Una fondamentale esperienza nell’itinerario culturale ed artistico di Pirandello è l’incontro con il verismo, anche se egli, pur assimilandone alcuni insegnamenti e caratteri, lo supera decisamente.
Il rifiuto, o almeno la limitazione, della validità della lezione veristica si accompagna nella coscienza letteraria di Pirandello al rifiuto del positivismo. Pirandello avverte con estrema lucidità la condizione disperata dell’uomo contemporaneo, il quale, persa la fiducia nei valori oggettivi positivistici, aveva smarrito ogni possibilità di recuperare una verità assoluta.
Nel saggio “Arte e coscienza d’oggi”, Pirandello dichiara esplicitamente la sua concezione relativistica della realtà, dovuta proprio al crollo dei valori positivi dell’Ottocento. Il verismo è quindi superato proprio perché non esiste più la realtà oggettiva che doveva essere studiata dallo scrittore verista, avvalendosi di un rigore scientifico. Pirandello non rifiuta solamente il criterio della verità oggettiva, garantita dalla scienza ma anche l’idea della verità soggettiva, (tipica del Romanticismo) e la capacità del soggetto di dare forma e senso al mondo. Dunque entrano in crisi tanto l’oggettività quanto la soggettività: da un lato la verità cessa di esistere sul fronte oggettivo perché cade l’illusione positivista di poterla fondare su basi misurabili e quantificabili scientificamente; dall’altro la verità non può neppure essere basata sul fronte soggettivo, in quanto il soggetto non appare più in grado di conoscerla ed è visto non più come unicità e organicità, ma come contraddizione, divisione e scissione. L’umorismo, oltre ad essere una poetica, è anche l’espressione coerente di tale concezione relativistica.
L’elaborazione della poetica avviene tra il 1904 e il 1908. Del 1904 sono le due “Premesse” iniziali corrispondenti ai primi due capitoli del “Fu Mattia Pascal”, che gettano le basi della nuova poetica la quale sarà poi analizzata anche nel volume “L’umorismo” uscito nel 1908. Pirandello parla di due “fondazioni” dell’umorismo: una fondazione ontologica (espressa nell’ “Umorismo”) e una fondazione storica (espressa nelle due “Premesse”).
Secondo la concezione espressa nell'”Umorismo”, l’uomo, che da sempre vive in un mondo privo di senso, cerca di dare significato all’esistenza creandosi una serie di autoinganni e illusioni: in questa prospettiva, l’umorismo sarebbe la tendenza eterna dell’arte a svelare tale contraddizione. Secondo ciò che viene affermato nelle due “Premesse”, la caduta dell’antropocentrismo tolemaico (che considerava l’uomo e la Terra in una posizione privilegiata nell’Universo) avrebbe provocato la nascita di quel malessere, tipico della modernità, che induce alla percezione della relatività di ogni fede e di ogni ideologia.
Lo scopo principale dell’arte umoristica è quello di evidenziare il contrasto tra forma e vita e tra personaggio (o maschera) e persona. La forma è costituita da tutti gli autoinganni che l’uomo si crea per dare un senso alla propria vita; la forma blocca la spinta delle funzioni vitali, la tendenza a vivere senza alcuno scopo ideale e quindi paralizza la vita.
Il soggetto, costretto a vivere nella forma, non è più una persona, ma si riduce ad una maschera (o personaggio) che recita un ruolo impostogli dalla società e, allo stesso tempo, dai suoi valori morali. Secondo Pirandello tutti gli uomini sono maschere perché tutti recitano una parte. Il personaggio ha davanti a sé due strade: scegliere l’adeguamento passivo alle forme oppure vivere con la consapevolezza amara della scissione tra forma e vita. Nel primo caso è solo una maschera, nel secondo diventa una maschera nuda che, nonostante abbia la consapevolezza degli autoinganni non può risolvere la contraddizione che pure individua.
L’antieroismo dell’ “Ulysses” e la tecnica della scomposizione dell’umorismo
Nel sesto capitolo della seconda parte del saggio “L’umorismo”, Pirandello contrappone «l’arte in genere» all’arte umoristica: la prima idealizza la realtà, la seconda ne mostra le contraddizioni. Per argomentare la sua posizione, lo scrittore fa l’esempio dell’arte tragica e di quella epica: entrambe tendono alla « composizione », creano, cioè, miti ed eroi coerenti e compatti. Invece, secondo l’umorista, non esistono personaggi solidi ed organici e quindi l’arte umorista mira alla «scomposizione», demistifica i miti e le leggende, ponendo in primo piano, con atteggiamento critico, l’aspetto negativo di ciascun uomo.
Questo aspetto della poetica pirandelliana è ravvisabile nel romanzo “Ulysses” scritto da James Joyce e pubblicato per la prima volta in Francia nel 1922. Utilizzando la tecnica narrativa del flusso di coscienza, Joyce crea un parallelo parodico tra i personaggi del suo romanzo e quelli di un poema epico di Omero: l’ “Odissea”. Così, per esempio, Leopold Bloom dell’ “Ulysses” rappresenta l’Ulisse dell’Odissea, mostrando però, caratteristiche antieroiche e del tutto opposte a quelle del personaggio omerico.
Sia Joyce che Pirandello, attraverso le loro opere, intendevano quindi mettere in luce gli aspetti più negativi dell’uomo moderno che, a causa dell’assenza dei valori ed ideologie certi, prova un senso di angoscia accresciuto dalla consapevolezza del suo stato e dall’impossibilità di una soluzione positiva. Facendosi portavoce di tale stato di malessere, Pirandello e Joyce (insieme ad altri letterati come Kafka, Svevo, Musil) hanno contribuito alla nascita di una nuova letteratura novecentesca. La caratteristica principale della letteratura moderna è proprio il senso di angoscia e ansia, dovuto anche alle nuove teorie fisiche (come la relatività di Einstein) e psicologiche (la psicoanalisi di Freud).
Non a caso il XX secolo è stato definito come “il secolo dell’angoscia”.
Differenza tra comicità ed umorismo: l’esempio della “vecchia imbellettata”
Per chiarire la differenza tra comicità ed umorismo, Pirandello porta un esempio che mette in evidenza molto bene la distinzione fra i due concetti: lo scrittore prende in considerazione una vecchia signora «coi capelli ritinti … e poi tutta imbellettata e parata d’abiti giovanili»; inizialmente questa anziana signora, che cerca di apparire più giovane, può provocare del riso: si ha così, quello che Pirandello chiama «un avvertimento del contrario» tipico della comicità.
Se si riflette con più attenzione sulle ragioni che spingono una vecchia a vestirsi e truccarsi per sembrare più giovane, si arriva alla conclusione che la signora non prova nessun piacere a “mascherarsi” in quel modo, e magari lo fa solo per apparire ancora bella al marito, di cui teme la perdita dell’amore. Si ha così il «sentimento del contrario» tipico dell’umorismo.
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