Acri hieme cicada magna fame laborabat, quia aestate nullam rei frumentariae curam habuerat. Prudens formica autem aestate magnam frumenti copiam cumulaverat, ut totam hiemem cibus sufficeret neque deficeret. Cicada igitur, fame confecta, ad formicam adiit et supplex: «Amica – inquit – te oro ut mecum frumentum tuum dividas; nam tantum fame laboro ut peritura sim!». Sed formica respondit: «Quid tempore aestatis fecisti? Cur frumentum non cumulavisti?». Cicada contra: «Ego in arboribus laeta cecini!». Tunc formica duro animo exclamavit: «Nisi totam aestatem cecinisses, sed (si) escam requisivisses ac cumulavisses, nunc securam vitam ageres nec fame excruciareris! Si tum canêre maluisti, nunc salta!»; itaque miseram cicadam domo sua eiecit.
Versione tradotta
In un rigido inverno la cicala soffriva per la gran fame, perché in estate non aveva avuto alcuna preoccupazione per l'approvvigionamento. La previdente formica, invece, durante l'estate aveva accumulato una grande quantità di frumento, affinché il cibo fosse sufficiente per tutto l'inverno e non terminasse. La cicala, dunque, stremata dalla fame, si recò dalla formica e supplice: «Amica - disse - ti prego di dividere il tuo grano con me; infatti soffro così tanto per la fame da essere sul punto di morire!». Ma la formica rispose: «Cosa hai fatto durante l'estate? Perché non hai messo da parte il grano?». La cicala, in risposta: «Ho cantato lieta tra gli alberi!». Allora la formica esclamò con animo inflessibile: «Se non avessi cantato per tutta l'estate, ma avessi cercato e messo da parte il cibo, ora condurresti una vita sicura e non saresti tormentata dalla fame! Se allora hai preferito cantare, ora balla!»; e così scacciò dalla sua casa la povera cicala.
- Letteratura Latina
- Maiorum Lingua A
- Versioni dai Libri di Esercizi