La situazione infatti si aggravò con la lotta del Senato contro Emilio Lepido, che aveva tentato di abbattere la costituzione sillana; contro di lui il Senato si giovò di Pompeo, giovane generale di Silla, al quale fu affidata anche la guerra di Spagna contro Sertorio, chiusa nell’anno 72 a. C. In quell’anno il Senato affidò al pretore M. Licinio Crasso, padrone della fortuna più colossale di Roma, il comando della guerra servile contro Spartaco; ma temendone l’eccessivo potere gli affiancò Pompeo, ritornato dalla Spagna. Nel 71 la terza guerra servile era vinta; ma i due generali, avendo in mano l’esercito, poterono imporre il loro volere a Roma nell’elezione dei consoli per il 70. Pompeo, che non aveva i requisiti legali per l’elezione secondo la costituzione sillana, violata anche nel caso di Crasso, si impose portando a Roma le sue legioni. La loro nomina a consoli segnò la fine dell’ordinamento sillano.
I contrasti fra Pompeo e Crasso, che usciti di carica aspiravano al predominio nello Stato, determinarono un nuovo progresso verso il principato. In seguito ai gravi danni provocati al commercio romano dai pirati che infestavano il Mediterraneo, si concedette a Pompeo nel 67 a. C. un imperium straordinario della durata di tre anni su tutto il Mediterraneo e sulle regioni costiere sino a 50 miglia dal mare, con una flotta di 500 navi e un esercito di
120.000 uomini: a nessuno era stato mai concesso un potere così grande, che rendeva arbitri dello Stato. Pompeo adempì in pochi mesi brillantemente il compito che gli era stato assegnato, sicché in breve anche la Cilicia e Creta passarono sotto il dominio romano.
Frattanto in Asia Mitridate VI aveva ripreso le ostilità contro i Romani. Questa seconda guerra mitridatica fu vittoriosamente condotta da Lucullo, che in seguito venne sostituito da Pompeo il quale, sconfitto Mitridate e obbligato Tigrane re d’Armenia a chieder la pace, rioccupò tutta l’Asia Minore e il regno del Ponto; passò quindi in Siria e, occupata la Palestina, riordinò le nuove province del Ponto e della Bitinia, della Siria, della Cilicia e ritornò a Roma (62 a. C.).
Durante l’assenza di Pompeo si era riaccesa vivissima nella capitale la lotta fra oligarchici e democratici ed era mancato poco che il governo senatorio fosse abbattuto da una congiura di cui era capo Lucio Sergio Catilina, giovane e ambizioso patrizio. La congiura venne rivelata a Cicerone, che attaccò in Senato Catilina costringendolo a fuggire. Questi, recatosi in Etruria per suscitare la guerra civile, fu ucciso presso Pistoia in battaglia (62 a. C.) e Cicerone fu chiamato “padre della Patria”.
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