Kierkegaard crea un’analogia tra la tragedia di Antigone e la sua personale tragedia di vita. Come Antigone conosce i peccati di suo padre Edipo, già quando lui era ancora in vita, ma tace abbandonandosi alla tristezza. Ella sa che, se confidasse al suo amato tali segreti, lo perderebbe. Comunque solo nel momento della morte confesserà il suo amore, in modo tale che in quell’unico attimo si associano la confessione di appartenere all’amato, ma anche la non appartenenza, cioò la perdita dell’amato a causa dei segreti espressi. Così Kierkegaard riguardo al peccato di suo padre, che lo perseguita in modo ossessivo per tutta la vita, si rende consapevole di un ostacolo che si frappone alla felicità sua con Regina Olsen. Egli ha dovuto rendere infelice Regina con lo scioglimento del fidanzamento, perchè solo in questo modo l’avrebbe infine resa felice. Pertanto la chiave interpretativa di Kierkegaard consiste nel senso dialettico della situazione: ciò che libera dalla morte, in realtà porta verso di essa. Il concetto del tragico in Kierkegaard ò dunque la chiave per accedere all’intimo problema della sua sofferenza. Lui scrive che la disperazione non conosce via d’uscita. Nel cammino del pensiero e della vita Kierkegaard risolve il tragico nello humor, che ò elemento di confine tra etico e religioso. Per parlare del tragico egli sceglie il termine contraddizione, col quale indica la precedente unità delle due forze in reciproca collisione, unità che fa sì che il loro conflitto sia tragico, in quanto le due forze in conflitto sono omogenee (Aut-Aut). Questa opposizione non ò ricomponibile, ma la non ricomponibilità non ò da attribuire alla realtà alla quale essa non appartiene, ma al modo di vedere dell’uomo, che così non raggiunge l’uscita, ma può superare la contraddizione in una prospettiva più elevata, alzando il tono della contraddizione (passaggio allo stadio religioso).
- 1800
- Filosofia - 1800