Prima Prova Maturità 2018: la scienza: dubbi e paure dello scienziato
L’uomo di scienza è, forse, colui che meglio ha interiorizzato, fin dai tempi più remoti, la massima “Memento audere semper”. Prepararsi a compiere un esperimento scientifico costituisce un rischio per lo scienziato: l’approvazione di teorie e leggi spesso scatena reazioni inaspettate, provenienti dall’opinione pubblica, dalla politica, dalla chiesa. L’uomo di scienza può essere, dunque, considerato un “avventuriero”, un audace che, spinto dalla curiosità, a sua volta scaturita da quella “mirabilia” di cui ci parla Galileo Galilei, tenta la fortuna, sfidando la natura.
Attualmente, mossi dall’incontrollabile volontà di oltrepassare i limiti morali che l’etica impone, gli scienziati sono favorevoli a verifiche scientifiche di ipotesi inverosimili. Noi tutti ricordiamo Dolly, la pecora che per prima fu clonata e che è diventata, poi, l’icona stessa di una pratica vergognosa. La clonazione è impensabile dal momento che noi, sulla Terra, siamo degli esseri unici, differenti gli uni dagli altri sia fisicamente che moralmente e, nonostante possano esserci soggetti simili tra loro per caratteristiche somatiche o per affinità caratteriali, mai due persone saranno, secondo natura, perfettamente “sovrapponibili”. Nel libro “Le racisme éxpliqué à ma fille”, Tahar Ben Jelloun, l’autore, condanna la clonazione, affermando con convinzione che, anche dei gemelli omozigoti hanno sempre e comunque qualcosa di differente nell’aspetto fisico e, di conseguenza, è disumano ricorrere a questa “scoperta” in quanto potrebbe essere utilizzata da uomini potenti e pericolosi per degli scopi altrettanto dannosi.
La duplicazione di un individuo simboleggia il superamento della linea sottile che separa scienza e morale. L’uomo dovrebbe riconoscere la sua finitezza e l’impossibilità di poter trovare una spiegazione valida e scrupolosamente esaminata di ogni singolo fenomeno. Il filosofo e letterato francese Blaise Pascal riassume la speculazione riguardo all’illimitatezza del sapere in un aforisma raccolto nei suoi “Pensieri: “Il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di cose che la sorpassano.” E’ questo lo spirito che deve animare uno scienziato. L’etimologia del termine “scienza” ci conduce alla rispettiva parola latina “scientia”, che deriva dal participio presente, “sciens, scientis” del verbo “scire”, la cui traduzione italiana corrisponde a “sapere, conoscere”. Logicamente, in base a quanto è stato detto precedentemente, è impossibile conoscere la scienza nella sua totalità e, perciò, essa è un processo in continua evoluzione, destinato sempre a migliorarsi e a perfezionarsi, ma non a concludersi in materia definitiva. Uno scienziato non è consapevole dei risultati che si potrebbero ottenere dai suoi esperimenti e perciò teme di raggiungere esiti catastrofici e imprevedibili. Il 6 e il 9 agosto 1945 fu sganciata, rispettivamente su Hiroshima e Nagasaki, la bomba atomica, definita anche “fungo atomico” per la forma generata dopo la terribile esplosione. Due città completamente rase al suolo, centinaia e centinaia di uomini innocenti la cui vita è stata distrutta dalla messa in pratica di studi scientifici e dal connubio scienza e tecnica, stesso “matrimonio” dal quale nel 1609 Galileo Galilei partorì il cannocchiale, strumento che ha permesso di puntare gli occhi al cielo e di approfondire le scarse conoscenze che allora si possedevano. Quando gli scienziati capirono le gravi conseguenze che la guerra nucleare avrebbe prodotto, provarono orrore e si sforzarono affinché i politici e i generali non usassero effettivamente la bomba; secondo Hobswam, infatti, durante la Seconda Guerra Mondiale il potere politico sottomise la scienza e obbligò i fisici d’avanguardia a costruire un’arma terribilmente nociva. A seguito del tragico evento, alcuni degli scienziati che parteciparono alla costruzione della bomba atomica decisero di mettere fine alla propria vita piuttosto che di convivere con la consapevolezza di aver creato un “mostro” capace di distruggere l’umanità. Non bisogna far riferimento agli uomini di scienza pensando che essi siano degli esseri incapaci di sbagliare o delle persone sempre sicure delle loro azioni e, d’altronde è proprio dal dubbio che nasce il presupposto per informarsi su un fenomeno e per studiarlo, analizzandolo e ricorrendo all’esperienza empirica. Pur essendo nel XXI secolo la scienza è costretta a combattere contro l’ottusità dei potenti e della chiesa che intervengono in maniera errata, con l’intenzione di voler sopprimere degli studi e delle scoperte di notevole rilievo per il bene dell’umanità.“Ho speso tutta la mia vita per la libertà della scienza”, “grida” nella sala delle biblioteca di Montecitorio Rita levi Montalcini, Premio Nobel per la Medicina e, la sua sincera affermazione sembra vendicare tutti gli studiosi come Tommaso Campanella, Giordano Bruno, sfortunatamente vissuti nel secolo della controriforma, che hanno scelto la morte alla rinuncia e alla smentita delle proprie teorie. Essere un uomo di scienza comporta assumersi delle grosse responsabilità e, l’unica grande paura dello scienziato dovrebbe essere quella di non superare la debole barriera interposta tra scienza ed etica.
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