La Dissertazione De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principiis, discussa da Kant per la sua nomina a professore ordinario, può essere considerata insieme come l’ ultimo scritto del periodo precritico e il primo della fase critica. La tradizione leibniziana presupponeva un rapporto di continuità tra la conoscenza sensibile e quella intellettuale, che venivano distinte solamente dal grado di coscienza in esse conseguito: fatta di piccole percezioni, la conoscenza sensibile è oscura e confusa; portata a livello appercettivo, la conoscenza intellettuale ò chiara e distinta, per dirla con Cartesio. In opposizione a questa tradizione Kant introduce una distinzione di genere tra le due conoscenze. Oggetto della prima sono le rappresentazioni delle cose come appaiono, mentre nella seconda ci si rivolge alle rappresentazioni delle cose come sono. La conoscenza sensibile riguarda cioò la dimensione fenomenica ( dal greco phaìnomai = appaio ) delle cose, considerate non già nel loro essere in sò, ma nel loro essere modificate dalle forme della sensibilità . La conoscenza intellettuale riguarda invece le cose in sò, nella loro dimensione noumenica ( noumenon = pensato, dal verbo greco noeìn = pensare ), nel loro vero essere, coglibile esclusivamente col pensiero. Nella prima parte dell’ opera, dedicata alla conoscenza sensibile, Kant perviene dunque, con piena maturità , all’ idea che noi non percepiamo le cose come sono in sò, ma necessariamente le modifichiamo nel procedimento percettivo, adattandole alle forme soggettive della nostra intuizione. Queste forme percettive, che sono a priori, perchò non dipendono dall’ esperienza, sono lo spazio e il tempo. Con questo Kant anticipa, quasi testualmente, il contenuto della Critica della ragion pura dedicata alla trattazione della sensibilità . Sotto questo aspetto la Dissertazione del 1770 compie pienamente, nell’ ambito della sensibilità , quella nuova rivoluzione copernicana che esprime l’ essenza del criticismo: la conoscenza non consiste nell’ adeguazione del soggetto all’ oggetto, bensì nella modificazione dell’ oggetto secondo le forme a priori del soggetto. La parte della Dissertazione riservata alla sensibilità è quindi pienamente critica. Tutt’ altro discorso vale invece per la seconda parte dell’ opera, relativa alla conoscenza intellettuale. Qui Kant si mantiene fedele al punto di vista dogmatico e non compie alcuna rivoluzione copernicana. I concetti dell’ intelletto, qui chiamati idee pure, non dipendono dalle rappresentazioni della sensibilità , escludendo ogni contagio tra cognizione sensitiva e cognizione intellettuale. Proprio in virtù di questa indipendenza del pensiero dalla sensibilità , le idee pure possono cogliere la realtà nella sua essenza noumenica, senza le alterazioni fenoumeniche comportate dalla percezione. Questa radicale contrapposizione della conoscenza ideale a quella sensibile, di forte sapore platonico, se da un lato consente a Kant di salvare la prima dalle contaminazioni fenomeniche della seconda e di sostenere la conoscibilità della realtà in sò nella sua assoluta oggettività ( senza tuttavia spiegare come ), dall’ altro lato gli impedisce di estendere anche alla conoscenza intellettuale quell’ analisi critica che aveva già realizzato sul piano della conoscenza sensibile. Questa estensione costerà a Kant undici anni di lavoro e avrà come risultato la Critica della ragion pura.
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