Nell’Esercizio del cristianesimo egli afferma che Dio si serve del singolo per far uscire l’ordine stabilito dal suo autocompiacimento. L’ambizione del singolo ò quella di essere direttamente contemporaneo a Cristo, tanto da dover apparire, agli occhi dei suoi contemporanei, come lui, cioò come un singolo che lotta contro il sistema sacrificandosi fino al martirio. Kierkegaard ha bisogno di porre in atto la possibilità dello scandalo, da cui può sorgere la fede, al fine di dimostrare al sistema che la sua alternativa ò l’unica praticabile, recuperando così la profondità del cristianesimo. Nell’Esercizio Kierkegaard torna a parlare della collisione del pietismo coll’ordine stabilito, ma egli pensa di aver fatto molto di più. Egli avrebbe rifiutato l’esperienza pietistica perchè come singolo la possibilità dello scandalo gli era parsa superiore. La comunità -dice Kierkegaard- ò “un’anticipazione impaziente dell’eternità “, mentre essere singoli significa lottare contro tutti, poichè la storia ò il tempo della lotta, mentre l’eternità ò la felicità della vittoria. La chiesa militante deve essere una chiesa di singoli. La possibilità dello scandalo ò qui superiore perchè nell’ambito del singolo la “comunicazione diretta” con l’interlocutore ò impossibile, cioò ò impossibile essere capiti, almeno finchè si ò vivi. Ciò ò per il singolo fonte di sofferenza, ma per l’interlocutore ò una prova della sua fede, la quale ò scelta esistenziale e non conclusione logica di un ragionamento. L’interlocutore deve credere nel singolo non per quello che fa ma per quello che dice. Infatti per quello che fa egli resta insignificante, ambiguo: il che però, rapportato a quello che dice, desta profondo scandalo. Questa “duplicità dialettica” deve far riflettere l’interlocutore e portarlo alla fede. Per indicare l’impossibilità della “comunicazione diretta” (che se ci fosse porterebbe l’interlocutore ad avere fede non in Dio ma nel singolo), Kierkegaard usa il termine “raddoppiamento maieutico” o “reduplicazione”. L’Esercizio del cristianesimo, che appare nel ’50, toccherà Mynster -dice Kierkegaard- “in misura estremamente dolorosa”, tanto che il vescovo reagirà bollandolo con l’apostrofe “un gioco empio con le cose sacre”. Con questo libro Kierkegaard in pratica rinunciava a una qualunque intesa colla cristianità : egli aveva messo in chiaro il suo punto di vista, ora poteva finalmente smettere di scrivere. Tuttavia nel ’51 pubblica, senza pseudonimo, Per l’esame di se stessi raccomandato ai contemporanei, ove esalta la figura dell’apostolo Giacomo (per la valorizzazione del concetto di “opere”) e la figura di Lutero per l’approfondimento del concetto che senza la fede le opere non servono a niente; alla fine condanna la cristianità per aver abolito fede ed opere. Naturalmente l’opera più importante ò per Kierkegaard “l’imitazione di Cristo”, che ò il contrario della superficiale ammirazione. Sempre nel ’51, per un tracollo finanziario, Kierkegaard perde molti suoi beni.
- 1800
- Filosofia - 1800