La Francia nel '600 - Studentville

La Francia nel '600

Le vicende della Francia del 1600: da Enrico IV a Luigi XIV.

Nel 1674 la Francia riuscì a portare Messina alla rivolta e sembrò che la Spagna dovesse perdere la Sicilia; dieci anni più tardi impose alla repubblica di Genova di abbandonare la tradizionale alleanza con la Francia.

Enrico IV (re di Francia), conquistato il consenso della burocrazia statale, cominciò a ricostruire l'autorità e le strutture dell'amministrazione pubblica. In questo periodo crebbe l'ostilità dei nobili nei confronti della borghesia, che sempre più la minacciava acquistando cariche pubbliche ed entrando a far parte della «nobiltà di toga» che si contrapponeva alla «nobiltà di spada» (i nobili).

Nel 1610 Enrico IV fu ucciso da un cattolico fanatico; per la nobiltà era l'occasione per riaffermare il proprio potere contro lo stato assolutista. L'erede al trono, Luigi XIII, che aveva solo 9 anni, nominò reggente sua madre Maria De' Medici. Dopo alcuni anni di gravi tensioni fra nobiltà di spada e nobiltà di toga, nel 1620, Luigi XIII assunse il potere coadiuvato dal primo ministro, cardinale Richelieu. Da quel momento l'assolutismo, da dottrina teorizzata più che praticata, si avviò a diventare una realtà.

Nel 1626 si sollevarono alcune provincie ugonotte perciò Richelieu abolì i privilegi della minoranza religiosa; pose d'assedio La Rochelle che dopo un anno fu costretta ad arrendersi. Richelieu fece distruggere tutte le fortificazioni ugonotte e sciolse la loro organizzazione politica e militare; fu però garantita la libertà di culto prevista dall'Editto di Nantes.

I progetti di Richelieu erano rivolti contro gli organismi giudiziari e di controllo; per aggirare l'opposizione dei parlamenti nominò due commissari straordinari, gli INTENDENTI, che inviati nelle provincie diventarono la nuova burocrazia dipendente dalla Corona.

La partecipazione della Francia alla GUERRA DEI 30 ANNI fece crescere il carico fiscale sulle masse contadine e portò a grandi rivolte in tutto il Paese. Morì in questo periodo Richelieu e l'anno seguente Luigi XIII.

L'erede al trono Luigi XIV aveva solo 5 anni per cui le redini del governo furono prese dal cardinale Giulio Mazarino. Fu questi che diresse abilmente le trattative e che stipulò la PACE DI VESTFALIA che sanciva la preponderanza politico-militare francese alla fine della GUERRA DEI 30 ANNI. Mazarino continuò l'opera di rafforzamento dello Stato ma incontrò forti opposizioni interne perché i costi della guerra gravavano sui ceti popolari ma anche sulla borghesia mercantile per la limitazione dei traffici imposta dalla guerra; d'altra parte anche i nobili ed i magistrati erano scontenti perché vedevano ridotto il loro peso politico, come pure i signori feudali che avrebbero voluto maggiore influenza negli affari dello Stato. Il malcontento popolare sfociò in rivolte contro la politica della monarchia diretta dal Parlamento di Parigi e dai signori feudali che manovravano i ceti popolari. Queste rivolte dette «FRONDE» costrinsero Mazarino ed i reali a fuggire da Parigi. Abilmente Mazarino attese, consapevole che gli interessi degli insorti erano troppo discordanti e che la loro intesa non poteva quindi durare a lungo. Fu così che egli tornò a Parigi e s'insediò alla guida della politica francese. Alla sua morte Luigi XIV assunse direttamente il potere. Allontanò il vecchio personale politico e si circondò di ministri e consiglieri che non erano legati né alla nobiltà di toga né alla nobiltà di spada. Tra questi ministri ricordiamo Jean-Baptiste Colbert, figlio di un mercante che entrò ben presto nel Consiglio Superiore fino a diventare ministro delle Finanze e della Marina. Colbert sarà il maggiore collaboratore di Luigi XIV nella politica assolutistica.

Avviarono un programma di risanamento della finanze statali, di controllo dell'economia statale e di unificazione amministrativa e fiscale del Paese. Un settore dove l'assolutismo ottenne risultati clamorosi fu quello religioso. Luigi XIV consentì persecuzioni contro i calvinisti per spingerli a tornare alla religione cattolica. Così nel 1685 Luigi XIV revocò l'Editto di Nantes sostenendo che in Francia non c'erano più calvinisti: affermazione falsa, tant'è che 200.000 ugonotti emigrarono portandosi dietro le loro ricchezze e le loro competenze; questo fu un duro colpo per l'economia francese.

Il programma religioso di Luigi XIV prevedeva anche la repressione dei giansenisti che prendevano il nome dal teologo GIANSENIO e fautori di un severo rigorismo morale, avversi alla superstizione, polemici con la Chiesa di Roma sulla questione della grazia. Pur alleandosi con Roma contro i giansenisti, Luigi XIV non intendeva accettare il primato del papato sulla Chiesa francese; anzi proprio contro il Papa combatté la sua terza battaglia religiosa appoggiando le tendenze autonomistiche della Chiesa francese. Il re mantenne così il diritto di designazione dei vescovi e la Chiesa nazionale continuò a sostenere che gli editti papali non erano automaticamente applicabili in Francia.

Nel 1682 la corte ed il governo vennero trasferiti da Parigi a Versailles dove venne edificata una reggia sontuosa. Questo consentiva di governare lontano dai tumulti della folla parigina e di tenere sotto controllo la nobiltà che, impegnata nella vita di corte, finì per disinteressarsi delle questioni politiche.

Luigi XIV cercò a più riprese d'imporre l'egemonia francese sul continente. Le sue armate avanzarono sia in direzione del Reno sia in quello dei Paesi Bassi spagnoli, arrivando a minacciare l'Olanda. Ciò provocò la formazione di una prima alleanza anti-francese e la riduzione delle ambizioni territoriali di Luigi XIV. Anche la successiva guerra contro l'Olanda provocò un'alleanza anti-francese, ma fu soprattutto il tentativo di espansione francese in Germania a provocare una guerra europea contro Luigi XIV.

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