Quam ob rem disces tu
quidem a principe huius aetatis philosophorum et disces quam diu voles; tam diu autem velle debebis, quoad te quantum proficias
non paenitebit. Sed tamen nostra legens non multum a Peripateticis dissidentia, quoniam utrique Socratici et Platonici volumus
esse, de rebus ipsis utere tuo iudicio–nihil enim impedio–orationem autem Latinam efficies profecto legendis nostris
pleniorem. Nec vero hoc arroganter dictum existimari velim. Nam philosophandi scientiam concedens multis, quod est oratoris
proprium, apte, distincte, ornate dicere, quoniam in eo studio aetatem consumpsi, si id mihi assumo, videor id meo iure quodam
modo vindicare.
Versione tradotta
Tu riuscirai ad apprendere dal
principe dei filosofi contemporanei, e apprenderai finché lo vorrai; dovrai volerlo fintanto che non sarai soddisfatto del tuo
profitto; ma tuttavia, leggendo i miei scritti, che non discordano molto dai Peripatetici, giacché gli uni e gli altri vogliamo
essere Socratici e Platonici, tu, quanto alle dottrine, userai liberamente il tuo giudizio personale (io non voglio impedirtelo
affatto); ma leggendo le cose mie renderai certamente più sicuro e più ricco il tuo stile latino. E non vorrei che questa mia
affermazione fosse ritenuta presuntuosa. Difatti, pur ammettendo che molti hanno la capacità di filosofare, se io rivendico a
me ciò che è proprio dell'oratore, cioè il parlare con proprietà, con chiarezza, con eleganza, credo di poterlo fare in
certo qual modo con pieno diritto, giacché a questo lavoro io ho dedicato tutta la mia vita.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone