Silla e le guerre civili
In seguito alla concessione della cittadinanza agli alleati si ebbe un enorme ampliamento del territorio romano, ma nessun cambiamento fu portato alle leggi fondamentali di Roma, aggravando così l’inefficienza della vecchia costituzione, adatta soltanto per uno stato di territorio limitato. I magistrati romani divennero quelli dell’Italia; l’esercizio dei diritti politici continuò a essere subordinato all’intervento dei cittadini alle assemblee dell’Urbe, dove avvenivano le votazioni: soltanto il Senato poté apparire l’espressione di tutta la cittadinanza, poiché accoglieva, attraverso le magistrature, i cittadini di ogni parte d’Italia.
Molti contrasti e conflitti suscitò a Roma questa situazione e un grave disaccordo si manifestò sul modo di inscrivere nelle 35 tribù i nuovi cittadini italici. L’aristocrazia, per limitare la loro influenza nei comizi, voleva che fossero inclusi in un numero ristretto di tribù che avrebbero votato per ultime; gli avversari, che avevano ritrovato in Mario il loro esponente, volevano che fossero distribuiti in tutte le 35 tribù. Mentre si riaccendevano le discordie interne che culminarono nella guerra civile, nuovi pericoli si delineavano all’esterno.
In Oriente con Mitridate VI Eupatore re del Ponto; in Occidente con la guerra di Spagna contro Sertorio; in Italia con la guerra servile suscitata da Spartaco, nel Mediterraneo con la guerra contro i pirati.
Tutte queste guerre si trovano variamente intrecciate con le lotte civili, che si svolsero in tre fasi distinte e con protagonisti diversi per oltre mezzo secolo, dall’anno 87 al 31 a. C., e si chiusero con l’avvento di Augusto.
Il comando della guerra contro Mitridate era stato assegnato a Silla, eletto console nell’88, ma per l’ostilità dei cavalieri e della plebe gli fu revocato e affidato a Mario. Silla non si rassegnò e dalla Campania marciò con l’esercito su Roma, abrogò le leggi antisillane e punì molti loro fautori; Mario fuggì in Africa. Partito Silla al principio dell’87 e scoppiati nuovi tumulti a Roma, Mario tornò dall’Africa e rientrò da padrone nella città, dove fu costituito un governo popolare, proscritto Silla, distrutte le sue case, confiscati i suoi beni. Mario, eletto console per la settima volta, morì dopo due settimane di consolato il 14 gennaio dell’anno 86 a. C.
Mentre a Roma spadroneggiava il console Lucio Cornelio Cinna, Silla costrinse Mitridate a venire a patti in Oriente (85 a. C.), e nell’83 sbarcò in Italia, dove incontrò l’ostilità degli Italici e dei seguaci di Mario. Li sconfisse nella battaglia di Porta Collina e, impadronitosi di Roma, si abbandonò a feroci rappresaglie e a proscrizioni di nemici, mentre Gneo Pompeo liquidava gli avanzi dei mariani in Sicilia e in Africa, ottenendo il titolo di Magno.
Abbattuti gli avversari e fedele all’ideale di un governo della nobiltas romana, morti i due consoli in carica alla fine dell’82, Silla si fece nominare dittatore a tempo indeterminato con lo scopo di riordinare lo Stato. Il suo governo, che da una parte aveva significato la distruzione delle forze avverse alla oligarchia, doveva rappresentare dall’altra la restaurazione del Senato. Nell’opera di riforma procedette rapidamente durante il biennio 81-80, raddoppiando il numero dei Senatori, portati a 600, rendendo lenta la carriera delle magistrature, stabilendo a trent’anni l’età per la questura e quaranta per la pretura, restituendo al Senato l’esame delle leggi da presentare ai comizi e il potere giudiziario per le cause di concussione e per quelle più importanti come la lesa maestà, il peculato la violenza, ecc.
Il tribunato della plebe fu ridotto a magistratura di secondaria importanza: fu nettamente diviso il potere civile da quello militare, stabilendo che i consoli e i pretori in carica non potessero avere comandi militari.
Con queste riforme Silla credette esaurito il suo compito di riordinatore dello Stato e nell’anno 79 a. C., deposta la dittatura, si ritirò a vita privata nella sua villa a Pozzuoli, dove morì poco dopo.
In realtà il suo governo, basato sull’appoggio dell’esercito, aveva aperto la strada al principato. Le sue riforme non furono durature e finirono con l’accrescere l’importanza del fattore militare nella vita dello Stato.
- Storia