Il gruppo della cosiddetta destra storica, che governò i primi decenni dell’Italia unita, costituita dai piemontesi capeggiati da La Marmora e Sella e dai moderati toscani, emiliani e lombardi, sperimentò una politica economica liberista, che consentì l’integrazione dell’economia italiana con quella europea; fu esteso a tutta l’Italia il sistema di tariffe doganali, assai basse, vigenti in Piemonte. Per collegare il neonato Stato si puntò anche allo sviluppo della rete ferroviaria, che collegò le città del Nord a quelle del Sud. Le maggiori possibilità di scambi commerciali che l’unificazione doganale e ferroviaria produssero giovarono all’agricoltura, soprattutto a quella specializzata, che vide aumentare gli sbocchi per i suoi prodotti e produsse una sensibile accumulazione di capitali. Per finanziare tali provvedimenti fu necessario imporre pesanti imposte, sia dirette che indirette; a seguito di una crisi finanziaria internazionale, inoltre, nel 1866, il governo dovette introdurre il corso forzoso, ossia la circolazione obbligatoria di moneta, esonerando lo Stato dall’obbligo di convertirla in oro.
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