La logica - Studentville

La logica

la logica in Mill.

L’opera fondamentale di John Stuart Mill ò il Sistema di logica deduttiva e induttiva. La logica per Mill ò la “scienza della prova e dell’ evidenza”. Essa non si occupa delle verità  che ci sono note per coscienza immediata, come le sensazioni corporee, i sentimenti o gli stati mentali, ma concerne soltanto le conoscenze derivate da altre conoscenze “per via di inferenza “, verifica, cioò la validità  della connessione tra più proposizioni all’interno di un ragionamento. In altri termini, la logica non si preoccupa di indagare la natura delle cose, ma si limita ad organizzare i dati di esperienza in forma scientifica. Alle spalle delle ricerche logiche di Mill vi ò quindi una sostanziale adesione ai principi dell’empirismo e del positivismo, La prima operazione della logica ò quella della denominazione, cioò dell’attribuzione di nomi alle cose ( non già , lockianamente, alle idee). Il linguaggio ò uno strumento del pensiero prima ancora che della comunicazione: pertanto ogni indagine logica deve iniziare con un’analisi del linguaggio. E’ in questo quadro che m introduce una famosa distinzione – ripresa poi, in diverso modo, da Frege – tra termini denotativi ( o non connotativi) e termini connotativi. Si ha denotazione quando un termine indica semplicemente un oggetto, senza riferimento ad alcuna sua proprietà  o attributo. Ad esempio sono termini denotativi tutti i nomi propri. Quando dico “Giovanni, Paolo o Pietro”, indico semplicemente un individuo preciso, senza dare alcuna informazione che lo caratterizzi. Sono invece termini connotativi quelli che indicano una o più proprietà  relative ad un soggetto. Tali sono gli attributi: quando dico “bianco” o “razionale” indico la qualità  che caratterizza un determinato soggetto. Ma sono termini connotativi anche i nomi comuni, i quali, oltre a denotare i singoli individui, implicano anche l’indicazione delle loro qualità : ad esempio il termine uomo denota i singoli individui umani, ma connota anche le qualità  (razionalità , corporeità , una certa forma esteriore, ecc. ) che appartengono loro in quanto umanità . Questa distinzione ò rilevante non soltanto per la classificazione dei nomi, ma anche per quella delle proposizioni che derivano dalla composizione dei nomi. Quando un predicato esprime un concetto che ò già  connotato dal soggetto, la proposizione che risulta non fornisce alcuna nuova informazione. Ad esempio, quando dico che gli uomini sono razionali, non amplio la mia conoscenza, perchè la nozione di razionalità  ò già  contenuta in quella di uomo. In questo caso si parla di proposizioni verbali che, analogamente ai giudizi analitici di cui parlava Kant, sono necessarie ma improduttive. Nelle proposizioni reali, invece, il predicato esprime una connotazione che non era contenuta nel soggetto e quindi si ha un vero – reale, appunto, – ampliamento della conoscenza. Ovviamente la distinzione tra la verbalità  e la realtà  riguarda non soltanto le singole proposizioni ma anche la loro connessione e quindi investe il problema dell’ inferenza ovvero, nel senso assai ampio che Mill dà  a questo termine, del ragionamento. Affinchè si abbia una vera inferenza – cioò affinchè il ragionamento apporti conoscenza- occorre che la proposizione conclusiva sia “contenutisticamente” diversa da quella di partenza e non una semplice trasformazione verbale di essa. Ma quali sono gli strumenti logici per garantire ciò? La logica tradizionale individuava due strade: o l’inferenza dal generale al particolare attraverso la deduzione e quindi il sillogismo (inteso come forma fondamentale della deduzione) o l’inferenza dal particolare al generale attraverso l’induzione. Mill intende mostrare che esiste una terza strada che sta a fondamento di entrambe le vie tradizionali: l’inferenza avviene sempre dal particolare al particolare. Iniziamo con l’analisi del sillogismo, utilizzando il tradizionale esempio: “Tutti gli uomini sono mortali. Socrate ò un uomo. Dunque Socrate ò mortale”. Se viene inteso come dimostrazione di tipo deduttivo, cioò se la conclusione “Socrate ò mortale” viene dedotta dalle premesse, come il sillogismo pretende, esso comporta necessariamente una petizione di principio, cioò contiene già  nelle premesse ciò che si deve dimostrare nella conclusione. Infatti nella premessa maggiore “Tutti gli uomini sono mortali” ò già  detto che Socrate ò mortale, poichè nell’espressione “Tutti gli uomini” ò compreso anche Socrate. Tuttavia il sillogismo può presentare qualche valore se non lo si considera soltanto un procedimento deduttivo. In altre parole, la premessa maggiore tutti gli uomini sono mortali non deve essere considerata il punto di partenza del ragionamento, ma piuttosto il punto di arrivo di una serie di osservazioni particolari. Poichè sperimento che Tizio ò mortale, Caio ò mortale, Sempronio ò mortale, posso pensare che anche Socrate sia