Le avventure amorose di Zeus sono innumerevoli, così come i figli che ebbe dalle varie amanti. Esse sono spesso esposte alla collera di Era, gelosa degli amori del marito, delle sue amanti e dei figli. Nell’Iliade Zeus, per convincere Era a cedere alle sue proposte amorose, fa una rassegna delle sue conquiste (XIV, 315-328). Lo scopo è far capire alla dea che la passione che prova nei suoi confronti non è nemmeno paragonabile alle storie che ha avuto in passato.
Disarmante è la sincerità con cui Zeus presenta sé stesso come seduttore indomito, vantando un lungo elenco di conquiste. Insieme alle donne vengono anche nominati i figli nati da queste unioni.
Per prima abbiamo la moglie di Issione, il cui nome sarebbe Dia, la quale gli generò Piritoo, eroe tessalo, re dei Lapiti; Zeus, trasformatosi in stallone, caracollò attorno a lei prima di sedurla.
Poi si parla di Danae, figlia del re di Argo Acrisio, che generò Perseo, nonostante fosse stata rinchiusa dal padre in una camera rivestita di bronzo. Acrisio infatti, non avendo avuto figli maschi, chiese all’oracolo cosa avrebbe dovuto fare per avere un erede. L’oracolo rispose che non avrebbe avuto figli maschi, ma solo un nipote che l’avrebbe ucciso. Così rinchiuse Danae nella camera di bronzo, ma Zeus discese su di lei sotto l’aspetto di pioggia d’oro e dalla loro unione nacque Perseo. Quando Acrisio seppe cos’era successo, non volle uccidere Danae, ma la rinchiuse in un’arca di legno che buttò in mare.
Poi Zeus si innamorò di Europa, figlia di Fenice, il capostipite dei Fenici, che nell’isola di Creta generò Minosse, re famoso per lo splendore della talassocrazia cretese, e Radamanto, noto per essere stato un giusto legislatore, e in seguito un giudice infernale. Per sedurre Europa Zeus si trasformò in un bellissimo toro bianco, e la fanciulla vedendolo, iniziò a giocare con lui mettendogli ghirlande di fiori tra le corna. Infine gli balzò in groppa e Zeus iniziò a correre; attraversato il mare giunsero a Creta. In realtà i figli nati da questa unione furono tre, ma qui Sarpedone non viene nominato.
Seguono poi due donne che a Tebe generarono a Zeus figli destinati all’immortalità:
Alcmena, moglie di Anfitrione, alla quale Zeus apparve sotto le sembianze del marito e si unì a lei. Dalla loro unione nacque Eracle, la cui sorte in Omero oscilla tra quella di un comune mortale e il destino olimpico che viene brevemente ricordato nell’Odissea.
Semele, figlia di Cadmo, sovrano di Tebe, concepì il figlio Dioniso. Era, gelosa, disse a Zeus di rivelarsi in tutto il suo splendore a Semele e questa alla vista del dio, morì incenerita.
Segue la dea Demetra, che generò Persefone.
Zeus si invaghì anche di Leto, figlia del Titano Ceo e Febe, che generò Artemide e Apollo, costretta a vagare prima di potersi fermare a Delo e partorire, a causa dell’ira di Era.
Infine abbiamo Era, l’ultima sposa, alla quale è indirizzato l’elenco.
L’enumerazione diviene sempre più compressa e addirittura Zeus dimentica di nominare i figli nati dalle dee. Ne risulta un effetto di crescente desiderio, espresso nella fretta con cui gli ultimi nomi si compendiano in soli due versi.
L’elenco è molto breve, e non c’è spazio per le vicissitudini relative alle passioni provate da Zeus per le mortali, per il racconto delle sue metamorfosi, né si allude all’ira che fece di Era persecutrice delle sue rivali, sia umane (Alcmena) che divine (Leto).
Il solo scopo delle rievocazione delle sue avventure è quello narcisistico di indugiare nello stupore per un’emozione nuova, mai provata in precedenza, per quanto la sua memoria provi a ripercorrere le passate esperienze.
Lo scopo della rassegna è già precisato inoltre nell’introduzione, dove Zeus esordisce dicendo che non ha mai provato un desiderio così intenso con tutte queste donne, come lo prova adesso nei confronti di Era.
Ai vv. 886-923 della Teogonia invece appare un lungo catalogo delle spose di Zeus. Il dio, al Caos primordiale precedente, oppone un universo organizzato, sul quale è riuscito a comandare. Così per stabilire le basi per nuovo regno Zeus ha bisogno di una moglie.
