Nella letteratura fantastica vi sono varie tipologie di racconto ed ogni singola novella è un “caso particolare” perché ha delle ramificazioni peculiari di quel genere. I racconti immersi nel fantastico sono: “Il segnalatore” scritto in modo semplice e scorrevole, non vi sono molti termini difficili, ha un incipit che si rivelerà decisivo lungo il corso della trama e si chiude con un finale che lascia il lettore sconcertato. Il narratore-protagonista è un militare che lavora in trincea, presso una ferrovia. Si vede costretto a collaborare con un uomo, uno dei più bravi segnalatori d’Inghilterra. Fra i due si instaura presto un rapporto d’amicizia, che ogni giorno diventa sempre più intimo e profondo. Il protagonista nota subito qualcosa di strano nel comportamento del suo nuovo amico, e tenta di informarsi al riguardo. L’amico, finalmente, gli rivela le sue oscure visioni, nella galleria dove lui lavora, vi è un segnale rosso d’emergenza ed ogni volta che il campanello suonava l’uomo aveva il compito di controllare la zona, i treni che vi passavano … ma il suo sguardo cadeva sempre su quel segnale. Fu cosi che un giorno vide uno spettro gesticolare nei pressi del segnale di pericolo. Alcune ore dopo l’apparizione, si verificò un grave incidente. Nella seconda apparizione dello spettro, si verificò un altro strano incidente: una donna morì su di un treno. Il protagonista si concede al segnalatore, turbato da quella storia. Quando tornerà alla ferrovia per rivederlo, scoprirà che è morto investito da un treno. Questo tipo di racconto fantastico introduce in una realtà quotidiana (l’apatica vita di un militare in trincea) un elemento fantastico (lo spettro) che, tuttavia, non si discosta molto dal verosimile. Infatti, riflettendo attentamente si intuisce che avere delle visioni in situazioni come quella in cui si trova il segnalatore è tutt’altro strano; deduzioni che fa anche il protagonista. Ma allora qual è veramente l’elemento fantastico? Come suggerisce il titolo potrebbe essere lo stesso segnalatore oppure, come nel racconto di Lovecraft, il protagonista stesso. Ma mentre nel racconto di c è palese l’elemento fantastico, in quello di Dickens esso si confonde tra le righe della trama, assumendo diversi aspetti e varie sfumature. La novella, infatti, è troppo verosimile, l’elemento fantastico troppo vago e indefinito per poter scindere le due cose. L’elemento mistero si fonde quindi con il fantastico, creando una suggestiva atmosfera di suspense, e lasciando il lettore, alla fine del racconto, con tutti i suoi dubbi ed i suoi interrogativi. L’estraneo di Lovecraft è un racconto ambientato in un mondo fantastico, ricco di tenebrose atmosfere e pieno di suspense. Il protagonista-narratore è un mostro chiuso in un castello sotterraneo che riesce a scalare la torre più alta per poi giungere sulla superficie. Entra, passando da una finestra, in un castello dove la gente danza serenamente ed improvvisamente la musica cessa e tutti fuggono. Il protagonista vede sotto un cornicione un orribile mostro, ma la curiosità vince la paura e si avvicina per toccarlo. In quel momento si rende conto di essere lui il mostro, perché palpa la fredda e dura superficie di uno specchio. Mentre sul racconto di Dickens è difficile scorgere elementi fantastici, in Lovecraft è difficile scorgere la realtà ed essa, quando viene rivelata si rivela terribile e sconcertante. Infatti, gli elementi fantastici come il castello sotterraneo, il protagonista – mostro, il mostro riflesso nello specchio, creano solo suspense e piccoli brividi in attesa della chiusura: la scoperta della realtà. Entrambi i racconti hanno un grande impatto sul lettore che si identifica con il protagonista sin dall’inizio, ma che è poi costretto a non proseguire oltre l’immedesimazione per paura della chiusura. È proprio il finale, infatti, che pone i limiti all’identificazione e costringe il lettore a distaccarsi dal protagonista. Questi racconti, quindi, servono ad esorcizzare la paura, ma non solo quella causata dal racconto, ma soprattutto quella interiore, quelle piccole paure infantili come la paura del buio, del mostro sotto il letto … che si trasformano in grandi paure difficili da vincere. Ma, come dimostra palesemente Lovecraft ed indirettamente Dickens la paura più difficili da vincere è la realtà. Infatti, dopo aver finito il libro il lettore si dice, sono cose fantastiche, quindi non esistono ma il turbamento interiore che tali racconti provocano esiste e permane. C’è qualcosa quindi che ci fa terrore, scartando il racconto fantastico, rimane solo il mistero e la realtà. Ed è proprio su questo tema che è incentrato il racconto di Dickens che trova il punto di contatto tra fantastico, misterioso e reale. Questi tre elementi, messi assieme, hanno un effetto notevole sul lettore e lo invitano a riflettere. La realtà, per certi aspetti, è una paura difficile da esorcizzare: la morte, le fobie, le malattie hanno come le fondamenta la realtà e sono delle grandi paure proprio perché esistono, perché sono reali. Qui si colloca Lovecraft: un elemento reale si rivela molto più efficace ed emozionante rispetto agli elementi fantastici. Dickens invece, punta tutto sul reale e sul mistero fondendo gli elementi con grandi effetti emotivi. Il mistero, infatti, ha delle basi reali ma non possiamo identificarlo proprio perché non lo conosciamo. Quindi il lettore deduce che la sua più grande paura è l’ignoto; introducendo un elemento fantastico di per sè indefinito (lo spettro), Dickens crea un’atmosfera così particolare che è difficile per chiunque cogliere le varie sfaccettature del racconto. Il fantastico rappresenta una evasione dalla realtà, per capirla e, soprattutto, per esorcizzare le nostre paure. Infatti, proprio con il distacco si può comprendere l’infantilità delle nostre paure, l’assurdità delle nostre fobie, e l’inconsistenza di alcuni dubbi che ci poniamo su eventi misteriosi. Ed è proprio questo quello che i racconti fantastici ci hanno insegnato con le loro particolari, se non uniche, emozioni.
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