F. W. J. Schelling (1775-1854) concepisce l’arte come l’espressione dell’unità originaria tra l’uomo e la natura. Con la riflessione filosofica, l’uomo ha separato la propria razionalità dal suo contesto naturale che, con l’arte, invece, si riunificano e si oggettivano come unità tra ideale e reale. L’opera d’arte è la combinazione della forza, che sfugge alla riflessione, e della conoscenza del mondo, in cui l’artista è immerso. In questo contesto, il genio artistico realizza sia la parte inconscia e involontaria dell’uomo, sia quella cosciente e volontaria. L’arte, in Schelling, è l’atto con cui la materia vivente del principio Assoluto e l’identità organica tra uomo e natura assumono una forma unitaria. August Comte (1798-1857), invece, ritiene che l’unità tra l’uomo e la natura sia stata indagata secondo tre gradi conoscitivi di cui la scienza positiva, e non l’arte, è l’espressione più compiuta perché supera lo stadio teologico e lo stadio metafisico e approda alla scoperta delle leggi effettive. L’approccio positivo e scientifico di Comte tende demistificare la concezione romantica e artistica e a negare che la conoscenza della natura sia legata all’espressione del principio Assoluto.
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