mortale e che tutti gli uomini lo siano. In altri termini, la proposizione principale ( quella che ritenevo una premessa maggiore) ò una formula compendiosa di osservazioni particolari che ò però espressa in termini generali, così da poter essere applicata anche a particolari non ancora osservati. In questo modo le proposizioni generali non sono che il momento intermedio di un ragionamento che va dal particolare al particolare, aggiungendo alla serie dei particolari osservati il particolare cui si applica la conclusione. E, a riprova del fatto che nell’inferenza il passaggio fondamentale ò quello che va dal particolare al particolare e non quello che coinvolge l’universale, Mill osserva che i bambini e gli animali sono in grado di fare inferenze senza passare attraverso la formulazione di proposizioni generali: una volta scottati, essi non si avvicineranno più alla fiamma, pur senza formalizzare il principio generale secondo cui il fuoco brucia. La tesi di Mill per cui ogni inferenza parte dall’osservazione dei casi particolari poggia sull’assunto che ogni nostra conoscenza ha un’origine empirica. Tutte le nostre generalizzazioni sono soltanto formule derivate da rassegne di casi particolari, testimoniati dall’esperienza. Le stesse verità  della matematica sono conseguite attraverso generalizzazioni di questo genere: alla loro base vi sono, comunque, sempre esperienze particolari. Gli oggetti della matematica, infatti, non sono diversi da quelli empirici, ma sono gli stessi oggetti empirici considerati facendo astrazione da alcune loro qualità : per esempio il punto geometrico ò un punto empirico in cui si astrae dall’estensione, così come nella linea si fa astrazione dall’aspetto delle lunghezza, e così via. Dalla critica che Mill conduce al sillogismo – dall’osservazione di casi particolari si ricava una proposizione generale che sta a fondamento di una nuova proposizione particolare – si evince che l’inferenza si fonda non tanto sulla deduzione, quanto sull’induzione. Ora il procedimento induttivo che amplia la nostra conoscenza non ò mai l’induzione perfetta, cioò quella in cui si considerano tutti i casi relativi ad una certa classe: in questo caso, infatti, non c’ò un vero aumento di conoscenza e l’operazione conoscitiva, di puro carattere analitico, si riduce ancora una volta a una “trasformazione verbale”. Per esempio, se dico: “Pietro (l’apostolo) era ebreo, Paolo era ebreo, Giovanni era ebreo” e così via, fino ad enumerare tutti i dodici apostoli, per concludere “quindi tutti i dodici apostoli erano ebrei” in realtà  la conclusione non aggiunge nulla di nuovo alle affermazioni sui singoli individui e non ò che una riformulazione verbale. Diverso ò il caso della induzione imperfetta, che Mill chiama tradizionalmente induzione per enumerazione semplice. In questo caso, dall’osservazione di un certo numero di casi particolari si inferisce una qualità  che ò relativa a tutti gli individui appartenenti a quella classe, anche a quelli che non sono caduti sotto la mia esperienza. Così avviene quando affermo: “Tizio ò mortale, Caio ò mortale, Sempronio ò mortale, quindi tutti gli uomini sono mortali. ” Procedendo da particolare a particolare, io conseguo un’informazione su una qualità  dell’intera classe che non mi ò ancora testimoniata dall’esperienza. Ma ò proprio questo ampliamento della conoscenza che può rendere problematica la giustificazione della validità  dell’induzione. Se sperimento solo un certo numero di casi individuali, come posso essere sicuro che le osservazioni fatte per essi valgano anche per tutti gli altri casi non verificati? Per secoli gli europei hanno creduto che tutti i cigni fossero bianchi, perchè non avevano mai visto un cigno nero. In altri termini: se procedo sempre da particolare a particolare, che cosa garantisce la validità  della generalizzazione, cioò del passaggio dal particolare al generale? Mill ritiene che esista un criterio per avvalorare questo passaggio e lo ritrova nel principio dell’uniformità  della natura, il quale trova a sua volta la sua migliore espressione nella legge di causalità  necessaria. Possiamo estendere alla totalità  dei casi di una determinata classe le affermazioni fatte in base all’osservazione di un numero limitato di essi poichè supponiamo che la natura sia ordinata da leggi, per cui a una condizione naturale debba necessariamente seguire un altro stato altrettanto determinabile. Tuttavia, ò Mill stesso ad osservare che tale principio lungi dall’essere indipendente da ogni induzione ò anch’esso il risultato di un’induzione cioò di una generalizzazione di casi particolari. Ci troviamo quindi di fronte a quella che a molti ò apparsa una petizione di principio di principio, in quanto l’induzione trova il proprio fondamento nel principio dell’uniformità  della natura, il quale, a sua volta, si fonda su un procedimento induttivo.

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