Egone ex omnibus mortalibus placui electusque sum, qui in terris deorum vice fungerer? Ego vitae necisque
gentibus arbiter; qualem quisque sortem statumque habeat, in mea manu positum est; quid cuique mortalium Fortuna datum velit,
meo ore pronuntiat; ex nostro responso laetitiae causas populi urbesque concipiunt; nulla pars usquam nisi volente propitioque
me floret; haec tot milia gladiorum, quae pax mea comprimit, ad nutum meum stringentur; quas nationes funditus excidi, quas
transportari, quibus libertatem dari, quibus eripi, quos reges mancipia fieri quorumque capiti regium circumdari decus
oporteat, quae ruant urbes, quae oriantur, mea iuris dictio est.
Versione tradotta
Io fra tutti i mortali sono stato favorito e sono stato
scelto perché sulla terra svolgessi il compito degli dei? Io (sono) per i popoli arbitro di vita e di morte; quale stato e
quale sorte ciascuno abbia è posto nelle mie mani; cosa la sorte voglia che sia assegnato a ciascun mortale, lo dice attraverso
la mia bocca; e dai nostri responsi i popoli e le città traggono motivi di gioia; nessuna parte(dell'impero) prospera senza
il mio volere ed il mio favore; tutte queste migliaia di spade che la mia pace tiene a bada saranno brandite ad un mio cenno;
quali popoli bisogna che siano distrutti dalle fondamenta, quali bisogna che siano trasferiti, a quali bisogna che sia datata
la libertà, e a chi bisogna toglierla, quali e bisogna che diventino schiavi e chi invece deve essere insignito della corano
reale, quali città debbano essere gettate in rovina, quali debbano nascere, tutto questo è una risoluzione della mia
autorità.
- Letteratura Latina
- De clementia di Seneca
- Seneca