Dopo la presa di Roma, l'intransigenza del Vaticano nei confronti dello Stato Italiano ritardò a lungo la formazione di un MOVIMENTO SOCIALE CATTOLICO. Nonostante ciò, nelle campagne soprattutto, organizzazioni cattoliche, finanziate e dirette prevalentemente da esponenti della vecchia aristocrazia o dalla ricca e media borghesia agraria, svolgevano opera caritativa di mutuo soccorso, facendo capo all'Opera dei Congressi.
La Rerum Novarum
Una tappa decisiva nello sviluppo del MOVIMENTO SOCIALE CATTOLICO si ebbe nel 1891, quando il Papa Leone XIII pubblicò la Rerum Novarum, un'enciclica con la quale il Papa invitava i cattolici ad uscire dall'isolamento, ad interessarsi dei problemi che affliggevano gli strati più umili della società, a costituire associazioni operaie per contrastare il socialismo ed il «sindacato rosso».
Leone XIII raccomandava anche di recare speranza agli operai, di agevolarne il cammino esitante, di cercare di riportarli «rinsaviti» sulla strada della fede, di offrire loro patrocinio e soccorso, non dimenticando di condannare anche il capitalista, che per il proprio tornaconto opprimeva il lavoratore, defraudandolo per giunta della «giusta mercede». E ricordava al Governo di intervenire a favore delle «misere plebi» perché il «ceto dei ricchi, forte per sé stesso, abbisogna meno della pubblica difesa».
Secondo il Pontefice, però, il compito fondamentale dello Stato restava quello di tutelare la proprietà privata, di assicurare l'ordine e di reprimere la violenza:
« Oggi specialmente, in tanto ardore di sfrenate cupidigie, bisogna che le plebi siano tenute a dovere, poiché né la giustizia né il pubblico bene consentono che si rechi danno ad altri nella roba, e sotto colore di non so quale eguaglianza s'invada l'altrui. Certo la massima parte degli operai vorrebbero migliorare la condizione onestamente, senza far torto a persona; tuttavia ve ne ha non pochi, imbevuti di massime false e smaniosi di novità, che cercano ad ogni costo di eccitare tumulti e spingere gli altri alla violenza. Intervenga dunque l'autorità dello Stato, e posto freno ai sommovitori, preservi i buoni operai dal pericolo della seduzione, i legittimi padroni da quello dello spogliamento.»
Il significato sociale dell'enciclica di Leone XIII, nonostante questo, appare evidente se si pensa alle precedenti prese di posizione drastiche e retrive della Chiesa contro la società moderna.
Nel 1832, ad esempio, Gregorio XVI, con l'enciclica Mirari vos, aveva bollato la libertà di coscienza come un assurdo delirio, come un «errore velenosissimo», e aveva condannato la libertà di stampa come «pessima né mai abbastanza esacrata ed aborrita», mentre veniva ricordato il grande merito di «aver consegnato alla fiamme pubblicamente i cattivi libri».
E lo stesso Pio IX, che pure aveva iniziato il suo pontificato suscitando tante speranze fra i liberali, aveva riaffermato con il Sillabo, un documento quanto meno infelice ed inopportuno, la legittimità del potere temporale, la supremazia indiscutibile dell'ortodossia cattolica, la condanna della libertà di coscienza, del liberalismo, del principio democratico, in quanto sovvertitore del diritto divino di sovranità proprio delle monarchie, la cui «potestà reale non è solamente conferita pel governo del mondo, ma specialmente a presidio della Chiesa».
Il Movimento sindacale Cattolico
Dopo la Rerum Novarum, il MOVIMENTO SOCIALE CATTOLICO potenziò ed estese la sua organizzazione, si diramò nelle campagne e fra i ceti rurali specie del Veneto e della Lombardia. In pochi anni sorsero cooperative di consumo e leghe contadine, si moltiplicarono le società di mutuo soccorso, si crearono casse rurali e società di assicurazioni contro la grandine e l'incendio.
Intanto gli intellettuali che si definirono democratici cristiani, prendevano posizione contro la politica intransigente e conservatrice dell'Opera dei Congressi, sostenendo che la Chiesa doveva guardare con coraggio e spirito evangelico ai tempi nuovi per contribuire all'emancipazione spirituale e sociale delle classi più povere. Sulle pagine di CULTURA SOCIALE e su quelle del DOMANI D'ITALIA, due riviste fondate da Romolo Murri, il più battagliero del gruppo, ed alle quali collaborarono fra gli altri Filippo Meda e Luigi Sturzo, furono affrontati infatti scottanti problemi come quelli delle libertà civili, della riforma tributaria, dell'estensione del suffragio elettorale.
Proprio grazie a questi giovani, i cattolici scoprirono il gusto della partecipazione politica ed anche dalle loro battaglie trasse impulso il movimento sindacale cattolico.
Intanto la dura polemica condotta dai «DEMOCRATICI CRISTIANI» contro il clericalismo autoritario ed intransigente provocava lo scioglimento, nel 1907, del movimento murriano, accusato di «modernismo».
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