Cicada noctuae acerbum convicium exprimebat; nam noctua cibum in tenebris quaerit et in cavo ramo somnum interdiu capit. Noctua rogabat: «Cicada, tace!», sed bestiola valide sine mora clamabat. Rursus noctua ira accendebatur; nullum noctua habebat auxilium et verba eius contemnebantur; itaque garrulae cicadae fallaciam instituebat: «Cicada, canis et ego non dormio; vere magnà peritià canis ut Phoebus citharam sonat; sed Minerva nuper mihi donabat divinum nectar; veni, unà bibemus». Cicada arebat siti et cupide advolabat. Noctua cavum obsaepiebat, cicadam exagitabat et tandem leto dabat. Sic cicada viva noctuae silentium negabat, nunc tribuebat mortua.
Versione tradotta
Una cicala esprimeva ad una civetta un aspro rimprovero; infatti la civetta cerca il cibo nelle tenebre e di giorno prende sonno in un ramo cavo. La civetta diceva: "Cicala, taci!", ma la bestiola gridava forte senza sosta. Di nuovo la civetta si accendeva d'ira; la civetta non aveva alcun aiuto e le sue parole venivano disprezzate; così organizzava un agguato alla chiassosa cicala: "Cicala, tu canti e io non dormo; in vero canti con grande abilità come Febo suona la cetra; ma Minerva poco fa mi ha donato un nettare divino; vieni, beviamo insieme". La cicala ardeva dalla sete e si precipitava avidamente. La civetta chiudeva la cavità, aggrediva la cicala e alla fine le dava la morte. Così la cicala viva negava il silenzio alla civetta, ora morta glielo dava.
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