Fortuna antiqua dea erat. Poetae Fortunam celebrabant, orabant, reformidabant quoque; Fortunae iram et invidiam vitabant. Fortunae igitur incolae multas aras dicabant, Romae praecipue; in aris deae victimas saepe immolabant. At Fortuna, velut luna, varia est, semper crescit aut decrescit; raro divitias, numquam vitam beatam parat. Omnino caeca est: iustitiam ignorat, misericordiae non obtemperat, inimicitiarum et aerumnarum saepe causa est, raro secunda, saepe adversa.
Versione tradotta
La Sorte(/Fortuna) era unantica dea. I poeti esaltavano la Sorte, la pregavano, e anche la temevano; sfuggivano lira e la malevolenza della Sorte. Pertanto gli abitanti consacravano molti altari alla Sorte, soprattutto a Roma; sugli altari spesso sacrificavano vittime alla dea. Ma la Sorte, come la luna, è mutevole, sempre aumenta o diminuisce; raramente procura ricchezze, una vita felice mai. È del tutto cieca: non conosce la giustizia, non si sottomette alla compassione, spesso è fonte di inimicizie e di sofferenze, raramente favorevole, spesso contraria.
- Letteratura Latina
- La Lingua delle Radici 1
- Versioni dai Libri di Esercizi