La vera nobiltà non sta nella grandezza degli antenati - Studentville

La vera nobiltà non sta nella grandezza degli antenati

Invident honori meo ergo invideant labori, innocentiae, periculis etiam meis, quoniam per haec illum cepi. Cum apud vos aut in senatu verba faciunt, pleraque oratione maiores suns extollunt: eorum fortia facta memorando clariores sese putant. Quod contra est. Nam quanto vita illorum praeclarior, tanto horum socordia flagitiosior. Et profecto ita se res habet: maiorum gloria posteris quasi lumen est, neque bona neque mala eorum in occulto patitur. Huiusce rei ego inopiam fateor, Quirites, verum, id quod multo praeclarius est, meamet facta mihi dicere licet. Nunc videte quam iniqui (nobiles) sint. Quod ex aliena virtute sibi arrogant, id mihi ex mea non concedunt, scilicet quia imagines non habeo et quia mihi nova nobilitas est. Non possum imagines neque triumphos aut consulatus maiorum meorum ostentare, at, si res postulet, hastas, vexillum, phaleras, alia militaria dona, praeterea cicatrices adverso corpore. Hae sunt meae imagines, haec nobilitas, non hereditate relicta, ut illa illis, sed quae ego meis plurimis laboribus et periculis quaesivi.

Versione tradotta

Invidiano la mia carica: invidino dunque la fatica, l’irreprensibilità, perfino i miei rischi, poiché è per mezzo di questo che ho ottenuto il consolato. Quando parlano con voi o in senato, nella maggior parte del discorso esaltano i propri antenati: ricordando le loro grandi imprese si reputano più illustri. Il che è il contrario. Quanto più infatti la vita di quelli è celebre, tanto più la viltà di questi è infame. E le cose stanno certo così: la fama degli antenati è, per così dire, luce per i posteri e non sopporta che le loro buone o cattive azioni rimangano nascoste. Io ammetto la mancanza di questo ( = di antenati illustri), Quiriti, ma, ciò che è molto più illustre, mi è possibile esporre ciò che io stesso ho fatto. Vedete ora quanto ingiusto sia chi è noto. Ciò che si arrogano in virtù del valore altrui a me non lo concedono per il mio, evidentemente perché non ho immagini e ho una nuova nobiltà. Non sono in grado di ostentare ritratti, trionfi o consolati dei miei antenati, ma, se la situazione lo richiede, lance, l’insegna, falere, altri doni militari, e inoltre cicatrici sul petto. Queste sono le mie effigi, questa la nobiltà, lasciate non in eredità come quelle a quelli, ma ciò che ho guadagnato grazie alla mie numerosissime fatiche e pericoli.

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