Quibus rebus cognitis, cum ad has suspiciones certissimae res accederent, quod per fines Sequanorum Helvetios traduxisset, quod obsides inter eos dandos curasset, quod ea omnia non modo iniussu suo et civitatis, sed etiam inscientibus ipsis fecisset, quod a magistratu Haeduorum accusaretur, satis esse causae arbitrabatur quare in eum aut ipse animadverteret aut civitatem animadvertere iuberet. His omnibus rebus unum repugnabat quod Diviciaci fratris summum in populum Romanum studium, summam in se voluntatem, egregiam fidem, iustitiam, temperantiam cognoverat; nam ne eius supplicio Diviciaci animum offenderet, verebatur. Itaque priusquam quicquam conaretur, Diviciacum ad se vocari iubet et cotidianis interpretibus remotis per C. Valerium Troucillum, principem Galliae provinciae, familiarem suum, cui summam omnium rerum fidem habebat, cum eo conloquitur; simul commonefacit, quae ipso praesente in concilio Gallorum de Dumnorige sint dicta, et ostendit quae separatim quisque de eo apud se dixerit. Petit atque hortatur, ut sine eius offensione animi vel ipse de eo causa cognita statuat vel civitatem statuere iubeat.
Versione tradotta
Conosciuti questi fatti, poiché a questi sospetti si aggiungevano fatti sicurissimi, (cioè) che aveva fatto passare gli Elvezi per i territori dei Sequani, che aveva provveduto a scambiarsi tra loro gli ostaggi, che tutte quelle cose non solo le aveva fatte senza il suo ( di Cesare) ordine e della nazione, a anche mentre loro non lo sapevano, riteneva esserci sufficiente motivo perché o in persona (Cesare) prendesse provvedimenti contro di lui oppure ordinasse alla nazione di prenderne.
A tutte queste cose una sola si opponeva, il fatto che aveva conosciuto la somma devozione del fratello Diviziaco verso il popolo romano, il sommo affetto verso di lui, la lealtà straordinaria, la giustizia, la moderazione; infatti temeva che colla sua condanna offendesse l’animo di Diviziaco.
Così prima di tentar qualsiasi cosa, comanda che gli sia chiamato Diviziaco ed allontanati gli interpreti quotidiani parla con lui tramite C. Valerio Troucillo, capo della provincia della Gallia, suo amico, in cui aveva la massima fiducia di tutte le cose; contemporaneamente lo informa di quelle cose che eran state dette su Dumnorige nell’assemblea dei Galli, lui presente e rivela quelle cose che separatamente ognuno davanti a lui (Cesare) aveva detto sul suo conto.
Chiede ed esorta senza offesa del suo animo o in persona decida su di lui, fatto un processo, oppure ordini che la nazione decida.
- De Bello Gallico
- Libro 1
- Cesare
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