L’imperatore Tito - Studentville

L’imperatore Tito

Vespasiano Titus filius successit, vir omnium virtutum genere mirabilis, adeo ut amor et deliciae humani generis diceretur. Romae tantae civilitatis in imperio fuit, ut nullum omnino punierit, convictos adversum se coniurationis dimiserit vel in eadem familiaritate, qua antea, habuerit. Facilitatis et liberalitatis tantae fuit, ut, cum nulli quicquam negaret et ab amicis reprehenderetur, responderit nullum tristem debere ab imperato re discedere; praeterea, cum quadam die in cena recordatus fuisset (= esset) nihil se illo die cuiquam praestitisse, dixerit: «Amici, hodie diem perdîdi». Hic Romae amphitheatrum aedificavit et quinque milia ferarum in dedicatione eius occidit. Per (= propter) haec inusitato favore dilectus, morbo periit post biennium et menses octo, dies viginti, quam imperator est factus, aetatis anno altero et quadragesimo. Tantus luctus eo mortuo publicus fuit, ut omnes tamquam in propria doluerint orbitate. Senatus, obitu ipsius circa vesperam nuntiato, nocte irrupit in Curiam et tantas ei mortuo laudes gratiasque congessit, quantas nec vivo umquam egerat nec praesenti. Inter divos relatus est.

Versione tradotta

A Vespasiano succedette il figlio Tito, uomo mirabile per ogni genere di virtù, a tal punto da essere chiamato amore e gioia dell’umanità. A Roma esercitò il potere con tanta mitezza che non punì assolutamente alcuno, lasciò correre i colpevoli della congiura contro di lui o, addirittura, li mantenne nel medesimo rapporto di amicizia che aveva avuto in precedenza. Fu di tanta generosità e affabilità che, sebbene non negasse nulla ad alcuno e gli amici lo rimproverassero, rispondeva che nessun uomo doveva allontanarsi scontento dall’imperatore; inoltre, essendosi ricordato un giorno durante una cena che egli in quel giorno non era superiore a nessuno, disse: “Amici, oggi ho perso un giorno”. Costui costruì a Roma un anfiteatro e durante la sua inaugurazione fece uccidere cinquemila animali. Per questo fu amato con un insolito favore, morì di malattia dopo due anni e otto mesi e venti giorni da quanto era divenuto imperatore, a quarantuno anni. Tanto grande fu il lutto pubblico per il defunto che tutti si addoloravano come se essi stessi fossero rimasti orfani. Il senato, dopo che la morte fu annunciata intorno alla sera, entrò di corsa nella curia e attribuì al morto tanti onori ed elogi quanti mai aveva reso ad un uomo vivo, né presente. Fu annoverato tra gli dei.

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