Olim aestate vulpinos catulos aquila abribuit et in alta arbore ante pullorum ieiunorum suum nidum posuit. Catulorum mater ad arborem anxia adpropinquavit et luctuosis precibus catulos suos petivit. Aquila, quae in alto nido tuta stabat, miserae matris lamentationes per multas horas contempsit. Tum vulpes maesta ab Iovis ara igneam facem rapuit et, apud altae arboris pedes, aquilae inimicae dixit: “Meos filios mihi redde, alioquin flammis et tuam arborem et tuum nidum incendam”. Tum aquila, terroris plena, vulpi natos integros tradidit et eius veniam imploravit.
Versione tradotta
Un giorno d'estate un'aquila rapì dei cuccioli di volpe e li pose in un albero alto, nel suo nido, davanti ai pulcini affamati. La madre dei cuccioli si avvicinò con ansia davanti all'albero e chiese i suoi piccoli con tristi preghiere. L'aquila, che stava sicura nel suo alto nido, ignorò per molte ore i lamenti della misera madre. Allora la triste volpe prese dall'ara di Giove una fiaccola ardente e, ai piedi dell'alto albero disse all'aquila nemica: "Restituiscimi i miei figli, altrimenti incendierò il tuo albero e il tuo nido". Allora l'aquila, piena di terrore, portò alla volpe i figli interi e implorò il suo perdono.
- Letteratura Latina
- Lingua Viva 1
- Versioni dai Libri di Esercizi