Finora abbiamo considerato soltanto la prima parte dell’ Analitica trscendentale che Kant chiama Analitica dei concetti. Il compito di questa parte consisteva nello scomporre la facoltà dell’intelletto nei suoi elementi costitutivi, in modo da enucleare le forme a priori in base alle quali esso opera: le categorie o, appunto, i concetti puri. Rimane da chiarire in che maniera le singole categorie possano essere applicate concretamente alle istituzioni, in modo da dare origine a quei “giudizi di esperienza” che ci consentono la conoscenza della natura. A questo problema risponde la seconda parte dell’ Analitica trascendentale, che reca il nome di Analitica dei princìpi. Prima di passare all’ esame di questi principi, occorre tuttavia ancora esaminare una questione preliminare. Nell’ Analitica dei concetti Kant, oltre a dare l’ elenco delle categorie, ha fornito, attraverso la deduzione trascendentale, anche la giustificazione della loro validità oggettiva e l’ indicazione del loro unico uso legittimo: l’ applicazione delle intuizioni della sensibilità . Ma questa applicazione appare problematica per la radicale etrogeneità che intercorre tra le categorie (intellettuali) e le intuizioni (sensibili). A tale questione risponde lo schematismo trascendentale, il quale si propone di trovare un termine intermedio che sia omogeneo, da un lato, con il carattere sensibile delle intuizioni e, dall’ altro, con la natura intellegibile delle categorie. L’ anello intermedio può essere dato soltanto da una facoltà che sia essa stessa intermedia tra la sensibilità e l’ intelletto, riunendo in sò aspetti della prima come del secondo. Questa facoltà ò l’ immaginazione pura (o produttiva), intesa come “effetto dell’ intelletto sulla sensibilità e sua prima applicazione a soggetti dell’ intuizione possibile”: come la sensibilità , l’ immaginazione ha per oggetto intuizioni, ma come l’ intelletto (del quale già risente l’ influsso), ò in grado di operare un primo livello di sintesi dei dati empirici (“sintesi empirica”) che prepara e prefigura la “sintesi trscendentale”, di natura concettuale, operata dall’ intelletto. L’ immaginazine ò ciò che ci consente di intuire i dati empirici non soltanto nel tempo, ma in una determinata modalità temporale, per esempio la contemporaneità o la successione del tempo, e implica pertanto già una certa forma di connessione. Queste “determinazioni del tempo secondo regole”, prodotte dall’ immaginazione, sono gli schemi trscendentali puri, che costituiscono l’ elemento di raccordo tra intuizioni e categorie: in quanto determinazioni del tempo, essi sono infatti omogenei con l’ elemento sensibile (il tempo ò un’ intuizione della sensibilità ); in quanto determinazioni secondo “regole” di natura intellettuale, essi rimandano invece alle categorie, delle quali quelle regole stanno a fondamento. In questo modo si stabilisce una corrispondenza precisa tra i singoli schemi puri e le singole categorie o almeno i singoli gruppi di categorie. Così, ad esempio, per limitarci alle categorie della relazione, allo schema puro della permanenza del tempo corrisponde la categoria della sostanza; a quello della successione la categoria della causalità ; a quello della contemporaneità la categoria della comunanza d’ azione. In concreto, quando l’ immaginazione mi dà , ad esempio, due fenomeni in successione, io devo connetterli applicando la categoria della causalità , poichò la successione fornitami dall’ immaginazione non ò che, per così dire, la proiezione della categoria (intellettuale) della causalità sul piano (sensibile) dell’ intuizione del tempo. Abbiamo detto che gli schemi sono determinazioni del tempo secondo regole. Ma queste ultime non sono altro che le “regole dell’ uso oggettivo delle categorie”, cioò i criteri che stanno a fondamento di ogni uso legittimo dell’ intelletto. Essendo tanto generali da fondare ogni conoscenza senza essere a loro volta fondate su norme più elevate, tali regole prendono il nome di principi puri dell’ intelletto e si dividono in quattro gruppi. 1) Gli assiomi dell’ intuizione hanno come principio che “tutte le intuizioni sono quantità estensive”. Tutti gli oggetti che noi intuiamo nello spazio e nel tempo sono per ciò stesso dati come quantità . Noi non possiamo intuire oggetti se non in forma quantitativa. Il che implica la possibilità e insieme la necessità di applicare la matematica (la scienza della quantità ) alla conoscenza degli oggetti naturali, ossia alla fisica. 