Bello Latino, consulum iussu, milites contra hostes extra ordinem pugnare non poterant. T. Manlius, consulis filius, adulescens eximiae virtutis, cum comitibus castris excessit ut omnia loca circum exploraret. Cum iuvenis ad hostium castra appropinquavisset et a praefecto equitum agnitus esset, ad singulare certamen ab eo lacessitus est. Manlius, edicti consulum immemor, condicionem accepit, quia dedecus erat pugnam detrectare. Itaque Romanus cum hoste certavit et eum interfecit. Cum adulescens victor ad castra remeavisset cum comitibus, pater contionem militum advocavit et coram exercitu: «Tu quidem» inquit, «T. Manli, cum consulum edicto non obtemperaveris, poenam peccati morte lues. Triste exemplum sed in posterum salubre iuventuti erit». Mox lictor consulis nutu adulescentem securi percussit.
Versione tradotta
Durante la guerra Latina, per ordine dei consoli, i soldati non avevano potuto combattere contro i nemici senza permesso. T. Manlio, figlio di un console, giovane di straordinaria virtù, uscì dall'accampamento con i compagni per esplorare tutti i luoghi intorno. Il giovane essendosi avvicinato all'accampamento dei nemici ed essendo stato riconosciuto dal prefetto dei cavalieri, fu da lui sfidato ad una singolare gara. Manlio, incurante dell'editto dei consoli, accettò la sfida, perché sarebbe stato un disonore rifiutare il combattimento. E così il romano gareggiò con il nemico e lo uccise. Quando il giovane fece ritorno con i compagni all'accampamento da vincitore, il padre convocò l'assemblea dei soldati e dinanzi all'esercito disse: "Dato che tu, appunto, T. Manlio, non hai obbedito all'editto dei consoli, pagherai con la morte la pena del peccato. Il provvedimento è triste ma per l'avvenire sarà d'insegnamento alla gioventù. Subito il littore ad un cenno del console colpì il giovane con la scure.
- Letteratura Latina
- La Lingua delle Radici 1
- Versioni dai Libri di Esercizi