La prima sposa di Zeus è Meti, che dà a Zeus una saggezza profetica. Questo matrimonio consacra la vittoria di Zeus e il suo primato di monarca. Senza l’aiuto della dea, senza la sua mente, il potere non potrebbe essere né conquistato, né esercitato, né conservato. E’ una sposa difficile, matrice del doppio pensiero e madre possibile di una stirpe pericolosa per il nuovo regno. Zeus generò Atena nel ventre di Meti, ma prima che la dea vedesse la luce, per impedire una seconda nascita pericolosa, ingoiò la prima sposa. Ricompose così l’unità tra potere e sapere: attraverso di lei poteva conoscere il bene e il male e proteggersi da ogni minaccia. Adesso il potere sa anticipare i rischi, il prima e il dopo, e dea che nessuna madre può generare è Atena. Meti inoltre appartiene alla generazione dei Titani, come la seconda, Temi, ed è figlia di Oceano e Teti. Si compie l’affermazione decisiva del potere maschile, olimpico, sul principio femminile.
Occorrono ora stabilità politica, ordine, pace, giustizia. Perciò Zeus conduce in seconde nozze Temi, l’universo della giusta Legge. Temi è figlia di Urano e Gaia; anche lei appartiene alla generazione dei Titani. Genera le Ore e le Moire. Le Ore sono Dike (giustizia), Eirene (pace) e Eunomie (ordine), protettrici e fondatrici delle città, garanti del suo equilibrio e della sua durata, dee politiche: tra le tre Dike ha un ruolo centrale nelle Opere e i Giorni. Per quanto riguarda le Moire, al v. 217 compaiono come figlie di Notte. Le Moire, Cloto, Lachesi e Atropo, sono generate da Temi per organizzare il destino dei mortali e l’ordine delle generazioni, e riservano agli uomini il bene e il male, la vita e la morte. Così la seconda sposa governa il destino del mondo e delle cose del mondo, nell’equilibrio delle Ore e nell’infallibile necessità delle Moire.
Niente i Greci avrebbero concepito senza la bellezza: perciò terza sposa di Zeus fu la seducente Eurinome, che genera al padre degli dèi le tre Cariti: Aglaia (splendore), Eufrosine (gioia), Talia (perennità del bello). Quando esse scrutando sotto le ciglia, promanano amore. Lo sguardo è la cifra delle Cariti, e nello sguardo lo spirito greco indica l’incomparabile potenza della visione, che ha compimento nella bellezza.
Quarta sposa è Demetra, madre di tutte le cose, la dea della radice e del frutto. Partorì a Zeus Persefone, rapita da Aidoneo mentre si svagava con le Oceanine e coglieva fiori. Le grida della giovinetta risuonano sulle vette dei monti e nelle profondità del mare, e straziano il cuore di Demetra che si allontana dall’Olimpo e si aggira sulla Terra abbandonandola a sé stessa, senza raccolti.
Tutto ha un senso se diventa poesia, opera delle Muse e frutto della Memoria. Dunque quinta sposa di Zeus è Mnemosine dalle belle chiome, che generò le nove figlie, innamorate della festa e della gioia del canto; nel loro nome, nella loro armonia, l’ordine olimpico dura per sempre nella mente degli uomini e i racconti si mutano in verità senza tempo.
Poi ci fu il bisogno di un dio che nella sua luce racchiudesse la fiamma della poesia e la sua luce: Apollo. Sesta sposa è pertanto Leto, che generò il figlio dopo che un lungo cammino l’aveva condotta a Delo. Per nove giorni e nove notti fu afflitta da dolori indicibili, poiché era assente Ilizia, la dea dei dolori del parto; ma quando, chiamata da Iride, sopraggiunse, la dea finalmente riuscì a partorire Apollo e Artemide.
Ultima sposa di Zeus fu Era, emblema della fedeltà coniugale di obbligo per le donne, ma che gli uomini non hanno mai rispettato. Le nozze fra Zeus ed Era costituiscono un fondamento dell’istituzione del matrimonio, per questo Era è l’ultima sposa di Zeus. Patrona del matrimonio monogamico, ne salvaguarda il senso sacro conservandosi fedele e nutrendo la sua gelosia e, di conseguenza, ogni desiderio di vendetta nei confronti dei tradimenti dello sposo e soprattutto delle sue amanti.
Questo catalogo di spose stabilisce i contorni del nuovo regno, quello di Zeus, che ha come caratteristiche la saggezza, la stabilità politica, la bellezza, la maternità, la poesia, e culmina con l’istituzione del matrimonio.
La differenza sostanziale tra i due elenchi è lo scopo: l’elenco presente nell’Iliade è recitato dallo stesso Zeus solo per far risaltare agli occhi di Era il fatto che la passione nei suoi confronti è più profonda rispetto a quella che aveva provato per le precedenti donne; quello della Teogonia è una
metafora del nuovo mondo, stabile nelle sue leggi, nell’ordine politico, la poesia, la bellezza, l’istituzione del matrimonio.
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