2) Le anticipazioni della percezione hanno come principio: “In tutti i fenomeni il reale che ò oggetto della sensazione ha una qualità intensiva, cioò un grado”. Tutte le percezioni hanno un determinato grado di intensità : ò impossibile percepire senza avere l’ impressione soggettiva dell’ intensità . Ma a quest’ ultima corrisponde, sul piano dell’ esperienza oggettiva, un grado, ossia una grandezza misurabile, le cui variazioni possono essere previste e misurate dall’ intelletto (di qui l’ espressione “anticipazioni della percezione” da parte dell’ intelletto). Anche qui si garantisce l’ applicabilità della matematica alla conoscenza della natura. 3) Le analogie dell’ esperienza sono forse le più importanti ed hanno come principio generale che “l’ esperienza ò possibile soltanto mediante una rappresentazione di una connessione necessaria delle percezioni”. In altri termini: l’ esperienza del mondo naturale ò possibile soltanto in quanto esso si configura come un insieme di leggi necessarie. Le connessioni necessarie che l’ intelletto istituisce tra i fenomeni possono essere tre: la permanenza, la successione e la simultaneità (che esprimono i tre schemi puri i quali, a loro volta, corrispondono alle categorie della sostanza, della causalità e della relazione reciproca). Di qui scaturiscono tre analogie dell’ esperienza. a) La prima analogia stabilisce il principio – che ò presupposto indiscutibile della scienza della natura – della permanenza della sostanza: “In ogni cambiamento dei fenomeni la sostanza permane e la quantità di essa nella natura non aumenta nò diminuisce”. b) La seconda analogia contiene la legge della causalità necessaria: “Tutti i fenomeni accadono secondo la legge della connessione della causa e dell’ effetto”. In tal modo il problema humiano della causalità riceve una risposta definitiva da parte di Kant. c) La terza analogia sancisce il principio della simultaneità secondo la legge dell’ azione reciproca: “Tutte le sostanze, in quanto percepibili nello spazio come simultanee, si trovano tra loro in un’ azione reciproca universale”. Questo principio, che estende quello della causalità necessaria (seconda analogia) dalla dimensione unidirezionale a quella pluridirezionale, consente di vedere l’ intero mondo naturale come un insieme nel quale ciascun fenomeno ò nello stesso tempo causa ed effetto di tutti gli altri (si pensi alla gravitazione universale di Newton). 4) I postulati del pensiero empirico in generale non riguardano la determinazione degli oggetti quanto al loro contenuto, ma si limitano a decidere se esso ò soltanto possibile (quando “ò in accordo con le condizioni formali dell’ esperienza”, cioò quando può essere dato nello spazio e nel tempo e può essere oggetto di sintesi categoriale), oppure ò reale (quando “si connette con le condizioni materiali dell’ esperienza”, ossia quando ò dato da una sensazione effettiva), oppure ò necessario (quando la sua connessione con il reale “ò determinata secondo le condizioni universali dell’ esperienza”, cioò ò dimostrabile in base a una legge universale della natura). I princìpi puri dell’ intelletto coincidono per Kant con le leggi universali della natura (che corrispondono a loro volta ai princìpi della scienza newtoniana). In questo modo Kant giunge alla soluzione di uno dei problemi fondamentali della Critica: come sia possibile una natura in generale (e quindi una fisica come scienza pura). Intesa come insieme unitario dei fenomeni (natura materialiter spectata) la natura ò resa possibile dalle leggi della sensibilità , secondo le quali le sensazioni sono percepite e ordinate nello spazio e nel tempo. Considerata invece come complesso unitario delle leggi che connettono i fenomeni in maniera necessaria (natura formaliter spectata), la natura ò resa possibile dalle categorie e dai principi puri dell’ intelletto. L’ unità che si riscontra nel mondo naturale non ò dunque intrinseca alle cose in sò (che non vengono conosciute), ma il riflesso, nel mondo fenomenico, dell’ unità trascendentale (dell’ io penso). Analogamente le leggi che connettono i fenomeni naturali sono ad essi prescritte dalle forme a priori dell’ intelletto: La “rivoluzione copernicana” ò completata: il carattere unitario e legale della natura non ò dato dall’ oggetto, ma da una proiezione del soggetto sull’ oggetto. Siamo noi che costituiamo la natura come un insieme unitario di fenomeni, connesso da leggi necessarie che non sono altro che le regole fondamenteli del nostro intelletto, ossia le strutture trascendentali del nostro pensiero.
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