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La seconda guerra mondiale All’asse Roma-Berlino fece seguito, nel maggio 1939 il Patto d’Acciaio, con il quale la Germania e l’Italia si impegnavano ad aiutarsi reciprocamente nel caso che l’una o l’altra si trovasse coinvolta in una guerra. Il conflitto era ormai alle porte. Infatti Hitler, avanzando nuove rivendicazioni, si preparava ad aggredire, dopo l’Austria e la Cecoslovacchia, anche la Polonia. Per coprirsi le spalle a oriente, il dittatore tedesco strinse con l’Unione Sovietica, il 23 agosto 1939, un Patto decennale di non aggressione, firmato dai ministri degli esteri Molotov a Ribbentrop. Inviato quindi un ultimatum inaccettabile alla Polonia, senza attendere la risposta e senza dichiarazione di guerra, i Tedeschi varcarono il confine (1 settembre 1939). Due giorni dopo, apparsi inutili tutti i tentativi di mediazione, l’Inghilterra e la Francia dichiararono guerra alla Germania. L’Italia, data l’impreparazione militare e l’avversione al conflitto da parte dell’opinione pubblica, dello stesso re e dei più stretti collaboratori del Duce, ottenne il permesso da Hitler di tenersi in stato di «non belligeranza». Le divisioni corazzate della Wehrmacht, formate da carri armati e autoblinde, gli Stukas della Luftwaffe e reparti di paracadutisti, lanciati oltre le linee nemiche, schiacciarono senza difficoltà la resistenza polacca. Intanto, il 17 settembre, le truppe sovietiche entravano in Polonia, occupando rapidamente i territori ad est di Varsavia, assegnati all’Unione Sovietica da una clausola segreta del patto firmato con i nazisti. L’Unione Sovietica estese quindi la propria influenza sull’Estonia, la Lettonia e la Lituania, occupandone i porti principali. Il 30 novembre, infine, dichiarò guerra alla Finlandia, che riuscì a resistere fino al 12 marzo 1940. Sul fronte occidentale i Francesi attendevano il nemico al riparo della Linea Maginot, una linea fortificata lungo il confine tedesco, ritenuta insuperabile. Convinto che prima o poi gli Alleati avrebbero accolto le sue offerte di pace, il Führer stava ad aspettare. Poi, per ridurli a più miti consigli, decise di dar loro una nuova dimostrazione di forza. Così i Tedeschi sferrarono l’attacco e invasero, ancora una volta senza dichiarazione di guerra, la Danimarca, la Norvegia e di seguito l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, calpestando la loro neutralità e aggirando così la Linea Maginot. L’attacco tagliò in due le forze alleate venute in aiuto del Belgio e intrappolò in un cerchio sempre più stretto di ferro e di fuoco il corpo di spedizione inglese, che però riuscì ad essere evacuato dalla spiaggia di Dunkerque. Annientata la difesa francese nella battaglia de La Somme il 14 giugno i Tedeschi entrarono a Parigi. Il 22 giugno fu firmato armistizio , in base al quale la Francia veniva divisa in due parti: quella settentrionale ed atlantica, occupata direttamente dai Tedeschi, e la restante con le colonie, amministrata dal governo collaborazionista di Vichy (dal nome della capitale provvisoria), presieduto dal maresciallo Pétain. Ma non tutti accettarono passivamente l’invasione straniera. Il generale Charles de Gaulle infatti, riparato in Inghilterra, organizzò la lotta contro i Tedeschi e lanciò un appello a tutti i Francesi rimasti in patria affinché iniziassero la resistenza contro i nazisti in nome della «Francia libera». Le travolgenti vittorie tedesche spinsero Mussolini ad abbandonare lo stato di «non belligeranza» e ad intervenire nel conflitto. Il 10 giugno 1940, quando la disfatta francese era ormai certa, il Duce annunciò l’entrata in guerra italiana. La sua idea era quella di partecipare ad una guerra che, considerata già vinta dalla Germania, avrebbe consentito all’Italia di partecipare alla spartizione del «bottino di guerra». Le nostre truppe furono così concentrate lungo il confine francese, ma i combattimenti furono subito scongiurati dalla disfatta della Francia, costretta a firmare l’a (segue nel file da scaricare)
- Tesine