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La stagione delle riforme

Sintesi di storia sulla stagione delle riforme, dal Grande Scisma del 1417 al Concilio di Trento del 1545.

Dopo il ritorno del Papato da Avignone a Roma (1378), per altri due secoli il mondo europeo fu percorso da discussioni, polemiche e addirittura vere e proprie guerre che ebbero la loro causa nella questione della “Riforma” della chiesa.
L’aspirazione di recuperare la forma originaria del cristianesimo e con essa la perfezione dell’età apostolica ha rappresentato una costante nella storia della chiesa, ma vi fu un periodo in cui la forza di quel modello ideale trasformò in profondità la struttura della cristianità.
Quell’epoca solitamente chiamata “della Riforma”, si aprì con il Grande Scisma (1417), che vide più pretendenti contendersi il soglio pontificio e che terminò con l’Europa divisa tra più chiese e sette cristiane.

Infatti nei primi anni del '500 all’interno del movimento riformatore, sorto in Germania in seguito alle predicazioni di Martin Lutero, cominciarono a profilarsi contrasti e divisioni che portarono al delinearsi di due tendenze, la parte moderata era composta dai membri appartenenti all’umanesimo cristiano; di quella più radicale invece facevano parte coloro che univano alle istanze di riforma morale e religiosa quelle di rinnovamento sociale. Inoltre il Protestantesimo non fu solo quello luterano tedesco, in quanto in diverse parti d’Europa sorsero varie correnti come il calvinismo a Ginevra, l’anglicanesimo in Inghilterra, il puritanesimo in Scozia.
Il Papato, quindi, dovette prendere atto di quanto era avvenuto e decise di rivolgere tutte le energie a consolidare la propria autorità sulla porzione di chiesa che gli era rimasta obbediente. Si può parlare dunque di Riforma cristiana tesa ad eliminare i ruoli della chiesa e di Controriforma il cui obiettivo era una reazione alla Riforma protestante.

Tra le principali manifestazioni dello spirito di riforma vi fu la nascita di ordini religiosi, come quello dei cappuccini, e soprattutto quello dei gesuiti, che ebbe grande importanza per l’attività missionaria svolta in tutto il mondo e per l’influenza politica esercitata attraverso una serie di collegi nei quali si formavano i figli delle classi dirigenti di tutti i paesi cattolici.
I nuovi ordini contribuirono all’opera di disciplinamento sociale che caratterizzò l’Europa del cinquecento, sia sul versante cattolico che su quello protestante. Inoltre nacque l’istituzione della Congregazione del Sant’Uffizio che accentrò a Roma tutti i processi per eresia.
Nel 1545 il Concilio di Trento definì la dottrina cattolica affrontando subito le questioni dottrinali, condannando la tesi della giustificazione per sola fede ed escludendo ogni possibilità di dialogo con i protestanti. Inoltre il Concilio di Trento segnò il definitivo declino della dottrina conciliarista, un movimento riformatore la cui tesi centrale consisteva nell’assegnare al concilio ecumenico una posizione di superiorità rispetto al Pontefice, affrancando una volta per tutte il Pontefice da ogni forma di controllo.

Inoltre con la clausola Reservatum ecclesisticum, il Papa cercò di proteggere la chiesa cattolica, costringendo tutti i principi che decidevano di passare dalla chiesa romana a quella luterana di rinunciare alla rendita  dei benefici ecclesiastici di cui godevano.
Il movimento riformatore sconvolse il mondo della cristianità europea, ma portò effetti positivi e negativi.
Fu necessario per tentare di porre fine alla corruzione della chiesa di quell’epoca, caratterizzata dalla politica nepotistica dei Pontefici, dalla corruzione dei costumi ecclesiastici e da benefici affidati a membri del clero che non svolgevano correttamente il loro compito di guida delle anime.
La Riforma però si concluse con la fine di ogni tentativo di dialogo e mise in evidenza come i contrasti del mondo cristiano fossero in quel momento insuperabili.

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