L’arte del regime nazista e fascista
Nella Germania del periodo nazista molti artisti vennero definiti “degenerati”, poiché non condividevano lo stile imposto da Hitler, che proponeva immagini edulcorate e aveva il solo scopo propagandistico. Perciò molti di loro furono perseguitati e minacciati. Per esempio, Otto Dix venne accusato di aver organizzato un attentato ad Hitler, e dunque imprigionato a Dresda. Molte sue opere vennero bruciate in piazza. George Grosz invece fu costretto a fuggire all’estero, negli Stati Uniti. Nelle opere di questi due artisti sono rappresentate, spietatamente, tutte le mostruosità che avvennero nella Germania del primo dopoguerra e quelle portate dall’avvento del Nazismo. Per esempio, nel dipinto Le colonne della società di Grosz, il pittore mette alla berlina, in modo violentemente sarcastico, tutti i personaggi che contribuirono all’ascesa al potere del Nazismo. Sono personalità degradate, corrotte e senza scrupoli. Sono le stesse persone che vivono nelle opere di Otto Dix, personaggi della borghesia dei quali viene messa in risalto la vera indole, insieme alle ferite di guerra non ancora rimarginate.
L’espressionismo e l’arte degenerata
Lo stile di questo periodo è quello espressionista, il quale deforma le figure e le distorce. In questo modo si accentua la drammaticità e la violenza, protagoniste indiscusse di questo primo dopoguerra in Germania. In Italia, dove il controllo era minimo per quanto riguarda l’ambito artistico, la tendenza che riscosse maggior successo fu il “Ritorno all’ordine”, una riscoperta della tradizione figurativa classica. Questo non fu un fenomeno circoscritto all’Italia, ma anche famosi artisti delle avanguardie europee, come Pablo Picasso e André Derain, utilizzarono, verso gli anni Venti, tematiche e forme più tradizionali nelle loro opere. Per quanto riguarda gli autori italiani, si formò un gruppo di artisti nato intorno al giornalista e critico Sarfatti, il cosiddetto “Novecento”. Soggetti principali furono l’evocazione dell’antico, la ricerca delle origini più arcane della civiltà italica, la riscoperta di tematiche più sentimentali, come la maternità, la famiglia e il sacro. Il “Novecento” non fu una vera e propria “arte di regime”, nonostante sia stata appoggiata da Mussolini, il quale presiedeva ufficialmente alle esposizioni del gruppo. Tralasciando le differenze della personalità di ogni artista, nel complesso possiamo considerare che i pittori del Novecento scelsero il ritorno all’arte tradizionale e ripresero un plasticismo formale che tende al classico; tra questi possiamo ricordare Achille Funi, che in La terra rappresentò in pieno le idee portate avanti dal gruppo.
Costituiscono invece la vera “arte di stato” le monumentali opere murali che decorano le pareti e le facciate dei grandi edifici del periodo fascista. L’artista più importante in questo ambito fu Mario Sironi, il quale progettò opere di imponenti dimensioni e con chiari intenti propagandistici, e nello stesso tempo di alto valore artistico.
L’arte di regime
L’idea di un’enorme pittura parietale, indirizzata alla fruizione pubblica, è legata alle ideologie sociali e politiche del Fascismo. Infatti, il Manifesto della pittura murale, pubblicato su “La colonna” nel 1933, evidenziava la funzione sociale di questo tipo di pittura, e nello stesso tempo risaltava le connessioni con l’arte tradizionale italiana, che risale al Medioevo e al Rinascimento. L’artista di opere parietali doveva mettere da parte la propria individualità, e proporre un ideale morale che servisse a tutta la comunità. Questo tipo di arte aveva dunque una funzione didattica e propagandistica, per la quale il pittore doveva sacrificare la propria personalità.
La pittura murale propagandistica e didattica fu utilizzata anche altrove, per esempio in Messico, ma qui fu di natura diversa e opposta rispetto a quella italiana. Molti artisti invece si opposero al Novecento e all’arte del regime, e cercarono soluzioni diverse, come per esempio il gruppo della Scuola romana, i Sei di Torino e Corrente. Di quest’ultimo gruppo possiamo ricordare Renato Guttuso. Questi gruppi proponevano rappresentazioni molto drammatiche della realtà con uno stile espressionista, toccante e sofferente; molti invece preferivano toni più pacati. Questi artisti rimasero esclusi dalle esposizioni ufficiali e furono ostacolati dal regime, e la loro opposizione in seguito si trasformò in una vera e propria lotta contro il Fascismo, e a questo scopo utilizzavano soggetti tratti dalla storia partigiana e dalla guerra di liberazione.
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