi la loro giustificazione, a condizione che di esse non si faccia un uso costitutivo, come se “costituissero” legittimamente il loro oggetto di conoscenza (così come avviene nella sintesi delle categorie), bensì esclusivamente un uso regolativo, cioò finalizzato alla costruzione di un modello ideale che riveste un semplice valore euristico-metodologico.
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