L'ambiguità del male: tra storia e letteratura - Studentville

L'ambiguità del male: tra storia e letteratura

Tema svolto sul tema del male presente in letteratura e visto attraverso alcune vicende storiche.

“Se il diavolo non esiste, ma l’ha creato l’uomo, credo che egli l’abbia creato a propria immagine e somiglianza”. Fëdor Dostoevskij

Fin dalla notte dei tempi l’uomo si interroga sull’esistenza del male: che cos’è il male? Da cosa deriva? Perché definiamo un qualcosa male e un qualcosa bene? Da questi interrogativi nascono poi il dualismo tra bene e male nelle religioni, e le migliaia di definizioni pensate e approfondite dai diversi filosofi nel corso dei secoli.

Ora ovviamente non è il caso di perderci tra le diverse disquisizioni filosofiche e teologiche, ma diamo innanzitutto uno sguardo alla presenza del male nella letteratura, relazionandoci anche alla storia, facendo ovviamente le dovute distinzioni: la letteratura spesso parla di personaggi e situazioni inventate, che tuttavia prendono spunto e ispirazione dalla storia, scenario del vero.

In alcuni ambiti della letteratura il male è una componente abbastanza presente: che sia incarnato in un antagonista, in un personaggio negativo, in una situazione sfavorevole, o addirittura nel protagonista, esso mantiene sempre il suo fascino e conferisce all’opera quel colore e quel fascino che invece non susciterebbe un’opera con elementi essenzialmente positivi. Generato dall’uomo o da entità soprannaturali, il negativo lo ritroviamo anche nelle opere più antiche. Per esempio, cruente sono le tragedie di Seneca: esse riflettono le atrocità del periodo storico, in particolare la crudeltà dell’imperatore Nerone, ma trasportate in una sfera mitica. Seneca parla di uccisioni, parricidi, incesti, magia nera, atti di cannibalismo e insane passioni.

Una caratteristica legata al male in diversi autori è il pessimismo. Secondo questi il male è destinato a vincere sul bene, e l’uomo non ha alcuna possibilità di migliorare le proprie condizioni esistenziali. Portatori principali di questo pensiero sono Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi. Nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Foscolo il protagonista sceglie il suicidio, perché non riesce a trovare una soluzione tra la delusione amorosa e quella politica. Ma il poeta trova comunque una via di fuga a questa situazione, attraverso il rifugio nelle illusioni e nell’arte, che ristora l’uomo dalle fatiche. Secondo Leopardi invece l’uomo è destinato all’infelicità, senza via di fuga. Non è possibile raggiungere un piacere duraturo e infinito, e ciò genera insoddisfazione, infelicità e dolore, che porta ad avere un vuoto nell’anima e a concepire ogni cosa come una nullità. Anche per Montale la situazione umana è senza uno spiraglio di luce, poiché l’uomo, non riuscendo ad interpretare la realtà, si trova in una sorta di paralisi e rimane sbalordito, senza trovare alternative. Per sopportare il vuoto e l’aridità della condizione umana, l’uomo non deve fare altro che ritirarsi e osservare dall’esterno il corso degli eventi, senza poter fare nulla.

La letteratura è solo lo specchio del male che colpisce la società reale, ed abbiamo centinaia di esempi nel corso della storia. A partire da Caino, che ha ucciso suo fratello, per poi proseguire con Giuda, il traditore di Gesù, e Bruto e Cassio, traditori di Cesare, personaggi malvagi e situazioni a dir poco abominevoli hanno condito tutti i periodi della storia dell’umanità. Chi non ricorda la crudeltà di Attila (flagello di Dio!) o di alcuni imperatori Romani come Nerone e Caligola? E le nefandezze di Ivan il terribile? Ma andiamo a dare uno sguardo ad un periodo relativamente recente e che molti ancora ricordano per aver vissuto in prima persona: la seconda guerra mondiale. Questo probabilmente è stato il conflitto in cui si è scatenato il peggior crimine contro l’umanità, partendo dalla folle idea di una pulizia etnica per preservare la purezza della razza ariana ad opera di Hitler. E da lì, si sono susseguite atrocità di ogni genere: il terribile capitolo dell’olocausto, la persecuzione contro gli ebrei, gli orrori nei campi di concentramento.

Il male, allora, e parte integrante del mondo, e suscita un certo fascino nell’intellettuale, ma anche una certa angoscia e paura: così viene interpretato e rappresentato in modi diversi, a partire dalla letteratura mondiale, ma per poi proseguire anche nel campo artistico, filosofico e scientifico.

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