LA RIFORMA DI SAN BERNARDO E L’ARCHITETTURA CISTERCENSE. Il nome cistercense si deve all’abbazia sorta nella foresta paludosa di Citeaux, in Borgogna, fondata dall’abate Roberto di Molesme nel 1098. Lo scopo dei monaci che si ritirarono in quel luogo isolato e impervio era quello di recuperare il significato originario della regola benedettina, dando impulso a un tipo di architettura che si distaccasse, per rigore e semplicità, dai fasti delle abbazie reali e delle cattedrali francesi.
SAN BERNARDO E IL NUOVO STILE DI VITA MONASTICO. Figura chiave di quest’orientamento morale e artistico è San Bernardo, un giovane nobile di Borgogna che nel 1113, va a vivere nell’abbazia di Citeaux: a lui si deve l’enorme diffusione del nuovo stile di vita monastico di un ordine che, alla morte del Santo, nel 1153, contava bene 343 monasteri. Con una lettera indirizzata all’amico Guglielmo, abate di Saint –Thierry, l’intenzione di Bernardo non è quella di rimproverare l’amico, quanto piuttosto di condividere alcune opinioni rispetto all’uso dell’ornamento e dell’ostentazione presenti nella nuova arte gotica che si stava allora diffondendo in Francia, non solo nelle chiese cittadine, ma anche negli stessi monasteri benedettini, quali per esempio l’abbazia di Saint – Denis. Le esortazioni che il Santo rivolge agli altri monaci riflettono imperativi di natura morale, da leggersi nell’ottica specifica della vita monastica; non si tratta di una serie di formule proibitive nei confronti della decorazione, quanto piuttosto di affermare, con l’austerità della propria vita costruita sul lavoro e sulla preghiera, il rinascere della stretta osservanza della regola di San Benedetto. L’austerità della regola si riflette nell’edilizia cistercense: il modello architettonico dei monasteri risulta razionalmente costruito in funzione del lavoro e della preghiera.
ARCHITETTURA CISTERCENSE: CARATTERISTICHE. Gli ambienti monastici si sviluppano attorno al chiostro colonnato di forma quadrangolare; lungo due lati si dispongono da una parte la chiesa, dall’altra lo scriptorium, la sala capitolare e il refettorio con il secondo piano adibito a dormitorio comune dei monaci; gli altri lati sono occupati da costruzioni di servizio per lo svolgimento dei lavori manuali nel campo dell’agricoltura, dell’edilizia, della produzione di manufatti, lavori questi in cui è coinvolto un gran numero di frati conversi (ovvero sono persone che, pur avendo fatto il voto di castità, obbedienza, non divengono monaci e dunque mantengono frequenti contatti con il mondo dei laici).
Il modello concettuale di edificio sacro cistercense non è però in contrasto aperto con quello che in Francia viene elaborato dall’arte gotica; infatti all’origine dei due modelli di costruzione permane un analogo concetto: la luce come manifestazione divina.
Anche nell’architettura cistercense, infatti, l’utilizzo delle volte a ogiva e dei contrafforti permette di aprire grandi finestre lungo il perimetro murario, con la sola differenza che qui, anziché di stupire il fedele con la ricchezza dei colori e coinvolgerlo con la varietà delle immagini, viene utilizzata la tecnica delle grisailles in cui le stesse forme geometriche, definite dai piombi che legano le diverse parti del vetro, acquistano un certo significato simbolico.
La differenza consiste, dunque, nel fatto che il Gotico cittadino si avvale di un’immagine che ammaestra chi non sa leggere e attira i semplici verso le cose divine, mentre il Gotico cistercense sceglie il linguaggio ermetico dei segni: il cerchio, il quadrato, le figure geometriche regolari. Il segno diviene per il monastero esegesi teologica, così come l’immagine è Biblia Pauperum.
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