Anno trecentesimo et quinto decimo ab Urbe condita Fidenates contra Romanos rebellaverunt et cum exercitu progressi sunt. Fidem Fidenatibus testabantur iisque auxilium praestabant Veientes et rex Veientium Tolumnius. Ambae civitates tam vicinae Romae sunt, ut minae sint: nam Fidenae sexto miliario, Vei octavo decimo miliario absunt. Coniunguntur Fidenatibus et congrediuntur etiam Volsci. Sed rebellantes a Romanis victi sunt Veientesque tantam cladem acceperunt, ut etiam regem perdiderint. Fidenis Romani potiuntur et urbem excidunt. Deinde evenit ut Veientani rursus rebellarent. Dictator contra illos missus est Furius Camillus, qui primum eos vicit acie, mox etiam civitatem cepit, antiquam atque divitem. Post eam cepit etiam Faliscos, non minus nobilem civitatem. Sed commota est Camillo invidia, quasi is praedam male divisisset, damnatusque est ob eam causam tanta severitate ut expulsus sit civitate.
Versione tradotta
Nel 438 a.C. I Fidenati si ribellarono contro i Romani e avanzarono con l'esercito. Gli abitanti di Veio e il re dei Veienti Tolumnio dichiaravano alleanza ai Fidenati e offrivano il loro aiuto. Entrambe le città sono così vicine a Roma che sono una minaccia: infatti Fidene dista sei miglia, Veio diciotto miglia. Anche i Volsci si uniscono ai Fidenati e attaccano battaglia. Ma i ribelli furono sconfitti dai Romani e i Veienti subirono una tale sconfitta che persero anche il re. I Romani si impossessarono di Fidene e rasero al suolo la città. In seguito avvenne che i Venienti si ribellarono di nuovo. Contro di loro fu mandato come dittatore Furio Camillo, che per primo li sconfisse in battaglia, subito prese anche la città, antica e ricca. Dopo questa prese anche Falerii, città non meno nobile. Ma l'invidia si sollevò verso Camillo, come se egli avesse diviso male il bottino, e per questo motivo fu condannato con tanta severità da essere cacciato dalla città.
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