Versione tradotta de La Spada di Damocle
Dionysìus, Syracusanorum tyrannus, ipse iudicavit quam esset beatus. Nam, cum quidam
ex eius adsentatoribus, Damòcles, commemoraret in sermone copias eius, opes, maiestatem dominationis, rerum abundantiam,
magnificen-tiam aedium regiarum, negaretque umquam beatiorem quemquam filisse:
“Cupisne igitur – inquit – o Damòcles,
quoniam te haec vita delectat, ipse eam degustare et fortunam experiri meam?” Cum ille se cupere dixisset, Dionysius collocari
iussit hominem in aureo lecto, strato puicherrimo textili stragulo, magnificis operibus picto, abacosque complures ornavit
argento auroque caela-to. Tum ad mensas servos delectos iussit consistere eosque nutum illius intuen-tes diligenter ministrare.
Adérant unguenta, coronae; incendebantur odores, mensae conquisitissimis epulis extruebantur. Fortunatum se Damòcles putabat.
In hoc medio apparatu tulgentem gladium e lacunari saeta equina aptum demitti iussit Dyonisius, ut impendéret illius beati
cervicibus. Itaque nec pui-chros ìllos mìnìstratores aspìciebat nec plenum artis argentum nec manum por-rigebat in mensam, iam
ipsae defluebant coronae; denique exoravit ‘tyrannus, ut se amittèret quod ille iam beatus non cupèret esse. Ita Dyonisius
demonstravit nihil esse ei beatum, cui semper aliqui terror impendeat.
Dioniso, tiranno dei
Siracusani, giudicò come egli stesso fosse beato. Infatti, poichè uno dei suoi adulatori, Damocle, ricordava in un suo discorso
le sue milizie, l’autorità, la grandezza del regno, l’abbondanza delle ricchezze, la magnificenza della reggia, e diceva
che non c’era mai stato qualcuno più beato: Desideri dunque -disse- oh Damocle, poichè questa vita ti piace, assaggiarla e
sperimentare la mia fortuna?”. Avendo egli detto che lo desiderava, Dioniso comandò che l’uomo fosse posto su un letto
d’oro, con uno strato bellissimo di una coperta tessuta, ornato di magnifiche ricchezze , e ornò le molte tavolette di oro e
di argento cesellato. Quindi comando che i servi scelti restassero alla mensa e li servissero diligentemente quando intuivano
il cenno del suo capo. C’èerano unguenti, corone; erano bruciati odori, le mense erano preparati con squisitissime pietanze.
Damocle si riteneva fortunato. Dioniso comandò che nel mezzo della tavolata fosse appesa una spada lucente attaccata con un
crine di cavallo al soffitto, affichè sovrastasse le cervici di quel beato. Pertanto non guardava quei bei servitori nè
l’abbondante argento delle opere d’arte nè porgeva la mano alla mensa, già le stesse corone si dileguavano; infine il
tiranno lo pregò di andarsene poichè non desiderava più essere beato. Così Dioniso dimostrò che niente era felice per lui, sul
quale pendeva sempre qualche paura.
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