Le scienze e la dialettica della natura. - Studentville

Le scienze e la dialettica della natura.

Le scienze secondo Marx e Engels.

Mentre in tutta l’ultima fase della sua attività  Marx concentrò le forze nella stesura del Capitale, Engels invece si dedicò alla divulgazione della teoria del materialismo storico e all’analisi dei problemi delle scienze naturali e allo studio delle formazioni economiche, sociali e politiche antecedenti al modo di produzione capitalistico. Sia Marx sia Engels salutarono con grande entusiasmo la teoria dell’evoluzione di Darwin tanto che Marx voleva dedicare proprio a Darwin il secondo libro del Capitale. La teoria darwiniana dell’evoluzione poneva infatti fine ad ogni forma di antropocentrismo e di concezione finalistica della natura, sottolineando l’intreccio indisgiungibile tra storia della natura e storia degli uomini. Con essa la storicità  appariva una prerogativa non solo dell’umanità , ma della natura in generale; il materialismo storico e la dialettica potevano trovare un’estensione anche sul piano cosmologico e delle scienze naturali. Nell’ Anti-Dà¼hring Engels polemizza contro le concezioni positivistiche della scienza, per le quali la scienza è un sapere fuori dal tempo, i cui oggetti sono fissi e immutabili, anch’essi fuori dal tempo. In realtà  anche la scienza, a parere di Engels, è soggetto ad un processo di evoluzione storica e il materialismo moderno, che trova la sua espressione nelle scienze, è ormai essenzialmente dialettico e non richiede più una filosofia al di sopra delle scienze. Della filosofia restano in piedi solamente la dottrina del pensiero e delle sue leggi, ovvero la logica formale e la dialettica, che assume a proprio oggetto anche lo studio della formazione ed evoluzione delle teorie scientifiche, contribuendo per questo aspetto allo sviluppo tecnico delle varie scienze. Caduta la pretesa filosofica di raggiungere la verità  assoluta, si è aperto lo spazio alle verità  accessibili alle scienze positive e ad una sintesi dei loro risultati mediante la dialettica. Tramite teorie come quelle della convertibilità  dell’energia in lavoro meccanico, della cellula biologica e dell’evoluzione, le scienze si sono decisamente sollevate al di sopra di un livello meramente empirico di raccolta dati, raggiungendo un adeguato livello teorico, caratterizzato dalla formulazione di leggi. A parere di Engels esiste una vera e propria dialettica della natura, non solo della storia. Per dialettica si deve intendere non solo ‘leggi del pensiero’, ma ‘leggi esistenti oggettivamente nella realtà ‘. Tali leggi vanno scoperte nelle cose, estratte da esse: qui sta la difficoltà , soprattutto per quel che concerne la natura. Caratteristica costitutiva della materia è il movimento: di esso, secondo Engels, possono essere ravvisate tre leggi basilari, già  riconosciute a suo tempo da Hegel, ma solo come leggi del pensiero, non della realtà ; esse sono: 1 ) la conversione della quantità  in qualità  e viceversa: essa comporta, tra l’altro, che tramite aggiunte o sottrazioni continue di materia o movimento, a un certo punto interviene un mutamento qualitativo, e non solamente quantitativo; 2 ) la compenetrazione degli opposti, per cui in una totalità  a un elemento se ne trova opposto un altro che lo implica ed è, a sua volta, implicato dal primo: così è per le cariche elettriche opposte o per l’attrazione e repulsione degli elementi chimici; 3 ) la negazione della negazione, per cui ogni realtà  è negata per dar luogo ad una formazione più alta. Così, ad esempio, il seme, cadendo su un terreno opportuno, è negato come seme, ma germogliando dà  luogo alla pianta. Engels fornisce diversi esempi allo scopo di mostrare come queste leggi dialettiche operino nei vari livelli della natura, ma anche nell’ambito dei numeri algebrici. Egli non esclude che la materia in perpetuo movimento, retta da queste leggi, possa portare alla distruzione di questo mondo e generare nuove aggregazioni e nuovi mondi. Tra il mondo della natura e il mondo umano esiste per Engels intreccio e continuità , ma ambo i mondi non sono realtà  statiche, ma dinamiche, in evoluzione. Come il compagno Marx, anch’egli era stato colpito dalla lettura della Società  antica (1877) di Henry Lewis Morgan, antropologo americano, che aveva studiato i costumi degli irochesi e i sistemi di parentela. Su questa base egli aveva delineato un modello evolutivo articolato in tre stadi: selvaggio, barbarie, civiltà . L’umanità  era dunque passata, secondo Morgan, da una fase primitiva disorganizzata, caratterizzata dalla promiscuità  sessuale, allo stabilimento della famiglia consanguinea e alla formazione dello Stato. Nell’ Origine della famiglia, della proprietà  privata e dello Stato (1884), Engels riprende molti dei risultati di Morgan, estendendoli anche allo studio del passaggio dalla gens allo Stato nell’Atene e nella Roma antiche, presso i celti e i germani, e utilizzandoli anche per criticare aspetti della realtà  moderna. In particolare, egli è del parere che l’estensione del lavoro femminile nella società  capitalistica sia la premessa indispensabile per la futura emancipazione della donna. Engels assume come principio che la dissoluzione della gens è la forza motrice del processo storico che porta alla formazione dello Stato; esso non è dunque un’istituzione naturale ed eterna, ma il prodotto di una società  arrivata ad un determinato grado di sviluppo economico-sociale: l’esistenza dello Stato è la dimostrazione che tale società  si è scissa in classi antagonistiche con interessi economici in contrasto. In particolare, lo scopo dello Stato moderno è di mantenere a tempo indeterminato i rapporti di produzione capitalistici, ratificando democraticamente il dominio di classe mediante il suffragio universale, che tuttavia può diventare utile per la lotta rivoluzionaria del proletariato. Nell’ Anti- Dà¼hring Engels sostiene che il modo di produzione capitalistico porta alla proletarizzazione della maggior parte della popolazione, la quale finirà  per impadronirsi dello Stato, trasformando i mezzi di produzione in proprietà  dello Stato. E’ questa la fase della dittatura del proletariato, ovvero dell’organizzazione politica del proletariato vittorioso, la quale però porterà  alla soppressione del proletariato in quanto classe e di ogni conflitto di classe. Di conseguenza, non sarà  più necessaria alcuna repressione e pertanto verrà  meno la funzione propria dello Stato di controllare tale conflitto: così nella fase matura del comunismo avrà  luogo non l’abolizione, ma l’estinzione dello Stato: ‘ Al posto del governo sulle persone appare l’amministrazione delle cose e la direzione dei processi produttivi ‘.

  • Filosofia del 1800

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti