ERMETISMO: ORIGINE DEL TERMINE E DELLA CORRENTE ARTISTICA
Il termine “Ermetismo” si riferisce ad una tendenza culturale e letteraria che si diffonde in Italia, soprattutto a Firenze, a partire dagli anni ’20 del ‘900, e che raggiunge l’apice tra il 1935 e il 1940. Non costruisce una scuola di pensiero con un gruppo definito di intellettuali e un Manifesto programmatico,ma, coerentemente con le sue stesse caratteristiche, rimane una tendenza non classificabile in senso stretto e priva di capi e di uno stile “ufficiale”.
Il nome venne attribuito al movimento da Francesco Flora, saggista e critico dell’epoca che nel 1936 espresse nell’ opera “La poesia ermetica” i dubbi e le diffidenze verso quel nuovo tipo di poesia. Flora non apprezzava l’esasperata oscurità dei testi ermetici, perché essa impediva al pubblico di comprenderli e finiva col confinarli a una ristretta élite di intellettuali.
La visione del mondo ermetico
Gli scrittori ermetici rifiutano la cultura del loro tempo e si impegnano nella ricerca di un diverso linguaggio poetico, che sia il più possibile astratto e disgiunto dalla realtà: il testo artistico è infatti astorico, ovvero fuori da un contesto storico-culturale concreto, e deve tendere il più possibile alla universalizzazione e all’astrattezza.
Il mondo ermetico è inteso come l’insieme di simboli ed elementi che si legano tra loro grazie a un complesso insieme di relazioni. Compito dell’artista è proprio individuare questi legami, senza però svelarli nella loro natura di relazioni, ma semplicemente accostando tra loro le entità congiunte da un rapporto segreto. Dal momento che vengono avvicinati tra loro fattori che appartengono a opposte dimensioni di significato, e che normalmente non verrebbero mai legati assieme, i versi e le frasi degli Ermetici appaiono complesse, ambigue, oscure, prive di un senso unico e chiaro, incomprensibili ai più.
Il linguaggio usato è evocativo, procede per analogie e associazioni di idee, per figure retoriche e simboli: si privilegiano le immagini del sogno, dell’incubo, dell’allucinazione, della pazzia, perché solo vivendo stati anormali e fuori dalla razionalità è possibile vedere la rete di relazioni che lega le cose. La descrizione della realtà e della sua vera essenza può essere realizzata solo attraverso rivelazioni e illuminazioni, ed esse vengono rese mediante l’uso di analogie.
Dal punto di vista dello stile si usano sostantivi assoluti, plurali indeterminati e si elimina l’utilizzo dell’articolo: viene ricercata la purezza e la semplicità della parola e ci si oppone polemicamente alla grande enfasi del linguaggio proposta da D’Annunzio o alle convenzionalità di altri autori.
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