[1] His immortalibus editis operibus cum ad exercitum recensendum contionem in campo ad Caprae paludem
haberet, subito coorta tempestas cum magno fragore tonitribusque tam denso regem operuit nimbo ut conspectum eius contioni
abstulerit; nec deinde in terris Romulus fuit. [2] Romana pubes sedato tandem pavore postquam ex tam turbido die serena et
tranquilla lux rediit, ubi vacuam sedem regiam vidit, etsi satis credebat patribus qui proximi steterant sublimem raptum
procella, tamen velut orbitatis metu icta maestum aliquamdiu silentium obtinuit. [3]Deinde a paucis initio facto, deum deo
natum, regem parentemque urbis Romanae saluere universi Romulum iubent; pacem precibus exposcunt, uti volens propitius suam
semper sospitet progeniem. [4] Fuisse credo tum quoque aliquos qui discerptum regem patrum manibus taciti arguerent; manavit
enim haec quoque sed perobscura fama; illam alteram admiratio viri et pavor praesens nobilitavit. [5] Et consilio etiam unius
hominis addita rei dicitur fides. Namque Proculus Iulius, sollicita civitate desiderio regis et infensa patribus, gravis, ut
traditur, quamuis magnae rei auctor in contionem prodit. [6] “Romulus” inquit, “Quirites, parens urbis huius, prima hodierna
luce caelo repente delapsus se mihi obuium dedit. Cum perfusus horrore venerabundusque adstitissem petens precibus ut contra
intueri fas esset, [7] “Abi, nuntia” inquit “Romanis, caelestes ita velle ut mea Roma caput orbis terrarum sit; proinde rem
militarem colant sciantque et ita posteris tradant nullas opes humanas armis Romanis resistere posse.[8] ” Haec” inquit
“locutus sublimis abiit.” Mirum quantum illi viro nuntianti haec fides fuerit, quamque desiderium Romuli apud plebem
exercitumque facta fide immortalitatis lenitum sit.
Versione tradotta
[1] Compiute queste opere immortali, mentre teneva un discorso per passare in rassegna lesercito nel campo Marzio
presso la palude della Capra, una tempesta scoppiata allimprovviso con grande fragore e tuoni, coprì il re di un nembo così
denso che sottrasse la sua vista allassemblea, né in seguito ci fu sulla terra Romolo. [2] La gioventù romana, sedato alla
fine il timore, dopoché da (dopo) un giorno così torbido ritornò la luce tranquilla e serena, quando vide vuoto il seggio del
re anche se credeva abbastanza ai senatori i quali stava più vicini e che dicevano (ß Sottinteso) che era stato rapito in cielo
da una tempesta, tuttavia come colpita dalla paura per essere rimasta orfana, per un certo tempo conservò un mesto silenzio.
[3] Poi seguendo liniziativa di pochi (fatto inizio da pochi)Salutano tutti insieme Romolo Dio, nato da un Dio, re e padre
della città di Roma. Chiedono la pace con le preghiere affinché benevolo e propizio sempre protegga la sua progenie. [4] Ci
furono credo- , già allora alcuni i quali pur senza dirlo apertamente sostenevano che il re fosse stato fatto a pezzi dalle
mani dei senatori. Si diffuse infatti anche questa diceria, anche se in forma assai confusa quellaltra versione mobilitarono
lammirazione per luomo e lo sgomento di allora. [5] E anche per laccorgimento di un solo uomo si dice che la cosa acquistò
credito (fu data fama alla cosa). Infatti Giulio Proculo, mentre la popolazione era inquieta per il rimpianto e ostile ai
senatori per la perduta del re, testimone autorevole, come si dice, sebbene di un fatto eccezionale, si avanza per parlare in
assemblea. [6] Romolo disse: Quirite, padre di questa città, oggi allalba, sceso allimprovviso dal cielo, lui si fece
incontro essendomi io fermato, pervaso da terrore e in atto di venerazione chiesi con le preghiere di poterlo guardare in viso
ed egli disse: [7] Va annuncia ai Romani che i celesti così vogliono, che la mia Roma sia capital del mondo, perciò coltivino
larte militare e sappiano e trasmettano ai posteri che nessuna potenza umana può resistere alle armi Romane. [8] Dopo aver
detto queste parole se ne andò in alto (verso lalto del cielo) e straordinario quanto si prestò fede alluomo che annunciava
queste cose e quando si attenuò il rimpianto di Romolo presos la plebe e lesercito una volta formatasi al convinzione della
sua immortalità.
- Letteratura Latina
- Ab urbe condita
- Livio
- Ab urbe condita