Alcibiades ille, cuius nescio utrum bona an vitia patriae perniciosiora fuerînt – illis enim cives suos decepit, his adflixit -, cum adhuc puer ad Periclem avunculum suum venisset eumque secreto tristem sedentem vidisset, interrogavit quid ita tantam in vultu confusionem gereret. Ille respondit se mandatu civitatis propylaea Minervae, quae sunt ianuae arcis, aedificavisse, consumptaque in id opus ingenti pecunia, non invenire quo pacto ministerii rationem redderet atque ideo conflictari. «Ergo» inquit Alcibiades, «quaere potius quemadmodum rationem non reddas». Itaque vir amplissimus et prudentissimus suo consilio defectus, puerili (consilio) usus est atque id egit, ut Athenienses, finitimo implicati bello, rationibus exigendis non vacarent. Sed viderint Athenae utrum Alcibiadem lamententur an glorientur, quoniam adhuc inter execrationem hominis et admirationem dubio mentis iudicio fluctuatur.
Versione tradotta
Quel celebre Alcibiade, del quale non so se le sue qualità o i suoi difetti siano stati più dannosi per la patria (con quelle inganno i suoi concittadini, con questi li mandò in rovina), dopo essere giunto ancora da suo zio Pericle e averlo visto sedere in segreto serio, gli chiese perché fosse così turbato in volto. Egli rispose che su incarico dei cittadini aveva costruito i propilei di Atena, che sono lingresso dellAcropoli, e che, per avere preso una grande somma di denaro per la realizzazione delledificio, non trovava il modo per rendere conto dellattività e perciò si tormentava. Alcibiade disse: Chiedi dunque piuttosto come non rendere conto. Così un uomo intelligentissimo e assai esperto, rimasto privo di senno, si servì del parere di un bambino e fece sì che gli Ateniesi, coinvolti in una guerra con i vicini, non avessero tempo di esigere una verifica. Ma Atene veda se lamentarsi o vantarsi di Alcibiade, poiché oscilla in base ad un incerto criterio di giudizio tra odio e ammirazione.
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