Ab urbe condita - Le guerre di Enea in Italia - Studentville

Ab urbe condita - Le guerre di Enea in Italia

Bello deinde Aborigines Troianique simul petiti. Turnus, rex Rutulorum, cui pacta Lavinia ante adventum Aeneae fuerat, praelatum sibi advenam aegre patiens simul Aeneae Latinoque bellum intulerat. Neutra acies laeta ex eo certamine abiit: victi Rutuli: victores Aborigines Troianique ducem Latinum amisere. Inde Turnus Rutulique diffisi rebus ad florentes opes Etruscorum Mezentiumque regem eorum confugiunt, qui Caere opulento tum oppido imperitans, iam inde ab initio minime laetus novae origine urbis, et tum nimio plus quam satis tutum esset accolis rem Troianam crescere ratus, haud gravatim socia arma Rutulis iunxit. Aeneas, adversus tanti belli terrorem ut animos Aboriginum sibi conciliaret, nec sub eodem iure solum sed etiam nomine omnes essent, Latinos utramque gentem appellavit. Nec deinde Aborigines Troianis studio ac fide erga regem Aeneam cessere. Fretusque his animis coalescentium in dies magis duorum populorum Aeneas, quamquam tanta opibus Etruria erat ut iam non terras solum sed mare etiam per totam Italiae longitudinem ab Alpibus ad fretum Siculum fama nominis sui inplesset, tamen, cum moenibus bellum propulsare posset, in aciem copias eduxit. Secundum inde proelium Latinis, Aeneae etiam ultimum operum mortalium fuit. Situs est, quemcumque eum dici ius fasque est, super Numicum flumen: Iovem indigetem appellant.

Versione tradotta

Successivamente, Aborigeni e troiani dovettero combattere insieme una guerra. Turno, re dei Rutuli, al quale era stata promessa in sposa Lavinia prima dell’arrivo di Enea, non accettando di buon grado che lo straniero gli fosse stato anteposto, entrò in guerra simultaneamente con Enea e con Latino. Nessuno dei due contendenti poté farsi piacere dell’esito di quel combattimento: i Rutuli furono vinti, però i Troiani e gli Aborigeni, nonostante risultassero vincitori, persero il loro comandante Latino. X Quindi Turno e i Rutuli, demoralizzati per la situazione del momento, fecero ricorso alle fiorenti risorse degli Etruschi e del loro re Mesenzio il quale imperava sull’allora opulenta città di Cere. Questi, poiché sin dal principio non aveva gioito della fondazione della nuova città e in quel momento considerava la crescita della potenza troiana come un pericolo imminente e smisurato per la salvaguardia dei popoli vicini, si unì in armi con i Rutuli. Enea, spaventato innanzi all’eventualità di una simile guerra, per conquistarsi la benevolenza degli Aborigeni e affinché tutti fossero uniti non solo sotto lo stessa potere ma anche sotto lo stesso nome, chiamò Latini entrambi i popoli; né più da quel momento gli Aborigeni si mostrarono inferiori ai Troiani quanto a devozione e lealtà nei confronti del re Enea. Forte di questi animi e della sintonia che aumentava sempre di più tra i due popoli col passare dei giorni, Enea, sebbene l’Etruria avesse una tale possibilità di impiego di mezzi da raggiungere con la sua fama non solo la terra ma anche il mare per tutta l’estensione dell’Italia – dalle Alpi allo stretto di Sicilia -, fece scendere lo stesso in campo le sue milizie pur potendo allontanare l’attacco dalle mura. Si trattò del secondo combattimento per i Latini. Per Enea, invece, fu l’ultima opera da mortale. Comunque si dica di lui, dio o uomo, egli è sepolto sulle rive del fiume Numico e la gente lo indica col nome Giove Indigete.

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