Caesar hac oratione Lisci Dumnorigem, Diviciaci fratrem, designari sentiebat, sed quod pluribus praesentibus eas res iactari nolebat, celeriter concilium dimittit, Liscum retinet. Quaerit ex solo ea quae in conventu dixerat. Dicit liberius atque audacius. Eadem secreto ab aliis quaerit; reperit esse vera: ipsum esse Dumnorigem, summa audacia, magna apud plebem propter liberalitatem gratia, cupidum rerum novarum. Compluris annos portoria reliquaque omnia Haeduorum vectigalia parvo pretio redempta habere, propterea quod illo licente contra liceri audeat nemo. His rebus et suam rem familiarem auxisse et facultates ad largiendum magnas comparasse; magnum numerum equitatus suo sumptu semper alere et circum se habere; neque solum domi, sed etiam apud finitimas civitates largiter posse, atque huius potentiae causa matrem in Biturigibus homini illic nobilissimo ac potentissimo conlocasse, ipsum ex Helvetiis uxorem habere, sororem ex matre et propinquas suas nuptum in alias civitates conlocasse. Favere et cupere Helvetiis propter eam adfinitatem, odisse etiam suo nomine Caesarem et Romanos, quod eorum adventu potentia eius deminuta et Diviciacus frater in antiquum locum gratiae atque honoris sit restitutus. Si quid accidat Romanis, summam in spem per Helvetios regni obtinendi venire; imperio populi Romani non modo de regno, sed etiam de ea quam habeat gratia desperare. Reperiebat etiam in quaerendo Caesar, quod proelium equestre adversum paucis ante diebus esset factum, initium eius fugae factum ab Dumnorige atque eius equitibus – nam equitatui, quem auxilio Caesari Haedui miserant, Dumnorix praeerat -; eorum fuga reliquum esse equitatum perterritum.
Versione tradotta
Cesare con questo discorso di Lisco capiva che si designava Dumnorige, fratello di Diviziaco, ma perché non voleva che quelle cose si offrissero a troppi presenti, velocemente congeda l’assemblea, trattiene Lisco.
Chiede a lui solo quello che aveva detto nella riunione.
Parla piuttosto liberamente ed audacemente.
Le stesse cose le chiede agli altri segretamente; trova che son vere: che era proprio Dumnorige, di audacia estrema, col grande favore presso la plebe per la liberalità, voglioso di fatti nuovi.
Per parecchi anni egli aveva appaltato a poco prezzo le dogane e tutte le altre tasse degli Edui, per il fatto che, quando lui faceva l’asta, nessuno osava fare una offerta contro. Con questi metodi da una parte aveva aumentato il proprio patrimonio famigliare e dall’altra aveva accumulato grandi disponibilità per fare elargizioni; manteneva un gran numero di cavalleria sempre a sua spesa e la teneva attorno a sé; e non solo in patria, ma anche presso le popolazioni vicine poteva influentemente ed a causa di questa potenza aveva collocato la madre tra i Bituirgi per un personaggio lì mobilissimo e potentissimo, lui stesso aveva una moglie dagli Elvezi, aveva collocato la sorella da parte di madre e le sue parenti per sposarle in altre popolazioni.
Favoriva ed assecondava gli Elvezi a causa di quella parentela, odiava pure Cesare ed i Romani per un suo motivo, perché col loro arrivo la sua potenza era diminuita ed il fratello Diviziaco era stato restituito nell’antico ruolo di favore e di onore.
Se accadesse qualcosa ai Romani, correva nella grande speranza di ottenere il potere per mezzo degli Elvezi; per la supremazia del popolo romano non solo disperava per il potere, ma anche del favore che aveva. Nell’indagare Cesare scopriva anche che, per quello scontro equestre sfortunato che era accaduto pochi giorni prima, l’inizio della fuga era stato fatto da Dumnorige e dai suoi cavalieri – infatti Dumnorige era a capo della cavalleria, che gli Edui avevano mandato in aiuto a Cesare -; con la loro fuga il rimanente dei cavalieri era stato terrorizzato.
- Letteratura Latina
- Libro 1
- Cesare
- De Bello Gallico